mercoledì 8 agosto 2012

LA DEMOCRAZIA DI MONTI, di Francesco Piobbichi



MONTI: "Posso comprendere che devono tenere conto dei propri parlamenti. Ma un parlamento ed una Corte Costituzionale in fondo ci sono in ogni paese dell’Unione europea. E naturalmente ogni governo deve attenersi alle decisioni del proprio parlamento. Ma ogni governo ha anche il dovere di educare il parlamento. Se mi fossi attenuto meccanicamente alle direttive del mio parlamento, non avrei potuto approvare le decisioni dell’ultimo vertice di Bruxelles". Questa frase che Monti ha rilasciato recentemente è di una gravità senza precedenti. Per comprendere la portata di quanto detto provate ad immaginare cosa sarebbe successo se queste parole le avesse pronunciate Berlusconi quando era al Governo. In quel caso avremmo gridato al Golpe, saremmo scesi in piazza e fatto un gran casino.  Invece nulla di tutto questo, anzi, le parole  pronunciate da Monti sono state difese pubblicamente da Bersani con una naturalezza che lascia basiti. Sostenere che i parlamenti vanno "educati" dagli esecutivi come ha detto Monti ci porta nella fase matura dell'autoritarismo del capitalismo oligarchico, nella strada a vicolo chiuso dello svuotamento della democrazia parlamentare.   Sì, è vero, direte che i parlamenti sono già oggi di fatto espropriati dalle loro funzioni: essi ratificano trattati che sono decisi altrove e subiscono ripetute procedure legislative di carattere d'urgenza che ne restringono pesantemente le funzioni; ma le parole di Monti hanno un qualcosa in più, hanno un indirizzo profondamente autoritario che segna un salto di qualità.
Per Monti i parlamenti vanno educati, cioè devono essere in gran parte disciplinati alle esigenze che impone nella crisi la ristrutturazione capitalista. Per uno come Monti insomma la sede legislativa  è una sorta di  panopticom in cui i deputati eletti sono osservati dal potere tecnico finanziario di cui lui è la massima espressione.  La politica insomma deve essere educata e piegata all'ideologia liberista, ed i maleducati vanno messi fuori. Penso che le parole di Monti nascondono un odio profondo per la democrazia e la mediazione sociale, del resto è stato proprio lui ad appendere al muro -da destra- la concertazione. 
Il fatto che Bersani abbia difeso queste parole indecenti segna una metamorfosi definitiva anche deel PD, disposto oramai a difendere gli oltraggi alla nostra democrazia dopo aver manomesso la nostra Costituzione con l'inserimento del vincolo di bilancio e la ratifica del Fiscal compact. 

Da “Der Spiegel” del 6.8.2012
Un fronte tra Nord e Sud
 
Il presidente del Consiglio dei ministri italiano Mario Monti, 69 anni, si lamenta che coloro che
guidano gli stati del continente fanno troppo poco per fermare l’erosione dell’Europa. Chiede
maggiore condivisone (colloquio condotto dai redattori Fiona Ehlers e Hans Hoyng)
SPIEGEL: Signor presidente, ancora una volta l’euro è in grande difficoltà, le voci che parlano di una frattura si fanno più forti. Ha già rinunciato alle sue vacanze?
MONTI: Ho solo sei giorni e spero che non saltino. Tuttavia guardo all’estate in modo
relativamente tranquillo. Per quanto riguarda la Grecia ovviamente c’è ancora un rischio…
SPIEGEL:… perché l’insolvibilità sembra inevitabile…
MONTI:… ma dopo una lunga preparazione, nell’ultimo vertice di Bruxelles alla fine di giugno
abbiamo raggiunto risultati complessivamente buoni che devono consentire ai mercati una migliore valutazione su quanto in effetti sia solida l’area-euro.
SPIEGEL: Ma non hanno aiutato a diminuire la pressione su Italia e Spagna. La scorsa settimana il capo della Bce, Mario Draghi, ha annunciato che la Banca centrale europea sarebbe disponibile, magari insieme ai paracadute europei, ad acquistare titoli di Stato dai paesi debitori, anche se solo in un futuro indeterminato. È deluso dall’esitazione della banca?
MONTI: Posso solo approvare l’affermazione della Bce che il mercato dei titoli di Stato nella zona euro è “molto disturbata”. È giusto anche che alcuni paesi devono sostenere costi “estremamente elevati” per finanziare il proprio debito. È esattamente quello che vado dicendo da tempo. È evidente che le banche si ritirano dietro i propri confini nazionali, creando difficoltà ancora maggiori per i paesi che soffrono dei dubbi dei mercati. Questi problemi ora vanno risolti rapidamente perché non possano esserci ulteriori incertezze rispetto alla capacità dell’euro-zona di superare la crisi.
SPIEGEL: Non crede che proprio questa soluzione tramite la Bce libererebbe i paesi interessati dalla costrizione di rimettere in ordine i rispettivi bilanci dello Stato?
MONTI: No. Se leggesse gli oneri dei paracadute europei o anche solo la dichiarazione della Bce di giovedì scorso, dovrebbe ammettere che una simile preoccupazione è immotivata. Questa è esattamente quella sfiducia che nella crisi ci ha impedito di imboccare una via chiara per una soluzione. Dobbiamo superarla in fretta e iniziare di nuovo ad avere fiducia gli uni degli altri.
SPIEGEL: C’è una ragione?
MONTI: Credo di sì. L’attuale governo italiano ha fatto in modo che il deficit di bilancio dello Stato rientri rapidamente e ha fatto riforme strutturali che rafforzano il potenziale di crescita. Nonostante notevoli sacrifici gli italiani hanno accettato questo corso.
SPIEGEL: Contro i programmi della Bce di acquistare titoli di Stato in Germania ci sono molte
proteste. Non comprende che coloro che devono rispondere per la banca hanno paura di farsi carico di garanzie illimitate?
MONTI: Le decisioni di fronte alle quali si trova ora la Germania non sono semplici e comprendo le difficoltà che i politici tedeschi stanno attraversando. Per restare in grado di agire nell’ambito di una valuta comune, tutti i paesi avrebbero dovuto fare riforme e impostare i proprio bilanci in modo tale da non diventare un peso per altri paesi. Per questo i progressi già fatti sono così importanti per assicurare la disciplina dei bilanci - come ad esempio il patto fiscale.
SPIEGEL: Questo per ora non ha aiutato l’euro.
MONTI: Tutti abbiamo fatto errori, già nell’impostazione dell’euro, già nella sua fase iniziale,
quando ad esempio Francia e Germania nel 2002 e 2003 hanno infranto gli oneri del patto di
crescita e di stabilità, diventando così un cattivo esempio per gli altri. Ora dobbiamo creare
un’unione monetaria più responsabile.
SPIEGEL: Lei è stato chiamato proprio per questo. In fin dei conti l’Italia ora ha di nuovo un ruolo importante in Europa.MONTI: Per alcuni anni evidentemente non abbiamo avuto un ruolo centrale. Penso che sia del tutto normale che la terza potenza economica dell’euro-zona diventi di nuovo più attiva se si tratta di raggiungere un consenso nelle decisioni collettive.
SPIEGEL: I suoi incontri con il presidente francese Francois Hollande e con il premier spagnolo Mariano Rahoy della scorsa settimana suscitano però il sospetto che si tratti di fare un patto del sud per potersi opporre in modo più determinato alle richieste del nord.
MONTI: Tra i due incontri sono stato anche in Finlandia. Di tutti e tre i paesi è quello dove ho
passato più tempo. In questo caso non si tratta di nord e sud, si tratta della valuta di 330 milioni di europei. Più compattamente agiamo, prima riusciamo a ritrovare una via sicura, con costi minori per tutti. Ho appena avuto una telefonata con la cancelliera Merkel, che mi ha invitato a Berlino per la fine di agosto.
SPIEGEL: In generale il rapporto tra italiani e tedeschi al momento sembra abbastanza intorpidito. Ci si lamenta molto della durezza, dell’arroganza dei tedeschi. Come spiega questo clima?
MONTI: Questo in effetti mi ha turbato molto negli ultimi mesi e ho riferito alla cancelliera Merkel dei crescenti risentimenti qui in parlamento – contro l’UE, contro l’euro, contro i tedeschi e a volte contro la stessa cancelliera. Questo però è un problema che va molto oltre il rapporto tra Germania e Italia. Le tensioni che negli ultimi anni hanno accompagnato l’euro-zona hanno già le caratteristiche di una disgregazione psicologica dell’Europa. Dobbiamo lavorare molto per arginare questa situazione. Se confrontiamo l’Europa con una cattedrale, allora l’euro è fino ad ora la sua torre più perfetta.
SPIEGEL: Della quale dobbiamo purtroppo preoccuparci che presto crollerà.
MONTI: Se l’euro dovesse diventare un fattore di disgregazione, allora sarebbero distrutte le
fondamenta del progetto Europa. Per questo è compito prioritario di chi guida gli stati di spiegare ai loro cittadini la vera situazione dell’Europa e di non cedere ai vecchi pregiudizi.
SPIEGEL: Crede che questo compito sia ancora risolvibile? In tutta Europa la crisi dell’euro ha
risvegliato pregiudizi nazionali.
MONTI: Si, e in questo ambito nord e sud si confrontano, ci sono pregiudizi reciproci. Questo è
molto inquietante e dobbiamo combatterlo. Sono certo che la maggioranza dei tedeschi hanno una simpatia istintiva per l’Italia, come gli italiani ammirano i tedeschi per le loro numerose qualità. Ma ho anche l’impressione che la maggioranza dei tedeschi pensa che l’Italia abbia già avuto aiuti finanziari dalla Germania o dall’Unione Europea, cosa che però non è avvenuta. Neanche un solo euro.
SPIEGEL: Come spiegherebbe ad un piccolo imprenditore tedesco che con le tasse già risponde per i diversi pacchetti di salvataggio, che lui, indirettamente, attraverso la Bce, contrae obblighi per la banca fallita di Siena?
MONTI: Cercherei di spiegargli che la realtà a volte è molto diversa che l’idea che se ne ha. La
realtà in effetti è anche che l’Italia rispetto alla propria dimensione economica ha contribuito agli aiuti per Grecia, Irlanda, Portogallo e recentemente per il settore bancario spagnolo, quanto la Germania. Ma provi a considerare l’utile netto di questi aiuti.
SPIEGEL: Lei ritiene che gli aiuti ai paesi debitori vadano a beneficio anche della Germania?
MONTI: Molto di quello che Germania e Francia hanno fatto per il salvataggio della Grecia aiuta anche le banche tedesche e francesi che per molto tempo sono stati grandi creditori della Grecia e delle banche greche. Questo praticamente non riguarda l’Italia. Da questo punto di vista l’Italia non solo ad oggi non ha ricevuto nessun aiuto, ma, considerando il ritorno netto verso il proprio paese, ha speso più della Germania o della Francia. Il nostro debito pubblico quest’anno ammonta al 123,4% del Pil. Senza i pagamenti per gli aiuti, sarebbe 120,3%. Questo è quanto spiegherei all’imprenditore tedesco.
SPIEGEL: E lei ritiene che le crederebbe?
MONTI: Gli spiegherei che anche la Germania trae profitto dal fatto che la Germania possa cedere titoli di Stato ad interessi così bassi, a volte addirittura negativi. È qui che si verifica il rischio del decadimento dell’euro-zona. In questo modo gli interessi elevati che l’Italia al momento è costrettaa pagare, sovvenzionano quelli bassi che paga la Germania. E inoltre: nessuno può negare che la Germania, perché è così grande, così produttiva e così efficiente, è maggiore fruitore del mercato comune.
SPIEGEL: È sicuro che lo sfaldamento dell’euro-zona sia ancora arrestabile?
MONTI: Si, è ancora possibile. Ma non cade dal cielo.
SPIEGEL: Anche con il principio di annegare i problemi in quantità di denaro sempre maggiori
evidentemente non funziona. Così si guadagna respiro per un paio di giorni, poi la pressione sui mercati finanziari riprende a crescere. È possibile interrompere questo circolo fatale?
MONTI: Si.
SPIEGEL: Senza continuare a buttarci dei soldi?
MONTI: Giusto, questo non deve succedere. Sarebbe già utile che si migliorasse la comunicazione dopo le decisioni dell’euro-zona.
SPIEGEL: Si tratta di montagne di debiti, non di conferenze stampa.
MONTI: Però ci sono questi incidenti di informazioni non esaustive che portano nuove turbolenze sui mercati. Molto più serio è però il fatto che ci sono alcuni paesi – e si trovano al nord della Germania – che ogni volta che nel Consiglio raggiungiamo un consenso, uno o due giorni dopo dicono cose che mettono di nuovo in discussione il consenso.
SPIEGEL: Ora si riferisce ai finlandesi e ad altri?
MONTI: Posso comprendere che devono tenere conto dei propri parlamenti. Ma un parlamento ed una Corte Costituzionale in fondo ci sono in ogni paese dell’Unione europea. E naturalmente ogni governo deve attenersi alle decisioni del proprio parlamento. Ma ogni governo ha anche il dovere di educare il parlamento. Se mi fossi attenuto meccanicamente alle direttive del mio parlamento, non avrei potuto approvare le decisioni dell’ultimo vertice di Bruxelles.
SPIEGEL: Perché no?
MONTI: Avevo avuto l’incarico di imporre gli euro-bond nel vertice. Se i governi si facessero
vincolare completamente dalle decisioni dei propri parlamenti senza mantenere un margine di
manovra, la spaccatura dell’Europa sarebbe più probabile di una maggiore integrazione.
SPIEGEL: Silvio Berlusconi si vanta di aver combattuto il comunismo in Italia. Lei come vuole
essere ricordato dagli italiani e dagli europei?
MONTI: Se tutto procede secondo i piani, manterrò l’incarico fino all’aprile 2013 e spero che fino ad allora riuscirò a salvare l’Italia dalla rovina finanziaria e questo con l’appoggio morale di alcuni amici europei, la Germania prima di tutti. Ma dico molto chiaramente: sostegno morale, non finanziario. E alla fine spero che l’Italia per gli osservatori esterni diventi semplicemente un po’ più noiosa. Se la Germania e altri stati sono interessati al fatto che l’attuale politica in Italia abbia un futuro, allora …
SPIEGEL:… dovrebbero andare maggiormente incontro all’Italia?
MONTI: Ancora una volta, non con gli aiuti finanziari. Ma dovrebbero lasciare maggiore margine di manovra agli stati dell’euro-zona che si attengono in modo più preciso alle direttive europee.
SPIEGEL: Il suo rapporto con Angela Merkel, che molti hanno bollato come la perdente dell’ultimo vertice europeo, è di nuovo buono?
MONTI: Abbiamo un rapporto molto amichevole e cordiale. Ci conosciamo da molti anni e sono stato molto lieto del riconoscimento che ho avuto sia dalla cancelliera che dal ministro delle finanze Wolfgang Schäubele per i progressi della politica italiana.
SPIEGEL: Quando il suo predecessore Berlusconi poche settimane fa ha dichiarato di avere un rapporto cordiale con la cancelliera, lei lo ha immediatamente smentito.
MONTI: Allora possiamo aspettare con calma se ci sarà una nuova smentita.
SPIEGEL: Signor presidente, la ringraziamo per questo colloquio

 (traduzione a cura di Sveva Haertter)

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