lunedì 4 agosto 2014

PIOVE !, Governo........di Lucio Di Gaetano, Il Fatto Quotidiano

E’ agosto e a Milano piove. Ogni mattina, da due mesi a questa parte, il sottoscritto e un altro milione e mezzo di milanesi si alzano sperando che la giornata di pioggia appena trascorsa sia stata l’ultima, che uscendo di casa troveranno finalmente lo spasimato solleone.
E ogni mattina sono costretti a sfoderare l’ombrello: piove, piove, piove.
Anche nel resto d’Italia piove. Intollerabilmente e continuamente, da sette anni.
Piove così tanto che e se n’è finalmente accorto anche il Televenditore più amato dagli italiani: dopo quasi 6 mesi di spacconate degne di Oscar Pettinari, Matteo Renzi si è svegliato dal profondissimo stato di ipnosi auto-indotta nel quale era piombato e, preso a secchiate in faccia dal diluvio dei dati economici consuntivi del primo trimestre di governo (Pil a zero virgola zero, inflazione a zero virgola zero, disoccupazione in crescita, debito pubblico record), ha dovuto ammettere di non poter mantenere le rutilanti promesse con cui ha vinto le elezioni europee.
Italia: Tasso annuo di crescita del Pil
Italia: rapporto debito/Pil
Italia: tasso di disoccupazione
Piove anche in Europa.
Piove in Francia, dove l’economia è in piena stagnazione e il Pil ancora vivacchia ai valori del 2009, piove in Spagna, dove il rapporto debito/Pil è triplicato in 4 anni e si piange un tasso di disoccupazione folle (il più alto dalla fine del franchismo) e piove in Portogallo, dove una delle principali banche del paese rischia il default.
Quello che però davvero meraviglia di questo lungo frangente di mal tempo, non è tanto la sua fredda pervicacia, quanto il rifiuto testardo e sciocco della classe dirigente a prendere contromisure di reale efficacia: e così continua a piovere nonostante i Governi tecnici, piove nonostante le Larghe Intese, piove nonostante i tagli alla spesa pubblica, piove nonostante i mostruosi avanzi primari ricavati sulla pelle dei cittadini con una tassazione che non ha eguali nel mondo, piove nonostante le fanfare della lotta all’evasione e i ridicoli e inutili blitz della Guardia di Finanza ai pizzicagnoli dei pochi luoghi di vacanza dove ancora si vende qualcosa.
La speranza che le elezioni europee portassero un po’ di bel tempo o che almeno spaventassero i profeti pasticcioni dell’austerity, è purtroppo già venuta meno: si continua a star così, sotto la pioggia, a capo scoperto.
Perché?
Beh, perché la verità è che nessuno ha davvero il coraggio di cambiare le cose.
La verità è che l’Eurocrazia – e i suoi molti camerieri che allignano in tutti i governi nazionali – non ha la minima intenzione di fare ciò che andrebbe fatto per uscire dalla crisi, ovvero spendere i soldi delle economie del nord Europa. Pur di non farlo, anzi, continuano a mentire, nonostante sia ormai chiaro anche ai sassi che la trovata di riallineare i trend di crescita delle economie deboli a quelli delle più forti facendo “le riforme strutturali” (ovvero massacrando il potere negoziale dei lavoratori attraverso riforme anti-sociali) semplicemente non funziona.
E non funziona per un motivo piuttosto banale: il mercato comune e la moneta unica hanno creato un ambiente iper-competitivo dove non esiste alcuna forma di protezione per i sistemi meno efficienti. Un ambiente simile a quello che prima dell’Euro già esisteva in ciascuno Stato nazionale, con una determinante e tragica differenza: nei singoli Stati è presente un’autorità centrale la cui ragione di vita consiste nella redistribuzione del reddito, ovvero nel tassare i ricchi per rendere più facile la vita ai poveri.
In Europa non c’è nulla del genere (a meno di non voler prendere in considerazione gli inutili fondi strutturali), mentre fin dai primi vagiti delle tre Comunità si è fatto di tutto per proteggere e rafforzare il dogma delle libertà di circolazione (merci, servizi, capitali, persone) che, assieme alla moneta unica, creano quell’ambiente iper-competitivo di cui sopra.
Insomma piove, ma nessuno si decide ad aprire l’ombrello di una vera e strutturata spesa pubblica europea il cui fine sia nient’altro che l’eguaglianza sociale transnazionale, anzi ci dicono che dobbiamo abituarci alla pioggia, che non dobbiamo temere il maltempo ed esporci ad esso per rafforzarci…
Piove.
E pioverà ancora per un bel po’, dicono.

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