domenica 6 gennaio 2013

Ingroia: tattiche, tatticismo e altro di Mauro Lenzi su Il Becco











Due parole sulle tattiche elettorali. Mi pare che la soluzione Ingroia sia la più razionale e positiva possibile in questa fase: non disperde, include, inserisce argomenti (i sistemi criminali) obiettivamente strategici per l’Italia.
Attenzione! Data la crisi della politica, tutto dura “lo spazio di un mattino” (Berlusconi 20 anni, la Lega non mi ricordo quanto, Segni chi se lo ricorda più, “la gioiosa macchina da guerra”???, l’IDV è solo il fantasma di se stesso, Vendola ha fallito l’OPA e nessuno se lo fila più, il M5S è già in declino) anche a sinistra per quella che, più radicale non si può (i 120mila iscritti al primo movimento per la Rifondazione Comunista, il milione di persone –più o meno- che vi hanno transitato, il movimento dei movimenti), ma la cosa riguarda anche le iniziative minori e più recenti, locali e nazionali… non è il caso di elencarle, qualcuno potrebbe offendersi.
Quindi le mosse “giuste” nei tempi “giusti” sono fondamentali. Perciò, presupposto il carattere transeunte di tutto ciò che accade oggi, la soluzione Ingroia è giusta! Il resto è tatticismo, cioè l’esasperazione della tattica piegata alle mille esigenze che si esprimono nella crisi della politica.
Basta scrivere che si è per il lavoro, l’ambiente e la pace, trovare qualche decina di firme, rispettabilissime, e si diventa il “vero nuovo che avanza”, la soluzione storica alla crisi della rappresentanza! C’è solo da sperare che la grafomania, incentivata dal web (che anziché “forza produttiva in espansione” è considerata spazio narcisistico), non debordi troppo e non contribuisca al fallimento dell’unica operazione politico-elettorale intelligente possibile. Operazione politico-elettorale, tuttavia.
È bene che le forze antiliberiste e, spero anche anticapitalistiche, entrino in Parlamento, e non vale perdere tempo nello spiegare perché; quello che tuttavia serve e, soprattutto servirà, è capire perché c’è e cos’è quella che chiamiamo crisi della politica e come affrontarla. Su questo mi piacerebbe invece soffermarmi: la crisi della politica.
In genere, nel parlare confuso, si fa discendere dalla corruzione della politica la crisi della rappresentanza e, quindi, basta ripartire dal basso, assemblee, rete, territori e facce nuove e tutto sarebbe risolto. A nessuno di costoro viene il dubbio di aver scambiato l’effetto con la causa ed infatti non vanno da nessuna parte (ripeto, trovano “soluzioni brillanti”, ma durano poco), d’altra parte anche chi ribadisce ad ogni piè sospinto che è tutta colpa dei padroni e conia ogni giorno nuove e più scarlatte parole d’ordine non aiuta a capire cosa effettivamente sta succedendo, né si domanda perché dietro di lui c’è sempre meno seguito.
Avrete notato che nel gran parlare di ambiente, modelli di sviluppo centralità ambientale, rispetto delle diversità, potere dal basso –ognuno nel suo territorio, finanziarizzazione, lavoro, precarietà, ec, ec, non si parla mai di “rapporti di produzione e riproduzione” e di “rapporti di proprietà” né di “forme dell’individualità”. Cioè tutto dovrebbe cambiare ma l’attuale forma della nostra individualità, dovrebbe restare quella in essere, credo considerata “naturale” e, perché dovrebbero cambiare i rapporti di produzione e di proprietà? Basta dirigerli con un ottica diversa, più equa, più giusta e rispettosa, se “ben diretto” questo sistema funzionerebbe perfettamente…si dicono i molti movimentisti e i molti “veri rivoluzionari”. Invece il problema sta proprio qui, in quei rapporti e nella forma dell’individualità che gli corrisponde. Il lavoro (s’intende quello salariato) è riproducibile? No!
Eppure s’insiste nel rivendicarlo e si chiede ai possessori di capitale di reivestire per creare occupazione, ma poi siccome sapremmo che i capitalisti sono cattivi, rivendichiamo che sia lo Stato ad investire, anche in deficit, pur di creare lavoro aggiuntivo, in quanto ciò è necessario per confermare le attuali forme della nostra individualità, che si basa su un reddito che deriva da un lavoro salariato. Non è in questo caso che si può andare oltre nelle implicazioni di questi accenni, sulle quali, viceversa, ritengo assolutamente necessario accapigliarsi, tuttavia si può sintetizzare così la questione: a questo livello dello sviluppo e in questa parte di mondo occidentale, è possibile pensare ad una riforma del sistema dei rapporti tale da garantire loro una ulteriore fase di espansione (del tipo per esempio del Welfare)?
Io credo che in pieno medio evo, quando il sistema feudale ha cominciato a dare segni di crisi, nella classe dirigente e intellettuale dell’epoca si parlasse di cosa fare per migliorare un sistema considerato “naturale” e eterno e che certo con alcuni accorgimenti (riforme) poteva rispondere al meglio alla crisi. Come sappiamo ci sono voluti un po’ di secoli ma, poi, alla fine, la borghesia ha imposto un altro sistema (totalmente diverso e costruito su altri rapporti di produzione e proprietà e un’altra forma dell’individualità), cha a sua volta ha considerato “naturale”. Come dovremmo sapere, grazie alle riflessioni di alcuni grandi personaggi, non di gran moda oggi, che il prossimo passaggio, se è giusto considerarlo epocale, distruggendo i precedenti rapporti, dovrebbe comportare l’uscita dalla preistoria dell’umanità, in quanto gli individui dovrebbero agire con la consapevolezza di costruire qualcosa di non “naturale”, rispondente ai propri bisogni, senza la necessità di un potere immanente che li sovrasti. Ribadisco, ottimo il percorso Ingroia, cerchiamo d’impegnarci a ridurre i danni di movimentisti e “veri rivoluzionari” ma, per favore, che riesca o meno l’intelligente operazione politico-elettorale, vogliamo cominciare a fare i conti con la realtà? Ma è mai possibile che dopo aver fatto la rivoluzione in tutto il mondo nel 900, rovesciandolo come un calzino, i comunisti si siano condannati all’inazione e addirittura anche a non capire cosa succede? D’altra parte è vero, nulla è per sempre e può darsi benissimo che se l’umanità troverà un futuro, che non può essere altro che il comunismo, ciò possa avvenire a dispetto di coloro che oggi si definiscono “comunisti”.

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