venerdì 25 gennaio 2013

Un vietcong al Quirinale




Stanno male. Pur non essendo cani hanno il riflesso di Pavlov, vivono «condizionati», vivono da cani.
E' bastato infatti che Napolitano ricevesse al Quirinale per una normale, formale, ufficiale visita di Stato il segretario generale del Partito comunista del Vietnam, perché da parte di certa stampa si scatenasse una autentica canea contro il presidente della Repubblica. Al grido: «Solo uno "come" lui poteva farlo!». Dove uno "come" lui sta per uno dal passato comunista «come lui», uno che di quel Pci sempre ha avuto la tessera in tasca. Di quel Pci - mica l'avrete scordato! - che, tra le altre malefatte, mandava in giro per l'Italia tutti quei cortei scatenati a gridare yankee go home.
Va onestamente osservato che, nella presente occasione, poco gli è giovato, a Napolitano, quell'icona di comunista "quasi" buono (ala destra!), che gli hanno cucito addosso e che altre volte lo ha messo al riparo. No, un bel niente, sempre comunista «è stato» e «rimane», quindi bollato a vita.
Perciò nemmeno si sono accorti - nonostante i manifesti, i volantini, i comunicati, gli inviti - che si stanno svolgendo in Italia le Giornate per la celebrazione dei quarant'anni di amicizia (1973-2013) tra Italia e Repubblica Socialista del Vietnam, con tanto di mostre, convegni, spettacoli in numerose città italiane, a partire da Roma. Con inclusa visita di Stato del segretario comunista Trong e della delegazione ufficiale vietnamita. Semplice prassi di rito, in materia di relazioni fra Stati.
Macché, sono andati in bestia, hanno visto rosso (nel senso letterale del termine). Vietnam, basta la parola, ed è scattato il riflesso di Pavlov, il riflesso anticomunista, il riflesso del cane.
Del resto, Sartre lo diceva: «L'anticomunista è sempre un cane»

Maria R. Calderoni, Liberazione.it

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