giovedì 7 agosto 2014

In piena depressione di roberto Romano, Il Manifesto

Economia. Non ne va bene unaPolitica economica.
In queste condizioni il governo sarà costretto a inseguire il pareggio di bilancio con manovre correttive sempre più difficili da realizzare. Il problema non è il debito in quanto tale, piuttosto il rapporto debito-Pil.

Per descri­vere la situa­zione eco­no­mica del paese e la capa­cità inter­pre­ta­tiva della com­pa­gine gover­na­tiva, in pri­mis di Renzi, occorre ricor­rere ad una vec­chia sto­riella. Un ubriaco, una notte dopo molti bic­chieri, perde la chiave di casa, e si mette a cer­carla curvo sul suolo.
Un pas­sante si ferma e si offre di aiu­tarlo. Dopo qual­che minuto di vana ricerca, il pas­sante chiede: «Ma è pro­prio sicuro di averla persa qui, sotto il lam­pione, la sua chiave?». L’ubriaco risponde: «No, non sono sicuro, ma è qui che c’è la luce!».
La sto­riella non suoni troppo bla­sfema, ma come pos­siamo rea­gire diver­sa­mente alle argo­men­ta­zioni di Renzi? Il mini­stro Padoan, invece, evita di mani­fe­stare otti­mi­smo o facili bat­tute. In que­sto caso il Pre­si­dente della Repub­blica, almeno una cosa è stata fatta per bene, ha evi­tato che un mini­stero così impor­tante cadesse in mani ren­ziane. Il primo mini­stro ricorda sem­pre al mini­stro dell’economia che alla poli­tica eco­no­mica ci pensa il suo gruppo. Padoan è stato silente, ma non potrà farlo per troppo tempo. Pur­troppo par­lano le per­sone di una sola parte. Se qual­che altro eco­no­mi­sta “libe­ral”, diver­sa­mente da Boeri, ricor­dasse la dif­fe­renza tra poli­tica eco­no­mica e ragio­ne­ria non sarebbe male. Que­sto è il Paese.
Come molti com­men­ta­tori eco­no­mici sosten­gono, il 2014 sarà un anno di non cre­scita. Ma l’assenza di poli­tica eco­no­mica del governo, per non dire di peg­gio, ci con­se­gna un 2015 che potrebbe pas­sare alla storia.
Per­ché nel 2015 il Paese dovrebbe ritor­nare a cre­scere? Qual­cuno ha regi­strato qual­che riforma di strut­tura del governo? Se il primo mini­stro Renzi asso­cia la riforma costi­tu­zio­nale ad una riforma di strut­tura, gra­zie alla quale sarebbe pos­si­bile pre­sen­tarsi in Europa e chie­dere delle age­vo­la­zioni, assi­curo che nem­meno io con­ce­de­rei una licenza. La mia rispo­sta sarebbe: «Primo Mini­stro, noi chie­diamo riforme per far cre­scere il vostro Paese, magari facendo vostro il pro­getto Europa 2020, raf­for­zando la ricerca e svi­luppo e rior­ga­niz­zando la mac­china pub­blica a favore dei cit­ta­dini. Scusi, ma la riforma del Senato non era e non è in nes­suna raccomandazione».
Imma­gino la rispo­sta di Renzi: «Com­mis­sa­rio, abbiamo abbas­sato le tasse, dato 80 euro alle fami­glie, costretto i sin­da­cati a migliori e miti atteg­gia­menti. Nes­suno ha fatto quello che abbiamo fatto noi».
Sarebbe troppo facile rispon­dere: «Scusi, lei ha dato 80 euro una tan­tum e non abbiamo idea di come potrà rifi­nan­ziare per il 2015 la misura. Invece di rifor­mare la Pub­blica ammi­ni­stra­zione ha pre­vi­sto risparmi di spesa futura, al netto di qual­siasi spie­ga­zione di come e cosa dovrebbe fare il pub­blico. Anzi, anti­cipa dei prov­ve­di­menti che tro­vano la loro coper­tura in misure di rispar­miamo futuri che si aggiun­gono a quelle già sug­ge­rite da altri suoi col­le­ghi. Ormai siete arri­vati alla spro­po­si­tata cifra di quasi 20 miliardi di risparmi da rea­liz­zare in un anno. Noi chie­diamo di gover­nare la spesa rispetto ad un certo obbiet­tivo. Nes­suno ha mai detto che dovete tagliarla. Il punto prin­ci­pale è far cre­scere il vostro Paese. Se fate delle azioni coe­renti, in Europa ci sono Stati nelle stesse con­di­zioni e potremmo anche imma­gi­nare di adot­tare parte del pro­gramma del nuovo Com­mis­sa­rio. Ma per dio…fate qual­cosa che modi­fi­chi la vostra strut­tura pro­dut­tiva». Dia­logo finito.

Come direbbe un ricer­ca­tore di belle spe­ranze (Nicolò Fran­ce­schin) il popu­li­smo ha tante facce, ma sono unite dal pes­si­mi­smo verso il futuro e sono capaci solo di creare delle tem­pe­ste in un bic­chier d’acqua per con­fon­dere e creare caos. Non si governa in que­sto modo la peg­giore crisi del capi­ta­li­smo. In pochi lo ricor­dano, ma que­sta crisi è più lunga e pro­fonda di quella del ’29, e alle porte non si intrav­vede nes­suna solu­zione coe­rente alla sfida che attende l’Italia e l’Europa.
La situa­zione dei conti pub­blici ita­liani non è grave per­ché si spende troppo. Boeri forse non cono­sce la spesa pub­blica ita­liana che, al netto del ser­vi­zio del debito, è tra le più basse dei Paesi di area euro. Il pro­blema dei conti pub­blici e per­sino del così detto debito pub­blico è inte­ra­mente legato alla dina­mica del Pil che nel corso degli anni è dimi­nuito di oltre 10 punti. Altro che assenza di cre­scita. Il Paese è in piena depressione.
In que­ste con­di­zioni sarà costretto a inse­guire il pareg­gio di bilan­cio con mano­vre cor­ret­tive sem­pre più dif­fi­cili da rea­liz­zare. Il pro­blema non è il debito in quanto tale, piut­to­sto il rap­porto debito-Pil. Se non cre­sce il deno­mi­na­tore, dove vogliamo andare?
L’aspetto dram­ma­tico e amaro delle poli­ti­che di Renzi è pro­prio il vuoto che le cir­conda. Quando inter­ven­gono sul lavoro, le poli­ti­che indu­striali e l’industrializzazione della ricerca sono un sen­tiero troppo ardito: si pre­fi­gu­rano misure che agi­scono sem­pre dal lato dell’offerta e del costi del lavoro, come se un’impresa potesse assu­mere o fare inve­sti­menti in que­sta situa­zione non appena vede ridurre il costo del lavoro che, per inciso, è tra i più con­te­nuti a livello europeo.
Il 2014 sarà un anno di cre­scita nega­tiva; il 2015 potrebbe essere per­sino peg­gio se il governo con­ti­nuerà a gio­care con le bat­tute. Non chie­diamo poli­ti­che rivo­lu­zio­na­rie o tardo key­ne­siane; almeno il buon senso lo esi­giamo. Tra due mesi il governo dovrà pre­sen­tare il nuovo Def e la legge di sta­bi­lità. La ricrea­zione è finita.

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