Eppure
è così evidente. Ma perché non se ne accorgono? La priorità è la
creazione di posti di lavoro. Direte che è velleitario, in un momento di
crisi, ma è proprio nella crisi che si dimostra la capacità di governo.
Gli attuali governanti, come spesso quasi tutti i precedenti, pensano
che l’occupazione crescerà quando la macchina dell’economia si rimetterà
in moto. Ma che cosa fanno perché aumenti la domanda di lavoro? Poco,
troppo poco. I provvedimenti sulla domanda, poi, avranno bisogno di
tempi lunghi, ben al di là della durata di questo governo, che potrà
avere quindi molti alibi al suo arco.
Alla fine, mi pare che prevalga un
atteggiamento passivo, in nome di un mercato che da solo non potrà
crescere. E’ la solita solfa del liberismo, dice un mio caro e vecchio
amico. Magari, dico io. Ma oggi non possiamo soffermarci su dispute
ideologiche, anche se credo che dovremmo piuttosto guardare alla lezione
di Keynes. Deve essere oggi lo Stato a prendere in mano l’economia, per
rispondere con un programma di emergenza a una vera emergenza, che
rischia di diventare catastrofe. La domanda non va quindi sollecitata
indirettamente, ma direttamente. Lo Stato deve creare da un lato opere
pubbliche per far crescere l’occupazione e, dall’altro, deve incentivare
direttamente le aziende che assumono. Anche perché il calo
dell’occupazione è un moltiplicatore del calo del pil, della ricchezza
prodotta. In attesa di vedere i concreti risultati della recente riforma
del lavoro e in attesa di un settembre che si presenta molto
complicato, giudicheremo il comportamento del governo e dei partiti, che
si apprestano a una lunga campagna elettorale. Cercando di capire se
governo e partiti hanno a cuore le vere emergenze nazionali, il lavoro
in primo luogo, oppure se cercano solo di sopravvivere a se stessi.
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