sabato 26 gennaio 2013

Debiti e derivati, la mela marcia sta nella finanza di Andrea Baranes, Il Manifesto

La vicenda Monte Paschi di Siena da alcuni giorni riempie le cronache. Si chiamano in causa comportamenti spregiudicati, l'ingerenza della politica, un sistema di potere «occulto» e via discorrendo.
Verrebbe da dire magari fosse così. Perché parleremmo di alcune proverbiali mele marce in un sistema sano. Come avviene da diversi anni per ogni singolo scandalo e crisi che investe il mondo bancario e finanziario ci sentiamo ripetere che singole persone in posizione chiave si sono fatte abbagliare dalla cupidigia e hanno violato le regole del gioco.

E invece no. Lo scandalo Monte Paschi nasce dal seguire alla lettera le possibilità attualmente offerte dalla finanza. Ancora peggio. Dall'utilizzo di strumenti, procedure e meccanismi che interessano la gran parte del sistema bancario e finanziario.

Cos'è successo? In attesa di conoscere i dettagli della vicenda (se mai emergeranno), capiamo i meccanismi di funzionamento. Negli scorsi anni Monte Paschi si lancia in una serie di operazioni rischiose. Trading sui mercati finanziari per moltiplicare i profitti, la scalata a banca Antonveneta a un prezzo molto elevato, e via discorrendo. Poco importa la natura di queste operazioni, il fatto è che non vanno come sperato, e la banca accumula delle perdite.

Il problema è che quando si pubblicano i bilanci, gli azionisti non sono per niente contenti di vedere delle perdite. Vogliono dei profitti, anche sostanziali, altrimenti si arrabbiano con i manager e riducono loro gli stipendi e i bonus. E allora cosa si fa? Semplice, si «aggiusta» il bilancio per farlo sembrare migliore di quanto non sia in realtà.
Ho un debito di 100 euro con un mio amico, ma non voglio che si sappia in giro. E allora mi metto d'accordo con questo mio amico. Facciamo una scommessa. Io non gli devo più ridare i 100 euro, ma se entro tre anni il Frosinone non vince scudetto e Champions League dovrò restituirgliene 500. È una follia, mi direte. Le possibilità sono praticamente nulle e invece di dovergli 100 euro avrò un debito di 500. Si, ma per me l'importante è il breve termine. Oggi posso dire in giro di non avere debiti, posso mostrare un bilancio scintillante. E il mio stipendio è legato a quanto brillano i miei numeri.

Tutto qui. In pratica la banca aveva un debito che grazie a un contratto derivato ha «spostato» su altre banche. Se e quanto questo debito riapparirà sui bilanci di Monte dei Paschi dipende da complicatissimi calcoli finanziari. Rimane il fatto che le grandi banche d'affari che costruiscono e vendono i derivati non sono delle sprovvedute. Nell'immediato hanno tolto dai bilanci di Monte Paschi il debito, ma nel medio periodo le possibilità che sia la banca senese a vincere non sono forse tanto distanti da quelle di vedere il capitano del Frosinone alzare la Champions cup da qui a tre anni (se vi interessa il linguaggio tecnico, Monte dei Paschi ha sottoscritto dei derivati chiamati swap che consentono lo scambio di due flussi di cassa, tipicamente un debito a tasso fisso con uno a tasso variabile).

Se in qualche modo questo meccanismo vi suona familiare, il principio è esattamente lo stesso dei derivati venduti agli enti locali in Italia, che hanno recentemente visto la condanna di quattro grandi banche nel processo contro il Comune di Milano. È esattamente lo stesso usato dalla Grecia per «abbellire» i bilanci pubblici ed entrare in Europa. È esattamente lo stesso usato da una buona parte delle grandi banche per fare sparire sotto il tappeto dei debiti subito prima di dovere pubblicare i bilanci semestrali. In questo modo il top management della banca mostra profitti a due cifre, gli azionisti sono contenti e i bonus si gonfiano.

Non sono poche mele marce, non è un abuso, non è uno scandalo e non è l'ingerenza della politica. È il normale funzionamento di questo sistema finanziario. Per favore, smettiamo di parlare di uno «scandalo Monte dei Paschi». È questa finanza a essere scandalosa. Non bisogna cambiare pochi manager che hanno tradito la fiducia dei risparmiatori. Bisogna cambiare, radicalmente, le regole del gioco dell'intero sistema finanziario. Introducendo una tassa sulle transazioni finanziarie, dei limiti e controlli sui derivati e via discorrendo. Come primo passo, come clienti scegliamo quelle banche che sostengono l'economia reale, e non affidiamo i nostri risparmi a chi se li va a giocare sul Frosinone campione d'Europa da qui a tre anni.


Foto: LA CRISI SPIEGATA IN MODO SEMPLICE...
Helga è la proprietaria di un bar, di quelli dove si beve forte. 
Rendendosi conto che quasi tutti i suoi clienti sono disoccupati e che quindi dovranno ridurre le consumazioni e frequentazioni, escogita un geniale piano di marketing, consentendo loro di bere subito e pagare in seguito. Segna quindi le bevute su un libro che diventa il libro dei crediti (cioè dei debiti dei clienti). 
La formula “bevi ora, paga dopo” è un successone: la voce si sparge, gli affari aumentano e il bar di Helga diventa il più importante della città. 

 Lei ogni tanto rialza i prezzi delle bevande e naturalmente nessuno protesta, visto che nessuno paga: è un rialzo virtuale. Così il volume delle vendite aumenta ancora. 

La banca di Helga, rassicurata dal giro d’affari, le aumenta il fido. In fondo, dicono i risk manager, il fido è garantito da tutti i crediti che il bar vanta verso i clienti: il collaterale a garanzia. 

 Intanto l’Ufficio Investimenti & Alchimie Finanziarie della banca ha una pensata geniale. Prendono i crediti del bar di Helga e li usano come garanzia per emettere un’obbligazione nuova fiammante e collocarla sui mercati internazionali: gli Sbornia Bond. 

I bond ottengono subito un rating di AA+ come quello della banca che li emette, e gli investitori non si accorgono che i titoli sono di fatto garantiti da debiti di ubriaconi disoccupati. Così, dato che rendono bene, tutti li comprano. 

Conseguentemente il prezzo sale, quindi arrivano anche i gestori dei Fondi pensione a comprare, attirati dall’irresistibile combinazione di un bond con alto rating, che rende tanto e il cui prezzo sale sempre. E i portafogli, in giro per il mondo, si riempiono di Sbornia Bond. 

Un giorno però, alla banca di Helga arriva un nuovo direttore che, visto che in giro c’è aria di crisi, tanto per non rischiare le riduce il fido e le chiede di rientrare per la parte in eccesso al nuovo limite. 

A questo punto Helga, per trovare i soldi, comincia a chiedere ai clienti di pagare i loro debiti. Il che è ovviamente impossibile essendo loro dei disoccupati che si sono anche bevuti tutti i risparmi. 

Helga non è quindi in grado di ripagare il fido e la banca le taglia i fondi. 

Il bar fallisce e tutti gli impiegati si trovano per strada. 

Il prezzo degli Sbornia Bond crolla del 90%. 

La banca che li ha emessi entra in crisi di liquidità e congela immediatamente l’attività: niente più prestiti alle aziende. L’attività economica locale si paralizza. 

Intanto i fornitori di Helga, che in virtù del suo successo, le avevano fornito gli alcolici con grandi dilazioni di pagamento, si ritrovano ora pieni di crediti inesigibili visto che lei non può più pagare. 

Purtroppo avevano anche investito negli Sbornia Bond, sui quali ora perdono il 90%. 

Il fornitore di birra inizia prima a licenziare e poi fallisce. 

Il fornitore di vino viene invece acquisito da un’azienda concorrente che chiude subito lo stabilimento locale, manda a casa gli impiegati e delocalizza a 6.000 chilometri di distanza. 

Per fortuna la banca viene invece salvata da un mega prestito governativo senza richiesta di garanzie e a tasso zero. 

Per reperire i fondi necessari il governo ha semplicemente tassato tutti quelli che non erano mai stati al bar di Helga perché astemi o troppo impegnati a lavorare. 

Bene, ora potete dilettarvi ad applicare la dinamica degli Sbornia Bond alle cronache di questi giorni, giusto per aver chiaro chi è ubriaco e chi sobrioLA CRISI SPIEGATA IN MODO SEMPLICE...
Helga è la proprietaria di un bar, di quelli dove si beve forte.
Rendendosi conto che quasi tutti i suoi clienti sono disoccupati e che quindi dovranno ridurre le consumazioni e frequentazioni, escogita un geniale piano di marketing, consentendo loro di bere subito e pagare in seguito. Segna quindi le bevute su un libro che diventa il libro dei crediti (cioè dei debiti dei clienti).
La formula “bevi ora, paga dopo” è un successone: la voce si sparge, gli affari aumentano e il bar di Helga diventa il più importante della città.
Lei ogni tanto rialza i prezzi delle bevande e naturalmente nessuno protesta, visto che nessuno paga: è un rialzo virtuale. Così il volume delle vendite aumenta ancora.
La banca di Helga, rassicurata dal giro d’affari, le aumenta il fido. In fondo, dicono i risk manager, il fido è garantito da tutti i crediti che il bar vanta verso i clienti: il collaterale a garanzia.
Intanto l’Ufficio Investimenti & Alchimie Finanziarie della banca ha una pensata geniale. Prendono i crediti del bar di Helga e li usano come garanzia per emettere un’obbligazione nuova fiammante e collocarla sui mercati internazionali: gli Sbornia Bond.
I bond ottengono subito un rating di AA+ come quello della banca che li emette, e gli investitori non si accorgono che i titoli sono di fatto garantiti da debiti di ubriaconi disoccupati. Così, dato che rendono bene, tutti li comprano.
Conseguentemente il prezzo sale, quindi arrivano anche i gestori dei Fondi pensione a comprare, attirati dall’irresistibile combinazione di un bond con alto rating, che rende tanto e il cui prezzo sale sempre. E i portafogli, in giro per il mondo, si riempiono di Sbornia Bond.
Un giorno però, alla banca di Helga arriva un nuovo direttore che, visto che in giro c’è aria di crisi, tanto per non rischiare le riduce il fido e le chiede di rientrare per la parte in eccesso al nuovo limite.
A questo punto Helga, per trovare i soldi, comincia a chiedere ai clienti di pagare i loro debiti. Il che è ovviamente impossibile essendo loro dei disoccupati che si sono anche bevuti tutti i risparmi.
Helga non è quindi in grado di ripagare il fido e la banca le taglia i fondi.
Il bar fallisce e tutti gli impiegati si trovano per strada.
Il prezzo degli Sbornia Bond crolla del 90%.
La banca che li ha emessi entra in crisi di liquidità e congela immediatamente l’attività: niente più prestiti alle aziende. L’attività economica locale si paralizza.
Intanto i fornitori di Helga, che in virtù del suo successo, le avevano fornito gli alcolici con grandi dilazioni di pagamento, si ritrovano ora pieni di crediti inesigibili visto che lei non può più pagare.
Purtroppo avevano anche investito negli Sbornia Bond, sui quali ora perdono il 90%.
Il fornitore di birra inizia prima a licenziare e poi fallisce.
Il fornitore di vino viene invece acquisito da un’azienda concorrente che chiude subito lo stabilimento locale, manda a casa gli impiegati e delocalizza a 6.000 chilometri di distanza.
Per fortuna la banca viene invece salvata da un mega prestito governativo senza richiesta di garanzie e a tasso zero.
Per reperire i fondi necessari il governo ha semplicemente tassato tutti quelli che non erano mai stati al bar di Helga perché astemi o troppo impegnati a lavorare.
Bene, ora potete dilettarvi ad applicare la dinamica degli Sbornia Bond alle cronache di questi giorni, giusto per aver chiaro chi è ubriaco e chi sobrio
 

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