In politica non è ammessa l'ingenuità.
L'ho capito troppo tardi, quando mi sono accorta di essere caduta in una
«trappola», vittima delle mie stesse convinzioni. Questa è la peggiore
sensazione vissuta negli ultimi giorni. Non ho mai pensato che le
primarie per le candidature fossero un esercizio di democrazia, non
almeno quando a votare sono principalmente i militanti di un partito,
tanto più se piccolo. Se poi, oltre all'organizzazione, manca anche il
tempo e la preparazione cade tra Natale e Capodanno, è facile immaginare
che la scelta è ancor più ristretta. Eppure, pensavo che nonostante i
23 candidati garantiti dal listino - una scelta discutibile non tanto
per gli esterni
quanto per la segreteria più qualche
altro prescelto - sottoporsi alle primarie fosse una sfida da accettare.
Anche in condizioni difficili. In un contesto, quello laziale, che fin
dal congresso, con poche eccezioni, mi ha sempre mostrato ostilità. Ma
le compagne che sostenevano la mia candidatura - Chiara Ingrao, Luciana
Castellina e Luisa Morgantini - cui se ne sono aggiunte/i altre/i, penso
meritassero il mio sforzo per accreditarmi anche la fiducia dei
militanti di Sel.
Fin da subito ho capito che c'era chi giocava d'anticipo, in Sel non si aspetta l'accettazione della candidatura dagli organismi dirigenti, si anticipa l'uscita pubblica. Di solito i nomi dei candidati arriva via stampa. Nessuno poi potrà smentirli, sarebbe l'ammissione della mancanza di controllo o, meglio, di democrazia nelle scelte.
Pensavo che a Sel avrei potuto portare dei voti raccolti al di fuori della cerchia stretta del partito e dei militanti, come era successo nel 2009 quando, prima ancora della sua costituzione ufficiale, alle elezioni europee avevo raccolto oltre 30 mila preferenze nel centro Italia, con una campagna fatta quasi esclusivamente con i miei mezzi e l'aiuto di qualche compagno/a che mi invitava alle iniziative. Anche allora nel Lazio ben poche, a Roma nessuna, tranne quelle nazionali.
Lo dico perché c'erano tutti i presupposti della mia sconfitta, ma siccome avevo lanciato la mia autocandidatura e pensavo fosse necessario far arrivare in parlamento anche la voce di chi è impegnato sul terreno della pace, del disarmo, dei diritti delle donne non solo in Italia, per coerenza non mi sono sottratta ad una prova tremendamente dura e frustrante. Che non rinnego perché l'esperienza sul terreno è sempre molto illuminante. Mi sono trovata schiacciata tra due gruppi contrapposti, uno espressione della dirigenza attuale e l'altro che capeggiava la rivolta dei territori. Ha vinto il secondo. Si trattava di gruppi organizzati: la maggioranza dei coordinatori di circolo hanno dato a tutti gli iscritti indicazione di voto, era un loro diritto ma poco compatibile con primarie libere. Naturalmente non tutti i votanti hanno seguito le indicazioni, ma in alcuni circoli le maggioranze registrate sono bulgare.
La mia partecipazione a Sel non è mai stata determinata dall'obiettivo di essere eletta, che purtroppo pare invece essere la motivazione di molti, ma di riuscire a fare politica, portando avanti i temi che più mi stanno a cuore per sprovincializzare una politica troppo ripiegata sui temi di politica interna e poco incline a definire una collocazione internazionale del nostro paese. Il paradosso nell'era della globalizzazione e delle rivolte arabe.
Il mio impegno in Sel non si esaurisce nelle campagne elettorali, la mia militanza continua con lo spirito critico che mi contraddistingue, nella speranza che si rompano quegli steccati che non favoriscono la democrazia interna.
Fin da subito ho capito che c'era chi giocava d'anticipo, in Sel non si aspetta l'accettazione della candidatura dagli organismi dirigenti, si anticipa l'uscita pubblica. Di solito i nomi dei candidati arriva via stampa. Nessuno poi potrà smentirli, sarebbe l'ammissione della mancanza di controllo o, meglio, di democrazia nelle scelte.
Pensavo che a Sel avrei potuto portare dei voti raccolti al di fuori della cerchia stretta del partito e dei militanti, come era successo nel 2009 quando, prima ancora della sua costituzione ufficiale, alle elezioni europee avevo raccolto oltre 30 mila preferenze nel centro Italia, con una campagna fatta quasi esclusivamente con i miei mezzi e l'aiuto di qualche compagno/a che mi invitava alle iniziative. Anche allora nel Lazio ben poche, a Roma nessuna, tranne quelle nazionali.
Lo dico perché c'erano tutti i presupposti della mia sconfitta, ma siccome avevo lanciato la mia autocandidatura e pensavo fosse necessario far arrivare in parlamento anche la voce di chi è impegnato sul terreno della pace, del disarmo, dei diritti delle donne non solo in Italia, per coerenza non mi sono sottratta ad una prova tremendamente dura e frustrante. Che non rinnego perché l'esperienza sul terreno è sempre molto illuminante. Mi sono trovata schiacciata tra due gruppi contrapposti, uno espressione della dirigenza attuale e l'altro che capeggiava la rivolta dei territori. Ha vinto il secondo. Si trattava di gruppi organizzati: la maggioranza dei coordinatori di circolo hanno dato a tutti gli iscritti indicazione di voto, era un loro diritto ma poco compatibile con primarie libere. Naturalmente non tutti i votanti hanno seguito le indicazioni, ma in alcuni circoli le maggioranze registrate sono bulgare.
La mia partecipazione a Sel non è mai stata determinata dall'obiettivo di essere eletta, che purtroppo pare invece essere la motivazione di molti, ma di riuscire a fare politica, portando avanti i temi che più mi stanno a cuore per sprovincializzare una politica troppo ripiegata sui temi di politica interna e poco incline a definire una collocazione internazionale del nostro paese. Il paradosso nell'era della globalizzazione e delle rivolte arabe.
Il mio impegno in Sel non si esaurisce nelle campagne elettorali, la mia militanza continua con lo spirito critico che mi contraddistingue, nella speranza che si rompano quegli steccati che non favoriscono la democrazia interna.
Raffaele
‘Cucco’ Petrone ha pubblicato qualcosa a Nichi Vendola
Nichi,
te lo dico da amico e da compagno (benchè militante in una diversa forza
politica), io ti conosco e so bene che se tu avessi visto quello che è accaduto
qui a Salerno non resteresti inerte dinnanzi a tanto schifo. Ma so che tutto
questo accade alle tue spalle e allora ti chiedo:
a) ti pare normale e credibile che in una provincia in cui il 25 novembre hai
avuto 8992 voti (Salerno) a fine dicembre si registrino 8.798 voti alle
primarie, pari al 97,8% di “ritorno alle urne”?
b) Ti pare normale e credibile che in un seggio (la sede della Federazione di
Sa) vadano a votare dalle 12 alle 20, 480 persone (in 480 minuti)?
c) Ti pare normale e credibile che in un comune del salernitano, a fronte di
180 voti novembrini si registrino 550 voti alle primarie, al punto che le
schede non sono bastate e si è fatto ricorso alle fotocopie?
d) Ti pare normale e credibile che l’88% di questi voti vadano ad un solo
compagno che si ritrova quindi non solo (con oltre 7.000 voti) ad essere il più
votato d’Italia, ma a prendere, da solo, più voti di tutti i candidati di
intere regioni (Lombardia, Liguria, Toscana ecc.) ?
b) Ti pare normale e credibile che tutto ciò avvenga SENZA UN SOLO MINUTO DI
FILA IN NESSUN COMUNE, anzi senza quasi che la cittadinanza nemmeno si accorga
che sono in corso le primarie?
Chiunque
davanti a queste cifre resta più che perplesso; e io che ti conosco da venti
anni, so che certe schifezze tu non le consentiresti mai: l’essenziale è
riuscire a fartele conoscere superando lo sbarramento dei “filtri” di chi vuole
coprire certe nequizie.
Ti abbraccio.
Cucco Petrone
Ricorsi, proteste e polemiche: è caos per le parlamentarie di Sel in Campania
Schede fotocopiate, numero di voti spropositato, risultati di alcuni comuni arrivati con ritardi sospetti: le elezioni primarie per la composizione delle liste del partito di Nichi Vendola lasciano una scia di veleni che rischia di inficiare il senso delle consultazioni dal basso
di Vincenzo Iurillo, Il Fatto Quotidiano
Ricorsi, proteste e polemiche sotto
traccia. Le parlamentarie di Sel
in Campania
si lasciano dietro una scia di veleni che preoccupa Nichi Vendola. Una
scia coperta – per ora – dalla clausola di riservatezza che i candidati hanno
dovuto sottoscrivere per partecipare alla competizione. Ma qualcosa sta
filtrando. Un elenco di anomalie lungo e dettagliato. A otto ore dalla chiusura
dei seggi, a Portici,
San Giorgio e Cremano e Procida,
nella provincia di Napoli, ancora non erano pronti i risultati finali dello
scrutinio. Proprio i dati provenienti da questi comuni sarebbero stati decisivi
per ribaltare alcune delle posizioni utili all’elezione, con il sorpasso al
terzo posto di Aniello
Iacomino ai danni di
Tonino Scala.
In questi comuni si è registrato un anomalo
‘boom’ di affluenza: al primo turno delle primarie di novembre tra Portici e
San Giorgio, popolose città del napoletano, in circa 1300 votarono Nichi
Vendola, ma ben 2300 hanno poi partecipato alle parlamentarie del partito
guidato dal Governatore della Puglia.
E in un seggio di San Giorgio hanno ritrovato 187 schede fotocopiate, estranee
al pacchetto di schede assegnate secondo un criterio che avrebbe dovuto mettere
al riparo dal fenomeno delle truppe cammellate: il numero dei voti di Vendola
al primo turno delle primarie più un’aliquota di poco più del 20%. In alcuni
casi abbondantemente superata nel corso delle operazioni di voto. Solo che in
certi seggi sarebbero arrivate schede fresche di rinforzo, e in altri no, tanto
che a Castellammare di
Stabia il seggio è stato chiuso con una mezz’ora di anticipo
causa mancanza di schede. Le schede fotocopiate sono state annullate dal
computo di San Giorgio. Ma solo quelle. E’ tutto nero su bianco in alcuni
documenti e ricorsi preparati tra Napoli
e Salerno,
sui quali Sel dovrà pronunciarsi con urgenza: nella mattinata di oggi Vendola
infatti riunisce la
direzione nazionale per la composizione delle liste elettorali
e nel pomeriggio dovrebbe presentare i capilista alla stampa.
C’è anche un corposo capitolo Salerno.
Nella città di Campagna,
15mila abitanti, il seggio Sel misteriosamente non è stato allestito. Ad
Olevano sul Tusciano invece non sono arrivate le schede. Nella sede della Federazione
Provinciale di Salerno – secondo un esposto del circolo Sel di Eboli – a
mezzogiorno avrebbero votato solo 10 persone in tre ore, e poi fino alle 20
avrebbero votato in 480 (uno al minuto). A Pagani, circa 30mila abitanti, il 25
novembre Vendola aveva ottenuto poco più di 200 voti. Quindi il circolo avrebbe
dovuto ricevere circa 260 schede. Ne avrebbero inviate 500. E infine i voti
espressi alle parlamentarie sarebbero stati 694.
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