domenica 21 aprile 2013

Cofferati: «No al governo Pd-Pdl: esploderemmo»


Cofferati: «No al governo Pd-Pdl: esploderemmo»


di Antonio Sciotto -Il Manifesto
«Lo dico chiaramente: se il Pd farà un governo di larghe intese con il Pdl, per molti di noi si porrà un problema molto serio». Risponde così, Sergio Cofferati, europarlamentare, alla domanda su una possibile sua permanenza nel Partito democratico dopo le travagliatissime vicende degli ultimi giorni e la rielezione, ieri, di Giorgio Napolitano. Ieri mattina Cofferati aveva diffuso una dichiarazione congiunta con Maurizio Landini, leader Fiom, in cui ribadiva la sua scelta a favore di Stefano Rodotà.
 
Insomma, la rielezione di Napolitano non è positiva.
La mia non è una contrarietà rispetto a Giorgio Napolitano, che è stato un presidente di alto profilo. Ma la sua rielezione è la prova di una resa incondizionata della maggioranza del Parlamento: un fatto negativo e molto preoccupante. E al di là delle smentite di queste ore, è chiaro che la sua rielezione prelude a un governo di larghe intese, ipotesi per me non condivisibile. Napolitano vuole, e lo ha detto esplicitamente più volte, una soluzione di larghe intese. Certo non si è fatto rieleggere per sciogliere le camere. Ha chiesto una garanzia a fronte: un governo stabile e duraturo.
 
Una sorta di «governo del Presidente», insomma?
Lo si chiami come si vuole, ma è chiaro che Napolitano chiederà che la fiducia venga votata dai partiti che gli hanno chiesto la riconferma: per applicare il programma dei 10 saggi, affrontare le emergenze del Paese, arrivare al giugno 2014, quando l’Italia avrà la presidenza di turno della Ue. Si allontana l’idea del governo di scopo per la riforma elettorale, si allontanano le elezioni. I partiti, lo stesso Pd, sapevano che rieleggendo Napolitano si andava verso l’accordo politico per un governo con Berlusconi e i montiani.  E sarebbe l’opzione che farebbe esplodere il Pd.
 
Cosa si sarebbe dovuto fare, invece? Bersani ha cercato l’accordo con il M5S, poi si è rivolto al Pdl.
La madre di tutti gli errori è stato accettare di far nascere il governo Monti: in quel momento il Pd avrebbe potuto vincere le elezioni, non c’era Monti in pista, Grillo era molto più debole. Poi si sarebbero dovuto fare azioni molto dure di contenimento della spesa, ma avendo 5 anni davanti e con un’idea della giustizia sociale e dell’equità che il governo dei tecnici non poteva avere. Ma andiamo agli ultimi giorni, a Marini: quando Bersani decide di cercare un accordo con Berlusconi, ipotesi secondo me sbagliata, il partito ha accettato questa scelta in silenzio; nè Renzi nè altri si erano opposti, salvo poi contestare a posteriori. Altro errore gravissimo: proporre all’unanimità Prodi e poi votargli contro,mancando di lealtà. Io ho sempre pensato a una via diversa: il Pd doveva proporre un suo candidato in grado di aprire contraddizioni tra i grillini e di non essere osteggiato con forza dal centrodestra. C’erano almeno due nomi: Rodotà e Zagrebelsky.
 
Ma una volta perso questo treno, ci si poteva accordare quando era Grillo a proporre Rodotà?
Io credo di sì. Rodotà non è il candidato di Grillo: nella sua vita ha sempre fatto riferimento a valori per noi vitali come la Costituzione, i diritti nel lavoro, la cittadinanza. A quel punto, eletto lui, potevi proporre un governo di scopo, per la riforma elettorale e poi andare a votare.
 
L’iniziativa comune con Landini prelude a un interesse per l’assemblea dell’8 maggio, dove Sel e altri soggetti della sinistra cercheranno la via per un nuovo partito?
Per ora io mi preoccupo solo del Congresso del Pd, e si deve fare presto: è la nostra ultima chance. Poi parlo con tutti, mi confronto.
 
Cosa dovrebbe fare un futuro governo per il lavoro?
Tutelare gli esodati, cambiare la riforma Fornero sulle pensioni, ripristinare la formula originaria dell’articolo 18, abrogare l’articolo 8. Introdurre un reddito di cittadinanza e una legge sulla rappresentanza che faccia votare sempre – e sottolineo sempre – i lavoratori su tutte le piattaforme e tutti gli accordi.

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