Molti anni
fa, ma neanche moltissimi a dire il vero, accadevano ancora, in questo mondo,
ribellioni e rivoluzioni di gente stanca di vivere da schiavi, che rovesciava
regimi apparentemente invulnerabili. Ciò successe, ad esempio, nel 1959 a Cuba. Erano arrivati su di una mitica
barca, il GranMa (nonna), poco tempo prima, in
82 e di essi solo 12, fra di loro un italiano, Gino Doné, sopravvissero. Ma nel giro di tre
anni, con l’appoggio della popolazione, primi fra tutti i contadini, vinsero,
entrando all’Avana. Parliamo di Fidel, di Ernesto, di Raùl, di Camilo.
Da allora
Cuba è simbolo di ribellione all’ordine imperiale, esempio per tutto il
Terzo Mondo e l’America Latina in particolare. Da allora contro Cuba si
sono scatenate macchinazioni di ogni tipo, dalla tentata invasione della Baia
dei Porci, respinta dalla mobilitazione popolare, al terrorismo indiscriminato,
contro cui si sono mossi
i cinque agenti arrestati e
detenuti oramai da quasi quattordici anni nelle carceri statunitensi, al
discredito organizzato con fondi versati a piene mani alla stampa di tutto il
mondo (sarebbe interessante sapere quanti di questi soldi sono pervenuti a
giornali italiani, magari “indipendenti” e pure “di sinistra”) con la
conseguenza che, in effetti, non sempre Cuba gode di ottima stampa, specie nei
Paesi che non brillano per informazione sugli esteri, come ad esempio il nostro.
E già mi immagino i commenti indignati che si riverseranno su questo post
da parte dei cagnolini di Pavlov “formati” dalla “libera stampa” e dall’ancora
più libera televisione.
Già mi pare
di leggerli… Ma come? Se a Cuba non c’è la libertà? Se a Cuba non c’è la
democrazia? Ma di quale libertà e democrazia stiamo parlando se i grandi
“specialisti” mondiali in materia, come gli autoproclamati Freedom House,
hanno stilato una
classifica di violatori della libertà dalla quale, per fare un esempio, risulta assente la
Colombia, primatista mondiale in uccisione di sindacalisti? O l’Honduras, dove
un golpe ha rovesciato, qualche anno fa, il legittimo presidente e continuano
le persecuzioni ai danni degli oppositori, con omicidi mirati e sparizioni. Che
serietà dimostrano questi sedicenti paladini dei diritti umani, che rispetto
pretendono?
A Cuba, in
un quadro latinoamericano per lunghi e sanguinosi decenni contraddistinto da
enormi violazioni dei diritti umani, non è mai avvenuta una sparizione, mai
si è avuto un episodio di tortura. Quanto alla democrazia, il popolo vota i
suoi rappresentanti, dal livello locale fino a quello nazionale. Certo, non
possono scegliere tra un Romney e un Obama, ma tutto sommato se ne fregano
altamente. E fanno bene, visto che, come negli Stati Uniti o altrove, la
commedia del bipolarismo o del pluralismo partitico nasconde la sostanziale
fedeltà di tutte le forze politiche a un sistema economico comunque
caratterizzato da sfruttamento, esclusione, oppressione, polarizzazione
sociale. A Cuba è garantito un alto livello di istruzione non solo a tutti i
cittadini ma anche a ventisettemila studenti stranieri provenienti dall’America
Latina e dal resto del mondo, come ha ricordato qualche tempo fa Antonio
Guerrero, uno dei cinque combattenti antiterroristi imprigionati da quasi
quattordici anni negli Stati Uniti, in una sua lettera ai giovani cubani.
Certo, a
Cuba non mancano i problemi. Frutto in buona parte dell’embargo più volte
condannato dalle Nazioni Unite ma ancora praticato dagli Stati Uniti, in parte
di errori, anche gravi, più volte riconosciuti dagli stessi dirigenti cubani.
Problemi economici, cui si tenta di trovare soluzione attraverso vie
originali, come
quella tracciata dall’ultimo congresso del Partito comunista cubano e discussa
democraticamente da milioni di Cubani. Problemi di prigionieri di coscienza,
accusati di avere tradito la patria e di assecondare le trame imperialiste, la
cui reclusione suscita qualche preoccupazione anche in buona fede. Quasi
tutti peraltro sono stati liberati. E le denunce di violazione dei
diritti umani sono sicuramente gonfiate ed eccessive, se è vero che
l’ultimo rapp0rto di un ente autorevole come Amnesty International si limita ad alcune generiche
accuse, mentre si sofferma giustamente sulla pena di morte negli Stati Uniti.
Problemi
che, in massima parte, sarebbero risolti se gli Stati Uniti e i loro servi
sparsi per il mondo desistessero dalla loro oramai più che sessantennale
campagna contro Cuba. E prendessero atto del fatto che tanto non ce la fanno a
destabilizzare i Cubani. I tranquilli, ironici Cubani. Pacifici ma non disposti
a farsi mettere i piedi in testa da nessuno. E il loro grande leader,
Fidel, che oggi, 13 agosto 2012, compie 86 anni. Fra gli ultimi esponenti di
una generazione di rivoluzionari che ha cambiato il mondo, in attesa della
prossima leva, che ci consenta di uscire dall’attuale disastrosa situazione del
pianeta. Buon compleanno comandante!
Nessun commento:
Posta un commento
Di la tua