Quando ho letto
su queste pagine la notizia secondo cui il sindaco di Parma potrebbe
perdere la sua scommessa circa la chiusura dell’inceneritore (è
bene chiamarlo così) perché i lavori di costruzione proseguono a ritmo
serrato al fine di ottenere 40 milioni di euro di contributi statali, mi
sono incazzato come una iena.
Non tanto per il caso singolo, quanto perché – e forse non tutti lo sanno – l’Italia
è l’unico paese d’Europa che ha dato impunemente incentivi all’energia
prodotta dai rifiuti, nonostante che questo fosse assolutamente vietato.
Infatti, la delibera del Comitato Interministeriale Prezzi adottata il
29 aprile del 1992 (governo Andreotti), in coerenza con le direttive
europee e gli accordi internazionali, prevedeva che l’energia prodotta
da fonti rinnovabili dovesse avere un costo maggiore rispetto a quella
prodotta da fonti tradizionali (carbone e petrolio). In pratica, l’Enel
era obbligata – ritirando l’energia elettrica prodotta – a remunerare
maggiormente chi produceva da fonti rinnovabili rispetto a chi produceva
da fonti tradizionali. Peccato che tale delibera (altrimenti nota come “CIP 6”)
prevedesse che a questo regime “drogato” di prezzi dovesse accedere non
solo l’energia prodotta da fonti rinnovabili, ma anche quella prodotta
da “fonti assimilate”, e, guarda caso, tra queste fonti assimilate c’erano anche gli inceneritori di rifiuti (“gli
impianti di cogenerazione, gli impianti che utilizzano calore di
recupero e fumi di scarico; gli impianti che utilizzano gli scarti di
lavorazione e/o di processo; gli impianti che utilizzano fonti fossili
prodotte esclusivamente da giacimenti minori”).
Ed è così, che, storia tutta Italiana,
dal 1992 al 2008 (in cui si pose un termine agli incentivi per gli
impianti in costruzione o approvati alla data del 31 dicembre 2008)
l’Italia – in barba alle normative europee – cavò di tasca a noi tutti,
tramite la bolletta dell’energia elettrica – soldi per finanziare qualcosa che non avremmo dovuto finanziare e che nuoceva oltretutto gravemente alla salute. In pratica, i cittadini erano costretti a pagare per farsi del male. E qui (apro una parentesi) mi rifaccio ad un mio precedente post in cui sottolineavo che va bene essere cittadini onesti, ma vorremmo anche che lo Stato lo fosse.
Con il cosiddetto “decreto Romani”
relativo alle energie rinnovabili, la porcata si perpetua e gli
inceneritori – questa volta realizzati entro il 31 dicembre 2012 –
potranno godere dell’attuale regime agevolativo di vendita dell’energia
“limitatamente alla quota di energia prodotta da fonti rinnovabili” (!).
E si stima per l’inceneritore di Parma una perdita di 40 milioni di
euro di guadagni se entrerà in funzione successivamente a tale data.
In Liguria dicono, lo diceva anche il grande Gilberto Govi “è una polenta tutta motti”,
cioè una polenta tutta grumi, per dire qualcosa venuto male. Ecco, la
storia degli inceneritori in Italia è questo. Una polenta tutta motti, a
parte per coloro che gli inceneritori li hanno costruiti e per coloro
che li gestiscono, in questo paese – per loro – del bengodi.
Per
il resto solo ragioni per non farli gli inceneritori: costano
tantissimo; devono bruciare in continuazione; disincentivano la raccolta
differenziata (i comuni “ricicloni” d’Italia non hanno ovviamente alcun
inceneritore); producono emissioni nocive; producono scarti di
lavorazione, ovverosia scorie, nella specie, rifiuti speciali
pericolosi. E ricordiamo che per quello che ancora residua dopo la
raccolta differenziata, l’alternativa c’è, ed è, ad esempio, il
trattamento a freddo del residuo.
Di più, il Parlamento Europeo ha di recente votato il divieto di incenerimento entro il 2020 di rifiuti recuperabili o compostabili.
Cosa
risponde il nostro attuale governo delle banche all’Europa tramite il
suo ministro dell’Ambiente, Clini (sì, proprio quello favorevole al
nucleare e che ora afferma che a Taranto si potrebbe essere morti per cancro nel rispetto delle norme vigenti)? Risponde con la soluzione dell’incenerimento di rifiuti nei cementifici.
Una particolare attenzione – oltre che ai rifiuti – anche al cemento
dunque da parte del ministro di un paese come l’Italia con la più alta
percentuale di produzione di cemento in Europa ed il territorio più
dissestato. “Viva l’Italia, assassinata dai giornali e dal cemento”.
Nei
prossimi giorni accompagnerò il mio unico figlio all’aeroporto: va
all’estero a concludere il biennio di specializzazione universitaria. Dell’Italia ne ha abbastanza. Posso dargli torto? No.
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