Una nuova ordinanza della gip di Taranto, dopo un vertice in procura, stabilisce che per risanare la produzione deve fermarsi. La mossa della giudice può venire incontro alle difficoltà dei tre custodi. Il ministro Clini: in alcuni casi si può tenere aperto
Dopo
qualche giorno di calma apparente, torna altissima la tensione a
Taranto tra la procura e l’Ilva. Motivo del contendere è il nuovo
provvedimento della gip Patrizia Todisco, notificato all’azienda venerdì
da parte dei carabinieri del Noe. Si tratta di un dispositivo di
attuazione di quanto già ordinato dalla gip e confermato dal tribunale
del Riesame in ordine al sequestro preventivo dei sei impianti dell’area
a caldo. È un atto che rompe quel clima di tregua creatosi in attesa
delle motivazioni del Riesame dopo il verdetto di martedì.
È proprio quel provvedimento che ha indotto la giudice a una nuova ordinanza. Il perché è presto detto: il tribunale del Riesame, confermando il sequestro preventivo degli impianti finalizzandolo al risanamento degli stessi e non più al loro spegnimento graduale, aveva ribadito la necessità di garantire «la sicurezza degli impianti», l’adozione di «tutte le misure tecniche necessarie per eliminare le situazioni di pericolo» e l’attuazione «di un sistema di monitoraggio in continuo delle emissioni inquinanti». Sin dal primo istante però, non trovando traccia nelle due pagine del provvedimento del divieto di utilizzo degli impianti per continuare la produzione, Ilva, sindacati e istituzioni, si erano detti «soddisfatti», garantendo di poter effettuare tutti gli interventi richiesti dalla procura pur continuando a produrre. Un’interpretazione che ha creato una sorta di terra di mezzo in cui non era più chiaro chi dovesse fare cosa. Difatti la gip, all’inizio del nuovo decreto, scrive: «Letta la relazione depositata in data odierna dall’ing. Barbara Valenzano», che insieme ad Emanuela Laterza, Claudio Lofrumento e Bruno Ferrante, sono i custodi giudiziari. Dunque, i tre hanno richiesto espressamente lumi alla Todisco sul da farsi e chiarezza sui rispettivi compiti. La giudice ribadisce innanzitutto come il Riesame abbia confermato «il sequestro preventivo delle aree e degli impianti, misura che non può che essere funzionale alla tutela delle esigenze preventivo-cautelari indicate dalla legge». Pertanto, la gip intima ai custodi di adottare «tutte le misure tecniche necessarie a scongiurarsi il protrarsi delle situazioni di pericolo e ad eliminare le stesse, situazioni in ragione delle quali il sequestro preventivo è stato disposto e confermato». Ribadendo come non sia prevista «alcuna facoltà d’uso degli impianti a fini produttivi». Questo perché, spiega, è «grave e attualissima la situazione di emergenza ambientale e sanitaria imputabile alle emissioni inquinanti (convogliate, diffuse e fuggitive) dell’Ilva e segnatamente di quegli impianti e aree sottoposte a vincolo cautelare».
A sostegno della tesi che il nuovo decreto sia stato in qualche modo sollecitato dagli stessi custodi, viene il fatto che nel testo la giudice Todisco specifica i compiti dei commissari. Barbara Valenzano è responsabile delle misure tecniche «necessarie a eliminare le situazioni di pericolo e dell’attuazione dei monitoraggi con potere di spesa relativamente alle aree sottoposte a sequestro, nonché a quelle tecnicamente connesse». Bruno Ferrante, invece, è individuato come «datore di lavoro» ed è quindi «responsabile dell’attuazione delle prescrizioni e procedure impiantistiche che si renderanno necessarie in attuazione del provvedimento di Aia per gli impianti non interessati in alcun modo del provvedimento di sequestro preventivo». I quattro custodi avranno l’obbligo di trasmettere con cadenza settimanale relazioni sulle attività svolte.
Il nuovo provvedimento ha destato molta sorpresa. Anche perché è prassi che questi interventi vengano presi dalla procura. Ma giovedì si era riunito il pool investigativo, diretto dal procuratore Sabastio: al termine del summit era stato adottato un ordine di esecuzione consequenziale alla decisione del Riesame, che altro non è che il nuovo decreto ordinato dalla gip. Immediata la reazione dell’azienda, che ha annunciato ricorso al Riesame contro il nuovo provvedimento, giudicandolo «abnorme»” e frutto di «un’interpretazione personale delle decisioni del Riesame». Reazione a cui è seguita la convocazione urgente del Cda della società «per le determinazioni conseguenti». Diplomatico invece il ministro dell’ambiente, Corrado Clini: «La decisione di interrompere le attività di produzione dovrebbe essere guidata dalla tipologia degli interventi da realizzare che in alcuni casi richiedono la fermata di parti degli impianti e in altri casi suggeriscono invece il contrario». Preoccupato il presidente della Regione Puglia Nichi Vendola, secondo il quale «non si riesce a comprendere quale sia, secondo la magistratura, il destino dell’Ilva. Se siamo dinanzi ad un provvedimento irreversibile di spegnimento della fabbrica oppure se siamo invece dinanzi ad un percorso di prescrizioni da rispettare. È paradossale – aggiunge polemico il governatore – che una soluzione di svolta ambientale ma anche di salvezza per l’azienda risulti interdetta per via giudiziale». Infine per Confindustria e sindacati è prioritario consentire all’azienda di produrre, altrimenti le ricadute economiche ed occupazionali sarebbero gravissime. Ma la Procura ha da tempo deciso il destino dell’Ilva: risanare tutto o chiudere. Non ci sono alternative.
È proprio quel provvedimento che ha indotto la giudice a una nuova ordinanza. Il perché è presto detto: il tribunale del Riesame, confermando il sequestro preventivo degli impianti finalizzandolo al risanamento degli stessi e non più al loro spegnimento graduale, aveva ribadito la necessità di garantire «la sicurezza degli impianti», l’adozione di «tutte le misure tecniche necessarie per eliminare le situazioni di pericolo» e l’attuazione «di un sistema di monitoraggio in continuo delle emissioni inquinanti». Sin dal primo istante però, non trovando traccia nelle due pagine del provvedimento del divieto di utilizzo degli impianti per continuare la produzione, Ilva, sindacati e istituzioni, si erano detti «soddisfatti», garantendo di poter effettuare tutti gli interventi richiesti dalla procura pur continuando a produrre. Un’interpretazione che ha creato una sorta di terra di mezzo in cui non era più chiaro chi dovesse fare cosa. Difatti la gip, all’inizio del nuovo decreto, scrive: «Letta la relazione depositata in data odierna dall’ing. Barbara Valenzano», che insieme ad Emanuela Laterza, Claudio Lofrumento e Bruno Ferrante, sono i custodi giudiziari. Dunque, i tre hanno richiesto espressamente lumi alla Todisco sul da farsi e chiarezza sui rispettivi compiti. La giudice ribadisce innanzitutto come il Riesame abbia confermato «il sequestro preventivo delle aree e degli impianti, misura che non può che essere funzionale alla tutela delle esigenze preventivo-cautelari indicate dalla legge». Pertanto, la gip intima ai custodi di adottare «tutte le misure tecniche necessarie a scongiurarsi il protrarsi delle situazioni di pericolo e ad eliminare le stesse, situazioni in ragione delle quali il sequestro preventivo è stato disposto e confermato». Ribadendo come non sia prevista «alcuna facoltà d’uso degli impianti a fini produttivi». Questo perché, spiega, è «grave e attualissima la situazione di emergenza ambientale e sanitaria imputabile alle emissioni inquinanti (convogliate, diffuse e fuggitive) dell’Ilva e segnatamente di quegli impianti e aree sottoposte a vincolo cautelare».
A sostegno della tesi che il nuovo decreto sia stato in qualche modo sollecitato dagli stessi custodi, viene il fatto che nel testo la giudice Todisco specifica i compiti dei commissari. Barbara Valenzano è responsabile delle misure tecniche «necessarie a eliminare le situazioni di pericolo e dell’attuazione dei monitoraggi con potere di spesa relativamente alle aree sottoposte a sequestro, nonché a quelle tecnicamente connesse». Bruno Ferrante, invece, è individuato come «datore di lavoro» ed è quindi «responsabile dell’attuazione delle prescrizioni e procedure impiantistiche che si renderanno necessarie in attuazione del provvedimento di Aia per gli impianti non interessati in alcun modo del provvedimento di sequestro preventivo». I quattro custodi avranno l’obbligo di trasmettere con cadenza settimanale relazioni sulle attività svolte.
Il nuovo provvedimento ha destato molta sorpresa. Anche perché è prassi che questi interventi vengano presi dalla procura. Ma giovedì si era riunito il pool investigativo, diretto dal procuratore Sabastio: al termine del summit era stato adottato un ordine di esecuzione consequenziale alla decisione del Riesame, che altro non è che il nuovo decreto ordinato dalla gip. Immediata la reazione dell’azienda, che ha annunciato ricorso al Riesame contro il nuovo provvedimento, giudicandolo «abnorme»” e frutto di «un’interpretazione personale delle decisioni del Riesame». Reazione a cui è seguita la convocazione urgente del Cda della società «per le determinazioni conseguenti». Diplomatico invece il ministro dell’ambiente, Corrado Clini: «La decisione di interrompere le attività di produzione dovrebbe essere guidata dalla tipologia degli interventi da realizzare che in alcuni casi richiedono la fermata di parti degli impianti e in altri casi suggeriscono invece il contrario». Preoccupato il presidente della Regione Puglia Nichi Vendola, secondo il quale «non si riesce a comprendere quale sia, secondo la magistratura, il destino dell’Ilva. Se siamo dinanzi ad un provvedimento irreversibile di spegnimento della fabbrica oppure se siamo invece dinanzi ad un percorso di prescrizioni da rispettare. È paradossale – aggiunge polemico il governatore – che una soluzione di svolta ambientale ma anche di salvezza per l’azienda risulti interdetta per via giudiziale». Infine per Confindustria e sindacati è prioritario consentire all’azienda di produrre, altrimenti le ricadute economiche ed occupazionali sarebbero gravissime. Ma la Procura ha da tempo deciso il destino dell’Ilva: risanare tutto o chiudere. Non ci sono alternative.
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