lunedì 14 gennaio 2013

Il Servizio Sanitario Nazionale va poi così male? di Andrea Bellelli, Il Fatto Quotidiano

Il Servizio Sanitario Nazionale è spesso stato al centro di scandali veri e presunti, e gode mediamente di una reputazione piuttosto cattiva. Ma va davvero così male? Ci sono varie ragioni per pensare che le critiche siano in molti casi esagerate. Il pubblico in generale ama gli scandali: il buon funzionamento delle istituzioni “non fa notizia”. Inoltre chi riceve dallo stato un servizio pubblico di buona qualità ritiene di aver ricevuto soltanto quello che gli spetta e, salvo rari casi, non si sente tenuto a dichiarare pubblicamente la sua soddisfazione; invece chi riceve un servizio inadeguato scrive ai giornali e, se può, cita in giudizio l’istituzione. Infine, molti misurano la qualità del servizio pubblico sul metro della loro idea di perfezione piuttosto che attraverso il confronto con i servizi dei paesi vicini; ed è ovvio che nessuna istituzione terrena è all’altezza di una aspettativa simile. Ho fatto una piccola ricerca sul web non per difendere errori sanitari o ruberie politiche, ma per vedere come se la cava il nostro scassatissimo Ssn nelle valutazioni delle agenzie internazionali.

Cominciamo dai costi: la sanità (sommando pubblico e privato) costa agli italiani il 9,5% del Pil (dato 2010, secondo la banca dati dell’Oecd), assai meno di quanto non costi ai francesi (11,6%) o ai tedeschi (11,6%) e quasi la metà che ai cittadini statunitensi (17,6%). I dati espressi in percentuali di Pil vanno presi con cautela: infatti il Pil italiano, assoluto e pro capite, è inferiore a quello francese, tedesco e statunitense. Se il calcolo viene rifatto in termini assoluti e tenuto conto del potere d’acquisto l’Italia spende per la sanità l’equivalente di 3.137 $ all’anno per ogni cittadino, a fronte di 3.978 per la Francia, 4.218 per la Germania e di un incredibile 7.960 per gli Usa (il sito Oecd elenca naturalmente anche molte altre nazioni; dati molto simili si possono leggere sul sito dell’Organizzazione Mondiale della Sanità). Due conclusioni: la sanità italiana, quasi interamente pubblica, pur costando molto, costa i tre quarti di quella francese o tedesca e meno della metà di quella Usa (prevalentemente privata). Un sistema basato sul pubblico è molto meno costoso e quindi molto più efficiente in termini di costi/benefici di uno basato sul privato.
Come vanno le prestazioni della sanità italiana? Rispondere a questa domanda è difficile ma cruciale perché se spendessimo i tre quarti dei francesi o dei tedeschi per avere prestazioni nettamente inferiori avremmo fatto un cattivo affare. Purtroppo però gli indicatori della qualità del servizio sanitario non sono anequivoci; bisogna un po’ accontentarsi dei dati disponibili. Nel World Health Report del 2000, l’Oms classificava il nostro servizio sanitario come secondo per qualità in tutto il mondo, preceduto solo da quello francese. Questo dato forse dice poco, e qualcuno potrebbe chiedersi cosa significhino queste classifiche e su quali dati siano basate. Un dato globale certamente rilevante è l’aspettativa di vita della popolazione generale: 82 anni per l’Italia, 81 per la Francia, 80 per la Germania, 78 per gli USA (dati per il 2008 dal report OMS 2010). Certamente l’aspettativa di vita dipende anche da fattori diversi dal servizio sanitario disponibile: etnici, nutrizionali, igienici, etc. La mortalità neonatale è forse un indice più sensibile alla qualità dell’assistenza sanitaria disponibile, almeno nei paesi più ricchi, nei quali tutti i bambini nascono in strutture sanitarie e ricevono assistenza se necessario: Italia 0,2%; Francia 0,2%; Germania 0,3%; USA 0,4% (dati OMS). Come riferimento si può considerare che nei paesi meno sviluppati l’aspettativa di vita è nell’ordine dei 50-60 anni e la mortalità neonatale può superare il 4%.
Un parametro certamente molto indicativo della qualità del servizio sanitario è l’aspettativa di vita media dopo la diagnosi di una malattia grave. C’è un importante studio multinazionale europeo sulle statistiche di sopravvivenza degli anziani dopo le diagnosi oncologiche, pubblicato su European Journal of Cancer , Volume 42, 2006, pp. 234–242; l’articolo è qui disponibile.
La sopravvivenza per i casi di tumore dello stomaco dopo 5 anni dalla diagnosi nel periodo 1990-1994 risultava: Italia 22%; Francia 20%; Germania 28%; intervallo di variazione complessivo per tutte le nazioni studiate: 9-28%. Per il tumore del colon: Italia 51%, Francia 55%, Germania 54%, intervallo 25-55%; per il tumore del polmone: Italia 9%, Francia 14%, Germania 10%, intervallo 4-14% (essendo questo uno studio europeo, non sono riportati dati per gli USA). Una caratteristica interessante della tabella dalla quale prendo questi dati è che i 19 paesi europei analizzati sono elencati in ordine decrescente della spesa sanitaria pro-capite e l’Italia è decima, la Germania e la Francia rispettivamente seconda e terza. Conclusioni? La Francia e la Germania su questa statistica ottengono i risultati migliori in Europa, ma l’Italia è molto prossima, nonostante un investimento molto inferiore.

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