Ormai
dovrebbe essere chiaro e del tutto evidente che una rinascita della
sinistra italiana non può più passare dal gruppo dirigente nazionale del
Partito Democratico. Individuo questo come elemento dirimente, come
fronte invalicabile, come espressione dunque di una politica che ha
oltrepassato molti valori della sinistra e che ha diretto la sua barra
su una rotta nemmeno più socialdemocratica o liberale, ma sempre più
contraddistinta da tratti di forte conservazione del sistema economico e
(anti)sociale in cui viviamo.
Stefano Fassina esprime questo disagio in un’intervista del 24 agosto scorso su l’Unità, ma alle fine ne ricava un compromesso tra esigenze pubbliche nella struttura economica del Paese ed esigenze di tutta una parte privata che si fa fatica a scalzare da settori strategici per la Repubblica, per lo Stato, dopo decenni di regali fatti agli imprenditori con compromissioni a colpi di golden share fintamente pubbliche…
Se, dunque, è ormai acclarato che la ricostruzione dei valori e della loro trasposizione fattuale nella quotidianità del mondo del lavoro e del sociale in generale, non può passare da una ricostruzione del vecchio centrosinistra, e questo proprio per quello che il PD ha fatto nel e al centrosinistra, è evidente che dobbiamo concentrarci sulla costruzione di una formazione di sinistra che sia pluriculturale e anche pluriideologica: che abbia come elemento fondativo la critica senza appello al capitalismo e che, su questa critica, fondi tutte le sue proposte di costruzione dell’alternativa.
Per costruire questo percorso del tutto serenamente e con coerenza, con passione e con voglia, senza tatticismi di sorta, dovremmo non avere come prospettiva prima le elezioni politiche. Mantenere lo sguardo su quanto avviene in merito è giusto e sacrosanto. Spostare l’occhio quotidianamente sui tanti tentativi di riforma non “ad personam” ma “ad partem” della legge elettorale, per capire come contrastare anche questi giochetti sporchi di eliminazione degli avversari sgattaiolando le regole democratiche costituzionalmente date; verificare di volta in volta ciò che accade nei singoli territori in seno alle alleanze che ancora resistono; dare vita ad una contestuale formazione culturale della stessa proposta di alternativa, senza farla pronunciare da verbosità di questo o quel leader, ma costruendola inseme adottando parole e concetti veramente differenti rispetto a tutte le altre forze politiche.
Concetti semplici, che identifichino l’altrettanto straordinaria semplicità delle proposte sia dei comunisti che di tutte le compagne e i compagni della sinistra che vorranno far parte di un progetto non più procrastinabile, necessario.
Noi dobbiamo accompagnare alle nostre più lineari e fondanti pietre angolari dell’alternativa di società la consapevolezza che solo la coniugazione di una lotta sociale fatta nel Paese e nel Parlamento può darci risultati concreti per far avanzare l’eguaglianza dei diritti sociali e civili e, pertanto, la trasformazione dell’intera società.
Non può esservi lotta sociale veramente piena senza l’accompagnamento, almeno in questa fase, di una sponda parlamentare dove poter far valere quei diritti che altrimenti resterebbero senza alcuna rappresentanza. E, viceversa, ogni vera rappresentanza parlamentare sia di opposizione che di governo è mero politicismo se non ha una rispondenza popolare, se non ha una corresponsione nel sentire comune ed anche nel giudizio dei propri elettori.
La risposta alla crisi economica creata dalle speculazioni e dall’anarchia dei mercati, è e può essere una risposta risolutiva se capovolge le proposte che oggi il governo ci mette davanti e che sono approvate dalla maggioranza trasversale PD – PDL – Terzo Polo.
Siamo davanti ad una fase evolutiva del capitalismo su cui bene ragiona Alberto Burgio oggi su “il manifesto” quando propone di guardare complessivamente questa crisi e di levare lo sguardo dalle angolature e dai particolarismi. Osservando la crisi come un grande quadro si scoprono dati interessanti sulla diminuzione dei salari, sull’avanzamento delle linee speculative del capitale e sul ritorno del mercato come regolatore della vita complessa e complessiva degli Stati.
Condivido il pensiero e l’analisi di Burgio: serve, per contrastare tutto questo potere internazionale, una nuova Internazionale, un nuovo incontro transnazionale delle forze anticapitaliste, comuniste, socialiste che vogliono capovolgere questo mondo. Altra strada non c’è.
In Italia possiamo cominciare a costruire, anche con la tenacia del progetto mai finito ma in itinere della “Rifondazione comunista”, una sinistra anticapitalista consapevole di essere un tassello, un importante tassello, per allargare a tutto il Vecchio Continente l’idea di una politica sociale che sia consapevolmente vissuta dalle persone come grimaldello su cui puntare per aprire le casseforti dei potenti e redistribuire le ricchezze. E, facendo questo, rendere incontrovertibile il cambiamento.
La “Cosa Seria” si può e si deve fare: con partiti, comitati, associazioni, settori importanti del sindacato (la Fiom), sngoli cittadini. Una rete a maglie larghe dove serve e maglie strette dove occorre. Coraggio, costruiamola insieme.
Stefano Fassina esprime questo disagio in un’intervista del 24 agosto scorso su l’Unità, ma alle fine ne ricava un compromesso tra esigenze pubbliche nella struttura economica del Paese ed esigenze di tutta una parte privata che si fa fatica a scalzare da settori strategici per la Repubblica, per lo Stato, dopo decenni di regali fatti agli imprenditori con compromissioni a colpi di golden share fintamente pubbliche…
Se, dunque, è ormai acclarato che la ricostruzione dei valori e della loro trasposizione fattuale nella quotidianità del mondo del lavoro e del sociale in generale, non può passare da una ricostruzione del vecchio centrosinistra, e questo proprio per quello che il PD ha fatto nel e al centrosinistra, è evidente che dobbiamo concentrarci sulla costruzione di una formazione di sinistra che sia pluriculturale e anche pluriideologica: che abbia come elemento fondativo la critica senza appello al capitalismo e che, su questa critica, fondi tutte le sue proposte di costruzione dell’alternativa.
Per costruire questo percorso del tutto serenamente e con coerenza, con passione e con voglia, senza tatticismi di sorta, dovremmo non avere come prospettiva prima le elezioni politiche. Mantenere lo sguardo su quanto avviene in merito è giusto e sacrosanto. Spostare l’occhio quotidianamente sui tanti tentativi di riforma non “ad personam” ma “ad partem” della legge elettorale, per capire come contrastare anche questi giochetti sporchi di eliminazione degli avversari sgattaiolando le regole democratiche costituzionalmente date; verificare di volta in volta ciò che accade nei singoli territori in seno alle alleanze che ancora resistono; dare vita ad una contestuale formazione culturale della stessa proposta di alternativa, senza farla pronunciare da verbosità di questo o quel leader, ma costruendola inseme adottando parole e concetti veramente differenti rispetto a tutte le altre forze politiche.
Concetti semplici, che identifichino l’altrettanto straordinaria semplicità delle proposte sia dei comunisti che di tutte le compagne e i compagni della sinistra che vorranno far parte di un progetto non più procrastinabile, necessario.
Noi dobbiamo accompagnare alle nostre più lineari e fondanti pietre angolari dell’alternativa di società la consapevolezza che solo la coniugazione di una lotta sociale fatta nel Paese e nel Parlamento può darci risultati concreti per far avanzare l’eguaglianza dei diritti sociali e civili e, pertanto, la trasformazione dell’intera società.
Non può esservi lotta sociale veramente piena senza l’accompagnamento, almeno in questa fase, di una sponda parlamentare dove poter far valere quei diritti che altrimenti resterebbero senza alcuna rappresentanza. E, viceversa, ogni vera rappresentanza parlamentare sia di opposizione che di governo è mero politicismo se non ha una rispondenza popolare, se non ha una corresponsione nel sentire comune ed anche nel giudizio dei propri elettori.
La risposta alla crisi economica creata dalle speculazioni e dall’anarchia dei mercati, è e può essere una risposta risolutiva se capovolge le proposte che oggi il governo ci mette davanti e che sono approvate dalla maggioranza trasversale PD – PDL – Terzo Polo.
Siamo davanti ad una fase evolutiva del capitalismo su cui bene ragiona Alberto Burgio oggi su “il manifesto” quando propone di guardare complessivamente questa crisi e di levare lo sguardo dalle angolature e dai particolarismi. Osservando la crisi come un grande quadro si scoprono dati interessanti sulla diminuzione dei salari, sull’avanzamento delle linee speculative del capitale e sul ritorno del mercato come regolatore della vita complessa e complessiva degli Stati.
Condivido il pensiero e l’analisi di Burgio: serve, per contrastare tutto questo potere internazionale, una nuova Internazionale, un nuovo incontro transnazionale delle forze anticapitaliste, comuniste, socialiste che vogliono capovolgere questo mondo. Altra strada non c’è.
In Italia possiamo cominciare a costruire, anche con la tenacia del progetto mai finito ma in itinere della “Rifondazione comunista”, una sinistra anticapitalista consapevole di essere un tassello, un importante tassello, per allargare a tutto il Vecchio Continente l’idea di una politica sociale che sia consapevolmente vissuta dalle persone come grimaldello su cui puntare per aprire le casseforti dei potenti e redistribuire le ricchezze. E, facendo questo, rendere incontrovertibile il cambiamento.
La “Cosa Seria” si può e si deve fare: con partiti, comitati, associazioni, settori importanti del sindacato (la Fiom), sngoli cittadini. Una rete a maglie larghe dove serve e maglie strette dove occorre. Coraggio, costruiamola insieme.
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