“Il gioco d’azzardo può creare dipendenza, gioca il giusto”. La frase degli spot, letta così a precipizio che nemmeno la si capisce è ormai un must dell’ipocrisia italiana che pretende di salvarsi la coscienza con una qualche supercazzola. Ma il governo giustamente non ha tenuto conto di questo posticcio appello alla moderazione: su input del ministro dell’interno Alfano e della sua formazione metastatica staccatasi dal tumore principale, è stato varato un emendamento che penalizza i Comuni che si oppongano alla diffusione dello slot machine sul loro territorio.
A pochi giorni dalla discussione di una legge sulla prevenzione della ludopatia, il clan dei biscazzieri e cravattari ha messo a segno il colpaccio: tutto ciò che seguirà sarà solo uno spot da quattro soldi per prenderci in giro. I titolari delle licenze ricattano uno stato stato ridotto alla questua, incapace di riscattarsi, anzi sempre più attirato – per “necessità” naturalmente – nel cono dell’economia opaca. E addirittura il gruppo dei gestori delle slot, dopo aver evitato le multe per le proprie evasioni ormai costituisce un clan che pretende di fare il bello e cattivo tempo: in caso di irregolarità (ma chi le scoprirà mai con questo popò di coperture) potranno continuare a fare casino per tre mesi e dopo potrà subentrare solo chi è già titolare delle licenze. Insomma mafia perpetua.
Ecco il bel risultato della stabilità voluta dal Palazzo, del vecchio che comanda e del nuovo che avanza: rastrellare soldi senza alcun ritegno e bastonare chi per caso si opponga. Sapendo perfettamente che questo significa nuovi drammi, sviluppo dell’usura e dei poteri criminali. Ma chi se ne frega pur di raccogliere qualche spicciolo per far vedere all’Europa che siamo alunni diligenti. Naturalmente Alfano ha avuto molti complici, tra cui 140 senatori del Pd, Scelta civica ( mai nome è stato più menzognero) e altro fritto misto risultante dalle compravendite parlamentari. Ci sarebbe da tiragli le monetine, ma per carità non in segno di disprezzo, solo la giusta mancia “pour les employeurs”.
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