Ha ragione Renzi : è finita l’epoca degli inciuci. Il plebiscito ricevuto ai gazebo da parte del popolo del Pd (ammesso che sia stato solo quello ad accorrere alle primarie) rende del tutto superflua la necessità di cercare alleanze con il centro destra: Renzi infatti è il centro destra. Sono ormai anni che si accredita come leader succedaneo di un Berlusconi decadente e decaduto, con un progetto di tipo neo-democristiano.
Questo ritorno al passato, in diretto contrasto con l’anagrafe del primo cittadino di Firenze, potrebbe sembrare patetico e completamente avulso proprio da quelle istanze di rinnovamento, interpretate del sindaco con maglioncino. Ma la sua incoronazione è una delle più inquietanti dimostrazioni non solo del disorientamento di un intero elettorato che pare galleggiare come un osso di seppia sulle molte derive del Paese, ma anche della facilità con la quale i poteri forti possono riuscire a distruggere la cultura di un partito, imponendo un personaggio mediatico, costruito a tavolino e sovvenzionato sotto il tavolino.
Nella realtà mentre tutti fingono di parlare in nome di una proposta politica di Renzi, è facile accorgersi che si tratta solo di un insieme di titoli, di frasi fatte e di invocazioni rituali al rinnovamento, dietro alle quali esiste solo un palinsesto, una regia e una sceneggiatura da reality. Lo scopo finale è quello di sottrarre l’Italia a qualunque tentazione socialdemocratica che possa mettere in crisi la cortina di ferro ideologica che ormai divide l’Europa in una periferia di rango ormai coloniale e i Paesi forti , sinergicamente alleati ai poteri finanziari.
La candidatura di Renzi alle primarie precedenti, quelle perse contro Bersani, fu tenuta a battesimo da Blair, la ministra tedesca del Lavoro, e dagli alti papaveri della Morgan Stanley, e in queste dalla stessa Merkel: fin dall’inizio perciò erano influenti quelle forze che adesso si attendono una doverosa gratitudine in termini di politica interna ed esterna.
La pretesa di Renzi, espressa nel Discorsi della Corona, di aver solo messo fuori gioco un vecchio ceto politico di sinistra, ma non la sinistra stessa, non ha alcuna consistenza e nessuna credibilità alla luce degli innumerevoli endorsement del nuovo segretario nei confronti del massacro del lavoro e delle benedizioni ricevute allo scoccare della mezzanotte, compresa quella del patron Berlusconi, giunta nell’ora fatidica in cui, al contrario delle favole, le zucche si trasformano in carrozze.
Non ci vorrà molto tempo per far capire al popolo dei gazebo che il rinnovamento auspicato da Renzi e le riforme cui fa riferimento sono diretti anche contro di loro e che la mitridatizzazione somministrata con una serie di dosi sempre più massicce di rinuncia agli ideali, comporterà una drammatica difficoltà di interpretare la tragedia del Paese.
L’irruzione dei forconi che ha guastato la festa è solo il primo sintomo di un distacco e dell’incapacità di riconoscere la geografia del Paese reale, non le sue patologie perché di queste fa parte proprio questo scollamento fra il terreno, autoreferenziale al limite dell’autismo, in cui si muove la politica e una società sempre meno civile.
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