Il Pd gradirebbe che Rivoluzione Civile di Ingroia, Di Pietro & C.
ritirasse i suoi candidati in Lombardia, in Campania e in Sicilia, cioè
nelle tre regioni decisive per assicurare al primo classificato la
maggioranza non solo alla Camera, ma anche al Senato. Sulla carta,
l’auspicio per un patto di desistenza è perfettamente comprensibile e
persino legittimo. Nella realtà dei fatti accaduti in questo inizio di
campagna elettorale, un po’ meno. Vediamo perché. Al momento della sua
entrata in politica, Ingroia si appellò alle forze ritenute più vicine,
cioè al Pd e a Grillo, per dialogare sui programmi ed eventuali
alleanze. Grillo rispose che non era interessato, ma rispose: stima per
la persona di Ingroia, ma non per il suo ruolo di “foglia di fico” dei
vecchi partiti che aderiscono alla sua lista. Bersani nemmeno gli
rispose al telefono, anzi sguinzagliò i giannizzeri ad attaccare Ingroia
come portatore di un non meglio precisato “giustizialismo” e di una
fantomatica “guerra al Quirinale” (che, come i nostri lettori ben sanno,
non è mai esistita).Pensavano, gli strateghi di via del Nazareno, che
Rivoluzione Civile fosse un pelo superfluo da ignorare o almeno
snobbare. Naturalmente è così: vedi i sondaggi, che danno il movimento
sopra il 5 per cento, quanto basta già ora per superare il quorum
d’accesso alla Camera. E per ridicolizzare il famoso Casini, noto
frequentatore di se stesso e di parenti stretti, per anni inseguito dai
geni pidini che l’avevano scambiato per un trascinatore di folle
oceaniche. Ora, Rivoluzione Civile ha al primo punto la questione morale
e al secondo quella sociale, come dimostrano alcuni suoi
candidati-simbolo. E anche il Pd, almeno a parole. Nei fatti, però,
dietro alla foglia di fico di alcuni sindacalisti, schiera l’ex dg di
Confindustria, Galli, e il professor Dell’Aringa, che considerano la
Fornero una blanda mammoletta. E, dietro alla foglia di fico dell’ex
procuratore nazionale antimafia Grasso, candida condannati, imputati,
indagati, portatori di conflitti d’interessi e amici degli amici.
Soprattutto in Campania e in Sicilia, cioè in due delle tre regioni dove
Ingroia dovrebbe accettare la desistenza. Che cos’è, uno scherzo?
Domani, finalmente ma con comodo, dovrebbero riunirsi i garanti, la
celebre Commissione di Garanzia, presieduta da Luigi Berlinguer, che da
un mese sfugge alle domande del nostro giornale sugli impresentabili che
il suo illustre sinedrio dovrebbe cancellare dalle liste a norma di
Codice etico. Prima che ne escano con la solita furbata da magliari, è
bene sapere che non sono chiamati a giudicare reati (semmai a prendere
atto dei reati già accertati dalla magistratura ), ma comportamenti.
Quale credibilità può avere il Pd sulla lotta alla corruzione se candida
Antonio Luongo, rinviato a giudizio per corruzione? E sulla lotta ai
reati finanziari, se candida Nicodemo Oliverio, imputato per bancarotta
fraudolenta? E sulla trasparenza amministrativa, se candida Antonio
Papania, che ha patteggiato una condanna per abuso d’ufficio, e Andrea
Rigoni, condannato e poi prescritto per i lavori fuorilegge in casa sua,
e Nicola Caputo, indagato per truffa e peculato nell’inchiesta
napoletana sui rimborsi d’oro? E che senso ha proibire nel Codice etico
la “gestione clientelare del potere”, le logiche di “scambio”, i
“conflitti d’interessi” e gli “incarichi a familiari”, e poi candidare
il re del clientelismo e delle amicizie mafiose di Enna, Vladimiro
Crisafulli (per giunta indagato per abuso), e il principe della
parentopoli e dei conflitti d’interessi a Messina, Francantonio
Genovese? Con che faccia si chiede a Ingroia di farsi gentilmente da
parte e di ritirare i suoi candidati puliti per far eleggere questi
gigli di campo? Poi, naturalmente, tutti contro Santoro perché
re-suscita Berlusconi. Lui.
DESISTENZA? NO, GRAZIE! di Claudio Grassi,
Stiamo vivendo giornate intense, a
volte sembrano caotiche, a volte fin troppo esaltanti. Di sicuro possiamo
affermare che stiamo costruendo tutte e tutti uno spazio politico alternativo
all’esistente sulla base dell’esperienza di diverse anime che hanno saputo
trovare una sintesi su parole condivise e su una nuova forte domanda di
partecipazione. Non è poco, anzi è un risultato già di per sé significativo, se
pensiamo ai molti mesi di isolamento non solo per il nostro Partito, ma
soprattutto per i temi che volevamo portare all’attenzione dell’agenda
politica, dal fiscal compact ai beni comuni, dal dramma della disoccupazione
alla necessità di una nuova politica occupazionale in particolare per i
giovani.
Lista Ingroia, principale novità
delle prossime elezioni
Uno spazio nato da pochi giorni ma
che già si sta delineando come la principale novità delle prossime elezioni,
considerando le molte e qualificate adesioni. E puntualissime, a conferma di
questo ottimo inizio, stanno giungendo anche le bufale (vedi presunte
dichiarazioni di Ingroia sul G8), le critiche (il pm non può fare politica, ma
se si chiama Grasso e non Ingroia è un grande servizio al Paese) e l’inizio
della campagna mediatica basata sulla sirena del voto utile.
Desistenza? No, grazie!
Ultima in ordine di tempo, ma
abbastanza scontata e prevedibile, è stata la richiesta di una sorta di
desistenza al Senato. Ma cos’è la desistenza? Nei fatti si può descrivere in
due modi: è un accordo politico fra differenti forze che decidono di non
disperdere voti all’esterno di un progetto politico comune, oppure nella
versione più prosaica è un accordo che punta a concentrare l’elezione dei seggi
disponibili all’interno delle forze che pongono in essere l’accordo stesso.
Rifondazione pose in essere la desistenza nel 1996, ad esempio, in occasione
della prima vittoria di Prodi contro Berlusconi. Ma come dicevo prima, questa
tipologia di rinuncia volontaria di presentare le proprie liste in alcune
circoscrizioni è frutto di un accordo politico, non di un ricatto. Per
intendersi, suggerire di non presentarsi il giorno del voto non si chiama
desistenza, ma istigazione al suicidio politico. E non si può chiedere,
pertanto, di scomparire politicamente ad un’altra forza politica, chiedendo nel
caso specifico di rinunciare a presentarsi nelle regioni dove realisticamente è
possibile realizzare ottimi risultati solo perchè altrimenti scatta la mannaia
del voto utile e dunque il ricatto si concretizza nell’essere accomunati al tuo
nemico naturale. E sarebbe giunto il momento anche di iniziare a mettere in fila una volta per tutte le varie formule velatamente ricattatorie con le quali queste richieste sono presentate, magari in forme più o meno esplicite, più o meno educate, ma tutte legate da un filo comune. Iniziamo a dirlo con forza: il voto utile è una modalità di imporre uno scenario, non di raggiungerlo tramite il convincimento della validità delle proprie tesi, ed è quindi antitetico al voto stesso che dovrebbe basarsi sulla libertà di scelta fra differenti posizioni. Senza dimenticare l’ipocrisia del voto utile in una fase elettorale che vede la presenza di almeno cinque poli, e non due. Il fatto che consapevolmente si faccia come se gli altri non ci fossero, denota anche un certo modo di intendere la fase elettorale, in cui lo strabismo diviene palese nel momento in cui si invoca la presunta utilità di un voto esclusivamente quando si direziona nella collocazione che si decide essere la preferibile. La domanda da porsi dunque non è se il proprio voto sia utile in astratto sulla base di definizioni altrui, ma la sua utilità nei confronti di uno scenario futuro desiderato, verso il cambiamento voluto.
nemico naturale. E sarebbe giunto il momento anche di iniziare a mettere in fila una volta per tutte le varie formule velatamente ricattatorie con le quali queste richieste sono presentate, magari in forme più o meno esplicite, più o meno educate, ma tutte legate da un filo comune. Iniziamo a dirlo con forza: il voto utile è una modalità di imporre uno scenario, non di raggiungerlo tramite il convincimento della validità delle proprie tesi, ed è quindi antitetico al voto stesso che dovrebbe basarsi sulla libertà di scelta fra differenti posizioni. Senza dimenticare l’ipocrisia del voto utile in una fase elettorale che vede la presenza di almeno cinque poli, e non due. Il fatto che consapevolmente si faccia come se gli altri non ci fossero, denota anche un certo modo di intendere la fase elettorale, in cui lo strabismo diviene palese nel momento in cui si invoca la presunta utilità di un voto esclusivamente quando si direziona nella collocazione che si decide essere la preferibile. La domanda da porsi dunque non è se il proprio voto sia utile in astratto sulla base di definizioni altrui, ma la sua utilità nei confronti di uno scenario futuro desiderato, verso il cambiamento voluto.
Inutile è continuare a rincorrere
Monti
Perché allora continuare con le
patenti di utilità e inutilità? La coalizione Pd-Sel poteva fermarsi e guardare
a sinistra, una volta acquisita definitivamente la trasformazione da tecnico a politico
di Monti, qualora non fosse stato chiaro fin da subito. Poteva occupare uno
spazio, farlo vivere, renderlo ampio e plurale, permeabile alle richieste di
rendere visibile e concreta la discontinuità con l’esperienza del precedente
governo, altro che profumo di sinistra. Non solo non lo ha fatto, ma iniziato a
correre all’inseguimento al centro. Le continue aperture in tal senso sul dopo
voto vanno ad alimentare con insistenza la contraddizione di un Pd che è stato
il principale sostenitore di Monti, è divenuto uno dei principali obiettivi di
critica di Monti, ma sa che avrà necessità di Monti per creare un governo. Aver
scritto tre volte Monti (e con questa sono quattro) nella stessa frase non è un
refuso: voglio sottolineare come sia ineludibile quell’orizzonte dinnanzi allo
scenario attuale. Sel, da parte sua, avrà da spiegare la sua collocazione a
breve alle molte e ai molti che in assoluta buona fede stanno seguendo il
progetto di fermare a sinistra la barra del prossimo governo. Che, detto per inciso,
se non si pone in netta discontinuità con l’esistente, vedrà un unico primo
ministro possibile: il fiscal compact.
Rivoluzione Civile: uno spazio
pubblico a sinistra
Rivoluzione Civile ha quindi avuto
il grande merito di riaprire uno spazio troppo frammentato e renderlo visibile,
riportando al centro del dibattito politico voci che finalmente vanno in
direzione contraria al pensiero unico dell’Europa che chiede e dell’austerità
come modello economico, solo per citare alcuni temi. Era necessario aprire
questo spazio e soprattutto era fondamentale offrire un’alternativa concreta
all’astensione di sinistra o al facile rifugio nel populismo di Grillo, e non è
un caso che nel movimento 5 stelle inizino a vedersi le prime crepe e
sbandamenti a destra per tentare una impossibile trasversalità. Se Rivoluzione
Civile avrà la capacità di continuare la sua campagna elettorale basandola su
questa sua unicità nel panorama politico, torneranno in Parlamento idee che
qualcuno vorrebbe definitivamente cancellare, ma che invece hanno continuato in
questi anni ad alimentare lotte per ampliare i diritti, per difendere il
lavoro, per contrastare abusi. Il nostro compito non può che essere questo,
ovvero alimentare questa speranza di cambiamento reale che Rivoluzione Civile sta
suscitando. I tanti nervosismi palesati negli altri schieramenti in questi
giorni nei confronti del nostro progetto politico, ci dimostrano che la
campagna elettorale ci vedrà in prima fila nella difesa del nostro spazio e
delle nostre idee. Ma non ho dubbi che la forza reale della nostra militanza,
assieme a tutte le altre espressioni che si riconoscono nella lista comune,
sarà capace di raggiungere risultati che fino ad oggi ci sono sembrate solo
delle semplici speranze.
allora...chi votare?
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