lunedì 7 gennaio 2013

Non è vero che i partiti sono tutti uguali. di Massimo Malerbo, www.violapost.it


Pare che l’invito al “passo indietro” rivolto da Antonio Ingroia ai leader dei partiti sia stato raccolto. Ieri, dal suo blog, è stato Antonio Di Pietro a rassicurare chi paventava l’occupazione della Lista Ingroia da parte delle burocrazie di partito: “Non mi presenterò capolista alle prossime elezioni politiche -ha detto Di Pietro- le liste Rivoluzione Civile Ingroia saranno capeggiate da esponenti della società civile che per la loro storia personale rappresentino qualcosa. Per me sarà un onore riavere in Parlamento chi per 5 anni ha fatto opposizione a Berlusconi prima e a Monti dopo.”
Qualche tempo fa anche Paolo Ferrero, segretario di Rifondazione Comunista, si era espresso più o meno negli stessi termini. Insomma, se alle parole seguiranno i fatti, in testa alle liste di Ingroia non dovrebbero figurare esponenti dei partiti. Un caso unico nel panorama elettorale che si va dispiegando. Ad eccezione del Movimento Cinque Stelle non  vi è alcuna lista, infatti, in cui i capipartito e i loro apparati non figurino nelle posizioni di testa: dal Pd a Sel, per non parlare della Lista Monti, della Lega e di Berlusconi.
Eppure, sia Di Pietro che Ferrero, avrebbero tutti i titoli per rivendicare posizioni di testa nella liste essendo gli unici leader politici che in questi anni – dentro e fuori il Parlamento – hanno tenuto dritta la barra dell’opposizione a Berlusconi prima e Monti dopo. E’ forse un segreto che tutte le grandi mobilitazioni democratiche di questi anni – a partire dal No Berlusconi Day (e chi scrive ne sa qualcosa essendone il promotore) fino ai referendum – sono scaturite dal lavoro di cooperazione tra questi soggetti politici e la cosiddetta società civile. C’erano la società civile e i comitati referendari ma anche loro dietro ai banchetti a raccogliere le firme per i referendum sui beni comuni e sul lavoro. Così come c’era la società civile ma anche loro nelle piazze a contestare i fallimentari provvedimenti del governo tecnico. E persino l’affermazione elettorale delle grandi esperienze municipali, come quelle di Napoli con Luigi De Magistris e Palermo con Leoluca Orlando, sono state il frutto di quell’intreccio virtuoso (partiti, società civile) che oggi si aggrega attorno alla lista “Rivoluzione Civile”.
Ora, anche a noi verrebbe comodo sparare a zero sui partiti e i loro leader, come se fossero tutti uguali. Troveremmo grande apprezzamento in quella parte (maggioritaria) di opinione pubblica che vede, spesso a ragione, i partiti come fumo negli occhi. Ma non saremmo onesti né coerenti con quel lungo percorso di mobilitazione e di lotta che tanti risultati ha prodotto in questi anni. E, soprattutto, non coglieremmo per questa via le enormi potenzialità di quell’intreccio virtuoso (che Ingroia definisce la società civile più la buona politica) che oggi, dopo anni di protesta, con “Rivoluzione Civile”, diventa proposta politica per il governo del Paese.

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