Come accadde per il socialismo reale, laddove l’aggettivo reale si mangiò il sostantivo socialismo, così può accadere per l’Europa reale. Questa Europa, infatti, per come si è andata edificando in questo trentennio segnato dall’egemonia neoliberista, sta disperdendo ogni valore profondo che connota il suo nome. La costruzione dell’Unione europea è stata caratterizzata da un economicismo e da una subalternità alla globalizzazione che ha rappresentato non l’inveramento del sogno europeo ma la sua radicale negazione. Non solo: l’Europa reale ha stracciato persino gli elementi di civiltà. Come si possono definire le politiche verso i migranti se non come barbarie che rinnegano le antiche culture dell’ospitalità, dell’asilo e addirittura del salvataggio? Considerando poi che la negazione del diritto alla mobilità per la ricerca di lavoro riporta a una dimensione neofeudale, venendo peraltro utilizzata per determinare condizioni di lavoro neoservili e di cittadinanza differenziale.
Purtroppo l’Europa reale si è andata istituendo con il concorso delle principali famiglie politiche europee, che hanno contribuito in tal modo ad uno stravolgimento della politica che da forma di partecipazione, sulla base del conflitto e di diverse idee di società, si è trasformata in struttura servile della governance di sistema. Le larghe intese, formali o sostanziali, sono la formula politica dominante in questa epoca. Esse prevedono o grandi coalizioni o alternanze tra forze che però esplicitamente o implicitamente accettano lo status quo. I principali provvedimenti sono stati condivisi dai principali partiti europei, a partire dal popolare e dal socialista. E, in una sorta di rovesciamento delle unità antifasciste costituenti del dopoguerra, ora le larghe intese sono lo strumento della decostituzionalizzazione.
Questa lettura tragicamente critica della realtà è tale da richiedere una rottura necessaria e radicale col régime e la messa in campo di una vera e propria lotta di liberazione. Il régime prova oggi a rilegittimarsi evocando un comune sentire contro i populismi e l’antieuropeismo: ma è una politica mistificatoria e pericolosa insieme. Infatti populismi, neofascismi, xenofobie e antieuropeismo sono esattamente l’altra faccia della medaglia delle politiche agite dall’Europa reale.
Le prossime elezioni europee non saranno la soluzione a questa vera e propria crisi di civiltà. Noi vorremmo però, ed è questione che pone Alba, che potessero essere un momento di reale presa di coscienza di massa della dimensione nuova della politica e della lotta di cambiamento. Come è noto, si voterà questa volta avendo messe in gioco anche le candidature per la Presidenza della Commissione Europea, la cui scelta spetta ora al Parlamento Europeo sulla base dei risultati delle elezioni e in rapporto al Consiglio. Noi sappiamo che non è certo il presidenzialismo la democratizzazione di questa Europa, anzi. C’è il rischio che dietro lo slogan «Stati Uniti d’Europa» passi un’ulteriore tappa della costruzione di un vero mostro politico in cui il presidenzialismo non ha nemmeno i contrappesi democratici nord americani ed anzi si somma alla troika e alla espropriazione dei Parlamenti. Le riforme democratiche necessarie sono ben altre e si fondano sulla Costituzionalizzazione della Europa in relazione e sintonia con le Carte esistenti e non in negazione di esse.
La possibilità dell’indicazione di una candidatura per la Presidenza è però una possibilità che potrebbe aiutare ad identificare un punto di riferimento e un sistema di forze che si ritrovano nell’obiettivo di avviare un processo di liberazione. Va in questa direzione la candidatura di Alexis Tsipras, il giovane leader della greca Syriza. La candidatura ha un grande valore simbolico e politico proprio perché nasce dal cuore di una lotta di resistenza e di liberazione che ha avuto la capacità di conquistare amplissimi strati della cittadinanza greca e insieme di parlare alle altre realtà di lotta fuori dalla Grecia.
C’è in questa candidatura il profilo emblematico di una lotta contro l’Europa reale e per un’Europa libera e democratica. Un’Europa che nasce dal ripudio dell’austerità e dei trattati e memorandum che la impongono. Che si muove fuori dall’ormai esausto asse franco-tedesco, ridotto peraltro ad una sola dimensione, quella dell’Europa germanica.
Naturalmente la candidatura di Alexis Tsipras è tanto più forte quanto più saprà arricchirsi di soggetti che sono un programma e programmi che sono soggetti. Una idea di alleanza tra i Paesi del Sud d’Europa per cambiare l’intera Europa, ricostruendola su basi comunitarie. La pratica dell’economia ecologica e solidale che proprio dal e nel Mediterraneo trova la sua culla. Nuovi valori costituenti per una nuova Europa come i beni comuni, il reddito di cittadinanza, il salario europeo. Il riconoscimento del fondamentale apporto di un pensiero, quello delle donne, nella costruzione di una visione europea di giustizia ed eguale dignità. I giovani, oggi generazione perduta, già fuori dalla Costituzione reale, e invece partigiani della liberazione indispensabile. I migranti, come simboli viventi oggi della barbarie e nell’Europa liberata di quella idea di cittadinanza universale cui il mito di Europa, principessa fenicia, ci rimanda.
Noi vorremmo che quanto si rende possibile con la candidatura di Alexis Tsipras lo sia anche per l’Italia. Qui, più che altrove, vecchie forme della politica sono state sconfitte e più acuto è il bisogno di cambiamento. Per questo la candidatura di Alexis Tsipras appare a noi come una occasione da non mancare. Per farlo serve che la dimensione della sfida che vive nella sua candidatura sia colta e praticata appieno. Che viva la dimensione europea anche nelle forme e nelle pratiche della campagna elettorale con una intersecazione visibile e vissuta dei soggetti con cui ci si coalizza per la lotta di liberazione: i giovani, i popoli del Sud, i movimenti dell’altra Europa, le lotte territoriali che aspirano a un’Europa a democrazia territoriale. La strada per la ricostruzione di un soggetto politico nuovo naturalmente è lunga e impervia, la si può percorrere attraverso le giuste battaglie. E quelle per un voto ad Alexis Tsipras e alle lotte di liberazione dell’Europa lo può sicuramente essere per molte e molti.
Purtroppo l’Europa reale si è andata istituendo con il concorso delle principali famiglie politiche europee, che hanno contribuito in tal modo ad uno stravolgimento della politica che da forma di partecipazione, sulla base del conflitto e di diverse idee di società, si è trasformata in struttura servile della governance di sistema. Le larghe intese, formali o sostanziali, sono la formula politica dominante in questa epoca. Esse prevedono o grandi coalizioni o alternanze tra forze che però esplicitamente o implicitamente accettano lo status quo. I principali provvedimenti sono stati condivisi dai principali partiti europei, a partire dal popolare e dal socialista. E, in una sorta di rovesciamento delle unità antifasciste costituenti del dopoguerra, ora le larghe intese sono lo strumento della decostituzionalizzazione.
Questa lettura tragicamente critica della realtà è tale da richiedere una rottura necessaria e radicale col régime e la messa in campo di una vera e propria lotta di liberazione. Il régime prova oggi a rilegittimarsi evocando un comune sentire contro i populismi e l’antieuropeismo: ma è una politica mistificatoria e pericolosa insieme. Infatti populismi, neofascismi, xenofobie e antieuropeismo sono esattamente l’altra faccia della medaglia delle politiche agite dall’Europa reale.
Le prossime elezioni europee non saranno la soluzione a questa vera e propria crisi di civiltà. Noi vorremmo però, ed è questione che pone Alba, che potessero essere un momento di reale presa di coscienza di massa della dimensione nuova della politica e della lotta di cambiamento. Come è noto, si voterà questa volta avendo messe in gioco anche le candidature per la Presidenza della Commissione Europea, la cui scelta spetta ora al Parlamento Europeo sulla base dei risultati delle elezioni e in rapporto al Consiglio. Noi sappiamo che non è certo il presidenzialismo la democratizzazione di questa Europa, anzi. C’è il rischio che dietro lo slogan «Stati Uniti d’Europa» passi un’ulteriore tappa della costruzione di un vero mostro politico in cui il presidenzialismo non ha nemmeno i contrappesi democratici nord americani ed anzi si somma alla troika e alla espropriazione dei Parlamenti. Le riforme democratiche necessarie sono ben altre e si fondano sulla Costituzionalizzazione della Europa in relazione e sintonia con le Carte esistenti e non in negazione di esse.
La possibilità dell’indicazione di una candidatura per la Presidenza è però una possibilità che potrebbe aiutare ad identificare un punto di riferimento e un sistema di forze che si ritrovano nell’obiettivo di avviare un processo di liberazione. Va in questa direzione la candidatura di Alexis Tsipras, il giovane leader della greca Syriza. La candidatura ha un grande valore simbolico e politico proprio perché nasce dal cuore di una lotta di resistenza e di liberazione che ha avuto la capacità di conquistare amplissimi strati della cittadinanza greca e insieme di parlare alle altre realtà di lotta fuori dalla Grecia.
C’è in questa candidatura il profilo emblematico di una lotta contro l’Europa reale e per un’Europa libera e democratica. Un’Europa che nasce dal ripudio dell’austerità e dei trattati e memorandum che la impongono. Che si muove fuori dall’ormai esausto asse franco-tedesco, ridotto peraltro ad una sola dimensione, quella dell’Europa germanica.
Naturalmente la candidatura di Alexis Tsipras è tanto più forte quanto più saprà arricchirsi di soggetti che sono un programma e programmi che sono soggetti. Una idea di alleanza tra i Paesi del Sud d’Europa per cambiare l’intera Europa, ricostruendola su basi comunitarie. La pratica dell’economia ecologica e solidale che proprio dal e nel Mediterraneo trova la sua culla. Nuovi valori costituenti per una nuova Europa come i beni comuni, il reddito di cittadinanza, il salario europeo. Il riconoscimento del fondamentale apporto di un pensiero, quello delle donne, nella costruzione di una visione europea di giustizia ed eguale dignità. I giovani, oggi generazione perduta, già fuori dalla Costituzione reale, e invece partigiani della liberazione indispensabile. I migranti, come simboli viventi oggi della barbarie e nell’Europa liberata di quella idea di cittadinanza universale cui il mito di Europa, principessa fenicia, ci rimanda.
Noi vorremmo che quanto si rende possibile con la candidatura di Alexis Tsipras lo sia anche per l’Italia. Qui, più che altrove, vecchie forme della politica sono state sconfitte e più acuto è il bisogno di cambiamento. Per questo la candidatura di Alexis Tsipras appare a noi come una occasione da non mancare. Per farlo serve che la dimensione della sfida che vive nella sua candidatura sia colta e praticata appieno. Che viva la dimensione europea anche nelle forme e nelle pratiche della campagna elettorale con una intersecazione visibile e vissuta dei soggetti con cui ci si coalizza per la lotta di liberazione: i giovani, i popoli del Sud, i movimenti dell’altra Europa, le lotte territoriali che aspirano a un’Europa a democrazia territoriale. La strada per la ricostruzione di un soggetto politico nuovo naturalmente è lunga e impervia, la si può percorrere attraverso le giuste battaglie. E quelle per un voto ad Alexis Tsipras e alle lotte di liberazione dell’Europa lo può sicuramente essere per molte e molti.
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