Rivoluzione come senso del momento storico. La Rete
dei Comunisti ne discute domenica a Roma e avanza una proposta.
Intervista con Mauro Casadio.
Domenica 21 aprile a Roma, la Rete dei Comunisti terrà la
sua conferenza annuale dell'organizzazione. Sul piatto una proposta
politica "complessiva" e una riaffermazione: il sistema dominante è in
crisi e non è riformabile, serve una rottura politica, economica,
ideologica per delinearne una alternativa credibile. Ne abbiamo parlato
con Mauro Casadio della segreteria nazionale della Rete dei Comunisti.
La conferenza annuale della Rete dei Comunisti evoca una questione in larga parte rimossa e in parte depotenziata dal suo significato : la Rivoluzione. Grillo parla di rivoluzione, Ingroia la voleva civile, addirittura i Moderati la coniugavano con Berlusconi. La Rete dei Comunisti come la declina?
La conferenza annuale della Rete dei Comunisti evoca una questione in larga parte rimossa e in parte depotenziata dal suo significato : la Rivoluzione. Grillo parla di rivoluzione, Ingroia la voleva civile, addirittura i Moderati la coniugavano con Berlusconi. La Rete dei Comunisti come la declina?
Che il termine rivoluzione venga ormai usato da
tutti gli orientamenti politici è il sintomo di una situazione che è
arrivata al capolinea. Si capisce che siamo alla vigilia di un
cambiamento radicale il quale però nessuno sa come si manifesterà,
quindi ogni classe o settore sociale cerca di coniugarlo al proprio
interesse materiale. Questo avviene per chi vuole portare più avanti la
“rivoluzione” liberista contro lo Stato pensando di lucrare sulla
privatizzazione, ma anche per chi, come il lavoro intellettuale e
giovanile, capisce che non ha prospettive e dunque cerca un proprio
protagonismo per determinarle. Questi, ad esempio, sono coloro che hanno
votato Grillo come elemento di rottura politica di un quadro stagnante.
Per i marxisti, come al solito, la questione è più complessa in quanto
il movimento comunista le rivoluzioni le ha fatte e rischia di
riprodurre gli schemi del ‘900 anche nella condizione attuale
estremamente diversa. Certamente a livello internazionale la situazione
latinoamericana è quella più avanzata ma non riproducibile in modo
meccanicistico in un polo imperialista come quello Europeo.
In questo senso il punto più avanzato possibile di un cambiamento da noi è quella che abbiamo definito la rottura della Unione Europea, obiettivo certamente non alla portata del movimento di classe ma è quello che comincia a farsi strada nella testa delle popolazioni del continente e quello che è il prodotto politico più diretto delle enormi contraddizioni che sta producendo la costruzione di questa Europa.
In questo senso il punto più avanzato possibile di un cambiamento da noi è quella che abbiamo definito la rottura della Unione Europea, obiettivo certamente non alla portata del movimento di classe ma è quello che comincia a farsi strada nella testa delle popolazioni del continente e quello che è il prodotto politico più diretto delle enormi contraddizioni che sta producendo la costruzione di questa Europa.
Nel documento di convocazione ponete quella che definite una proposta politica. In cosa consiste e a chi viene rivolta?
Il dato che sta emergendo è che i processi di reazione
popolare alla feroce lotta di classe dall’alto non vengono
necessariamente prodotti dall’incrudimento delle condizioni materiali
dei popoli. Anzi questo meccanismo produce paura, passività ed
arretramento anche se alcuni movimenti politici e sociali si fanno
sentire. Nonostante questo non si produce una inversione di tendenza
nelle politiche delle borghesie e si continua nella stessa direzione
magari con qualche pannicello caldo da mettere sulle piaghe sociali.
Quello che manca è la soggettività, il dato sovrastrutturale che porta a
capire la propria condizione di classe e non individuale e le possibili
alternative generali. E’ con questa coscienza che abbiamo cercato di
delineare una ipotesi e proposta politica, cioè quella che abbiamo
definito l’ALBA Euromediterranea, che oltre alla denuncia cerca di
delineare una alternativa per le classi subalterne dell’Italia ma anche
per gli altri popoli sottoposti al tritacarne dell’Unione Europea.
Il perno della proposta è la rottura della e
con l'Unione Europea e l'alternativa euromediterranea. Secondo alcuni
rischia di essere anche una rottura anche della dimensione europea del
movimento dei lavoratori.....
L’obiettivo della nostra proposta è quello di accentuare
la crisi della costruzione degli Stati Uniti d’Europa e su questo il
vantaggio strategico non riguarda solo i popoli europei affacciati sulle
coste del Mediterraneo ma anche la classe operaia ed i lavoratori
dell’Europa del Nord. Poiché la nostra è una proposta politica, non
possiamo non analizzare la condizione attuale e non rilevare che una
delle politiche che seguono i poteri europei è quello della
diversificazione delle condizioni delle classi subalterne del
continente. D’altra parte il capitalismo produce naturalmente le
diseguaglianze dentro ogni classe sociale. In parole povere non esiste
un proletariato teorico ma esiste solo quello reale, che concretamente
vive le contraddizioni che vediamo sviluppare sotto i nostri occhi. La
ricostruzione di una forza di classe e comunista non può che partire
dalla organizzazione di queste contraddizioni laddove si esprimono in
modo più evidente e pesante. Questa contestazione ha anche un risvolto
ideologico riformista infatti presuppone che il nostro continente sia il
punto più sviluppato delle forze produttive della civiltà, in altre
parole si cade in quell’eurocentrismo che tanti danni ha fatto alla
sinistra.
Alcuni lettori di Contropiano hanno sollevato una questione.
Come si fa a praticare una proposta che prevede l'uscita dall'euro, una
nuova area euromediterranea, le nazionalizzazioni, il non pagamento del
debito, se non siete nelle istituzioni?
Bene hanno fatto questi compagni a sollevare questa
questione in quanto è vera. Per noi si tratta di promuovere un processo
di ricostruzione di un movimento politico di classe che si ponga anche
l’obiettivo di rientrare nelle istituzioni mantenendo il proprio asse
strategico e la propria proposta. Purtroppo questo terreno è oggi
arretrato in quanto abbiamo appena avuto la conferma che la sinistra,
per proprie responsabilità, è rimasta fuori dalle istituzioni e che
questo spazio è stato occupato dal Movimento 5 stelle che è ancora una
forza contraddittoria. Comunque abbiamo ben chiara questa esigenza.
Non siete molto indulgenti con la sinistra. Il vostro è un
giudizio negativo e definitivo sulla storia recente della sinistra in
Italia?
Non siamo noi a non essere indulgenti ma lo sono i
fatti. Le sconfitte subite sui terreni scelti dai partiti di sinistra,
l’essere riassorbiti nell’orbita del PD come SEL. Noi possiamo dire
quello che pensiamo sui motivi della sconfitta. Al primo posto mettiamo
l’abbandono degli strumenti di analisi del marxismo, non si può pensare
di incidere il qualche modo sulla realtà senza avere una capacità di
lettura di questa realtà così come si manifesta. I “guru” della
sinistra, i suoi intellettuali si sono lascianti andare all’eclettismo
estremo ed al sincretismo teorico spacciando il tutto come “nuovo” e
arrivando laddove ci hanno portato. Ovviamente questo sbandamento ha una
causa fondante che è quella della fine di ogni rapporto organico con la
classe, non la classe che miticamente ricordiamo ma con quella reale
che vive in Italia ed in Europa, trasformata dai processi produttivi ed
ideologicamente subalterna. Ripeto non ci interessano i giudizi ma
capire le cause che ci hanno portato a questo punto.
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