martedì 15 gennaio 2013

Pd, patto con Monti di Romina Velchi, Liberazione.it


Fassina e Bersani promettono: non toccheremo nessuna riforma di Monti

Altarini svelati: Monti lo attacca, dcendo a Bersani di «silenziarlo» perché è un «conservatore». Ma è tutta fuffa (‘sta campagna elettorale bisogna pur farla, no?). Infatti, parlando al  Financial Times, il “giovane turco” e bersaniano di ferro (nonché responsabile economico per il Pd), Stefano Fassina, dice chiaro e tondo come stanno le cose: «Se il nostro partito andrà al governo non rinegozieremo il Fiscal Compact né abrogheremo il pareggio in bilancio in Costituzione. Non ci sarà nessun aumento della spesa pubblica deciso in modo unilaterale. Se agissimo in modo unilaterale danneggeremmo il progetto europeo. Vorremo avere maggior spazio per politiche anti cicliche contro la recessione, ma da realizzare a livello europeo, non nazionale». Insomma, in ginocchio dall’Europa. Fassina ha detto che per questo il centrosinistra sarebbe disponibile a istituire un “supercommissario” europeo per il Bilancio, come proposto dal ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schäuble. «La sovranità fiscale che oggi hanno i singoli paesi, vuota e formale, sarebbe trasferita all’Europa in cambio di una “golden rule” sugli investimenti pubblici e un ruolo più forte della Banca Centrale Europea». Aria fritta, insomma, che però è musica per le orecchie di Monti (si presume).
Non bastasse, al quotidiano economico, l’esponente della “sinistra” del Pd aggiunge che «non c’è ragione» di approvare una nuova riforma del lavoro, che modifichi quella promossa dal ministro Fornero: «In Italia per un’impresa non è difficile licenziare qualcuno. Quello che non funziona è l’applicazione delle leggi, per questo serve riformare il sistema giudiziario». Naturalmente, il centrosinistra intende proseguire sulla via delle liberalizzazioni – soprattutto nel mercato assicurativo, nelle farmacia e nel settore dei servizi giuridici – (è il pallino di Bersani) e, secondo Fassina, bisogna rilanciare la domanda interna. Come? cercando «un accordo con i sindacati e le imprese» per arrivre a «congelare gli adeguamenti di stipendio in cambio di investimenti. Negli ultimi dieci anni gli investimenti nel settore privato sono stati molto scarsi». Se capiamo bene: gli investimenti si dovrebbero fare con i soldi dei lavoratori! Fassina, infine, sostiene che i democratici e Monti condividono «un terreno comune» su temi come «le riforme costituzionali, l’Europa e la necessità di fare alcune riforme strutturali». E questo è sicuramente vero. Tra l’altro, prima delle primarie, Fassina era molto critico nei confronti delle riforme di Monti, forse perché doveva accaparrarsi i voti della sinistra Pd e far fuori i “rivali” renziani; ora che il seggio sicuro l’ha conquistato, la linea è di apertura a Monti. Era solo tattica?
D’altra parte gli fa eco il segretario, direttamente dal Washington Post:  «Siamo aperti alla collaborazione. Non uno scambio di favori, ma la firma di un patto per le riforme e la ricostruzione del Paese». In breve, in caso di vittoria alle elezioni, Bersani non ha intenzione di cambiare le riforme varate da Monti, ma intende «piuttosto aggiungere più riforme, applicandole o facendo degli aggiustamenti» alle riforme realizzate dal governo tecnico. Il segretario del Pd, che il quotidiano Usa dà come front-runner , cioè favorito per l’incarico di primo ministro, illustra la sua ricetta di governo, riassumendone la mission nella formula, «legalità, moralità e diritti di cittadinanza». Quanto ai mercati (che non vedrebbero di buon occhio una vittoria della sinistra), Bersani assicura: «Non hanno nulla da temere, a patto che accettino la fine dei monopoli e delle posizioni dominanti», dice. Il segretario del Pd ammette che l’idea di una sinistra italiana che «apre ai mercati» può apparire «strana», «ma questo – sostiene – deriva dal fatto che in Italia la destra non ha una tradizione di libero mercato». Insomma, c’è da riempire un vuoto.

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