Pare che l’invito al “passo indietro” rivolto da Antonio Ingroia ai
leader dei partiti sia stato raccolto. Ieri, dal suo blog, è stato
Antonio Di Pietro a rassicurare chi paventava l’occupazione della Lista
Ingroia da parte delle burocrazie di partito: “Non mi presenterò
capolista alle prossime elezioni politiche -ha detto Di Pietro- le liste
Rivoluzione Civile Ingroia saranno capeggiate da esponenti della
società civile che per la loro storia personale rappresentino qualcosa.
Per me sarà un onore riavere in Parlamento chi per 5 anni ha fatto
opposizione a Berlusconi prima e a Monti dopo.”
Qualche tempo fa anche Paolo Ferrero, segretario di Rifondazione
Comunista, si era espresso più o meno negli stessi termini. Insomma, se
alle parole seguiranno i fatti, in testa alle liste di Ingroia non
dovrebbero figurare esponenti dei partiti. Un caso unico nel panorama
elettorale che si va dispiegando. Ad eccezione del Movimento Cinque
Stelle non vi è alcuna lista, infatti, in cui i capipartito e i loro
apparati non figurino nelle posizioni di testa: dal Pd a Sel, per non
parlare della Lista Monti, della Lega e di Berlusconi.
Eppure, sia Di Pietro che Ferrero, avrebbero tutti i titoli per
rivendicare posizioni di testa nella liste essendo gli unici leader
politici che in questi anni – dentro e fuori il Parlamento – hanno
tenuto dritta la barra dell’opposizione a Berlusconi prima e Monti dopo.
E’ forse un segreto che tutte le grandi mobilitazioni democratiche di
questi anni – a partire dal No Berlusconi Day (e chi scrive ne sa
qualcosa essendone il promotore) fino ai referendum – sono scaturite dal
lavoro di cooperazione tra questi soggetti politici e la cosiddetta
società civile. C’erano la società civile e i comitati referendari ma
anche loro dietro ai banchetti a raccogliere le firme per i referendum
sui beni comuni e sul lavoro. Così come c’era la società civile ma anche
loro nelle piazze a contestare i fallimentari provvedimenti del governo
tecnico. E persino l’affermazione elettorale delle grandi esperienze
municipali, come quelle di Napoli con Luigi De Magistris e Palermo con
Leoluca Orlando, sono state il frutto di quell’intreccio virtuoso
(partiti, società civile) che oggi si aggrega attorno alla lista
“Rivoluzione Civile”.
Ora, anche a noi verrebbe comodo sparare a zero sui partiti e i loro leader, come se fossero tutti uguali. Troveremmo grande apprezzamento in quella parte (maggioritaria) di opinione pubblica che vede, spesso a ragione, i partiti come fumo negli occhi. Ma non saremmo onesti né coerenti con quel lungo percorso di mobilitazione e di lotta che tanti risultati ha prodotto in questi anni. E, soprattutto, non coglieremmo per questa via le enormi potenzialità di quell’intreccio virtuoso (che Ingroia definisce la società civile più la buona politica) che oggi, dopo anni di protesta, con “Rivoluzione Civile”, diventa proposta politica per il governo del Paese.
Ora, anche a noi verrebbe comodo sparare a zero sui partiti e i loro leader, come se fossero tutti uguali. Troveremmo grande apprezzamento in quella parte (maggioritaria) di opinione pubblica che vede, spesso a ragione, i partiti come fumo negli occhi. Ma non saremmo onesti né coerenti con quel lungo percorso di mobilitazione e di lotta che tanti risultati ha prodotto in questi anni. E, soprattutto, non coglieremmo per questa via le enormi potenzialità di quell’intreccio virtuoso (che Ingroia definisce la società civile più la buona politica) che oggi, dopo anni di protesta, con “Rivoluzione Civile”, diventa proposta politica per il governo del Paese.
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