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Quanti
vivono con grande disagio l’assenza di ruolo della sinistra, la sua
frammentazione, il rischio di una sua marginalità, di fronte
all’affermarsi di un’egemonia moderata, non possono che guardare con
interesse a quanto sta avvenendo in Sicilia, in previsione delle
prossime elezioni regionali. Qui, a differenza che a livello nazionale,
si sta formando una coalizione di sinistra che rifiuta di convergere in
alleanze pasticciate con un centro, espressione di un devastante
connubio fra: collusione con i poteri forti (compresi quelli infiltrati
dalla criminalità), pratiche diffuse di clientelismo, utilizzo
scellerato delle risorse pubbliche e delle istituzioni.
Ne
sono coinvolti, in primo luogo, la FdS, SEL e i Verdi che hanno
sottoscritto un accordo per dar vita a una lista unitaria che
espressamente rifiuta di convergere in un’alleanza con il PD siciliano
che ha scelto come interlocutore privilegiato l’UDC, e che sta tentando
di allargare ulteriormente lo schieramento a soggetti direttamente
collegati alla devastante esperienza del governo Lombardo. Lo
schieramento di sinistra che si è costruito non solo è in sé
significativo per le forze che vi fanno parte, ma ha oggi un importante
riferimento in Claudio Fava, esponente autorevole della sinistra
siciliana, una figura rappresentativa di un arco di forze che va anche
oltre i partiti.
Altro
fatto rilevante, che non va assolutamente sottovalutato, è l’operazione
simmetrica dell’IdV che ha assunto posizioni politiche analoghe, che
vuole dialogare con le forze della sinistra e che si dichiara
disponibile a una convergenza unitaria. Siamo quindi di fronte alla
possibilità della formazione di un fronte progressista, il cui passaggio
successivo non può che essere la convergenza su un programma comune e
su un candidato condiviso alla carica di presidente della regione
siciliana. L’IdV sembra intenzionata ad avanzare anche un’altra
candidatura, oltre a quella già in campo di Claudio Fava. Se ciò
avverrà, una volta tanto le primarie potrebbero tornare utili per
decidere quale debba essere il candidato unitario.
In
ogni caso, ciò che è importante è che vi sono oggi tutte le condizioni
per un’alleanza che, non solo rappresenterebbe l’unico vero elemento di
discontinuità rispetto alle gestioni precedenti della regione, ma che
rappresenterebbe oggi anche un inedito sul piano nazionale. Non è un
caso che questa prospettiva sia oggi invocata da molti in Sicilia a
partire dalla stessa Rita Borsellino. L’importanza della vicenda è
quindi evidente e mette in risalto alcuni elementi.
Il
primo è che la costruzione in Sicilia di un polo alternativo è possibile
in virtù del successo ottenuto a Palermo nelle scorse elezioni comunali
dalla coalizione IdV, FdS, Verdi guidata da Leoluca Orlando. Quello di
Palermo è stato un laboratorio, come prima in altre circostanze lo è
stato quello di Napoli con De Magistris, perché ha dimostrato che si può
battere il bipolarismo delle coalizioni artificiosi e prive d’idealità
se si ha il coraggio di far leva sulla domanda di alternativa e se si
riesce a prospettare una proposta di cambiamento credibile per contenuti
e scelta dei candidati.
Il
secondo elemento è che la domanda di alternativa è espressione di un
sentimento condiviso da un ampio fronte di soggetti collocati anche al
di fuori dei partiti e spesso raccolti in una molteplicità di
organizzazioni sociali. Il loro coinvolgimento è essenziale, ma perché
ciò sia possibile occorre che vi sia una proposta motivante e che il
processo di costruzione di uno schieramento si traduca in esperienze
partecipative vere. La stessa esperienza di Palermo ha fatto cogliere
queste potenzialità di coinvolgimento. Il problema oggi in Sicilia è
allora quello di fare della lista unitaria FdS, SEL, Verdi un’esperienza
aperta raccogliendo oltre ai partiti che ne sono stati promotori una
disponibilità diffusa nella società civile.
Il
terzo elemento attiene al ruolo in questa fase dei soggetti politici. Il
caso siciliano dimostra che è indispensabile il ruolo di partiti che
sappiano coniugare radicalità con unità, che abbiano il coraggio di
combattere una battaglia anche controcorrente, ma non per questo
minoritaria, e che con tenacia perseguano un disegno unitario,
confidando non solo sulla razionalità delle proposte, ma anche sulla
consonanza di queste con un sentire diffuso. In questo senso (senza
nulla togliere alle altre forze politiche che condividono con noi un
percorso di alternativa) va riconosciuto che la FdS in Sicilia ha svolto
un ruolo importante dimostrando capacità e lungimiranza.
Quest’atteggiamento
è decisivo se si vuole costruire una sinistra in grado di competere,
capace di farsi interprete della volontà di cambiamento e con una
vocazione egemone. Lo è in Sicilia, ma io penso che lo sia a maggior
ragione nel paese.
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