Scrive
Alfonso Gianni che Stefano Fassina, intervistato dal Financial Times,
dichiara: "Se il nostro partito andrà al governo non rinegozieremo il
Fiscal Compact né abrogheremo il pareggio in bilancio in Costituzione.
Non ci sarà nessun aumento della spesa pubblica deciso in modo
unilaterale. Se agissimo in questo modo danneggeremo il progetto
europeo. Vorremo avere maggior spazio per politiche anti cicliche contro
la recessione, ma da realizzare a livello europeo, non nazionale". Non
contento di ciò riapre – dice ancora Alfonso Gianni - come già aveva
fatto Bersani, alla proposta del ministro delle finanze tedesco sulla
introduzione di un supercommissario europeo per fare da guardiano ai
bilanci nazionali. A questo punto – conclude l'ex esponente di SEL -
dovrebbe essere evidente anche a un cieco e a un sordo che la differenza
fra l’agenda dei progressisti e quella di Monti si assottiglia sempre
di più. Al di là quindi delle dichiarazioni, delle smentite e delle
contro smentite dei vari protagonisti della coalizione data per
vincente, che affollano i mass media e sono la gioia dei giornalisti,
intese parziali o alleanze organiche tra i “progressisti” e Monti nel
dopo elezioni sono nell’ordine naturale delle cose, al di là dei numeri
traballanti del Senato. Nessuno potrà fare il sorpreso o la parte del
tradito. Lo spazio a sinistra si allarga. Ci vorrebbe però più coraggio
politico e capacità di proposta programmatica per occuparlo. Non è solo
un problema di quorum. Qui si tratta di costruire un nuovo senso diffuso
più che mietere consensi già esistenti.” Difficile dargli torto, anzi
l'analisi di Alfonso è lucidissima sia per quanto riguarda il PD che per
quanto riguarda le prospettive che la Lista Rivoluzione Civile ha
aperto nel panorama politico italiano e della sinistra in generale. Ciò
premesso, pare altrettanto chiaro che nulla appare scontato, perchè la
riproposizione delle vecchie logiche della famiglia del centro sinistra
sembra non tramontare mai. Così, mentre si commenta un Fassina che sul
campo economico ha le stesse posizioni di Monti, stride non poco
l'appello di Franceschini alla desistenza ad Ingroia nelle regioni dove
più forte sarà l'affermazione di Rivoluzione Civile. Il discorso di
Franceschini, almeno leggendo la sua intervista al Mattino è per certi
aspetti incredibile. Da un lato apre ad un accordo politico con Casini e
Monti, ci fa sapere che Vendola nella coalizione del centro sinistra
conta quanto il due di picche, e che Ingroia se non vuol far vincere la
destra non dovrebbe presentarsi e desistere dove conta. Le frasi di
Fassina (che nella coalizione dei progressisti è considerato quello più a
sinistra) però non lasciano spazio alle ambiguità nè ad accorrdi,
anche perchè sono rilasciate al coinvitato di pietra che nessuno cita
mai, il mercato internazionale. Checchè se ne dica l'asse PD-Monti è più
compatto dal punto di vista ideologico che dal punto di vista
partitico, una contraddizione questa che rimarrà aperta per poco più di
un mese per poi trovare una sintesi in parlamento quando il teatrino
della campagna elettorale più ipocrita del secolo terminerà.
Un Berlusconi morente, costretto ad aderire ad un programma leghista che abbandona il sud al suo destino, sembra essere stato resuscitato per un mese, quanto basta per spaventare gli ultimi gonzi. Peccato però per i teorici del bipolarismo coatto che l'imu, l'art.18, gli impegni internazionali ratificati, la controriforma delle pensioni rimangono tutte nel piatto e difficilmente saranno rimosse dal dibattito politico. La retorica del voto utile è quindi un'arma spuntata a meno che non si voglia affermare che per portare avanti il massacro sociale che il Fiscal Compact ci impone, occorre una maggioranza solida.
Un Berlusconi morente, costretto ad aderire ad un programma leghista che abbandona il sud al suo destino, sembra essere stato resuscitato per un mese, quanto basta per spaventare gli ultimi gonzi. Peccato però per i teorici del bipolarismo coatto che l'imu, l'art.18, gli impegni internazionali ratificati, la controriforma delle pensioni rimangono tutte nel piatto e difficilmente saranno rimosse dal dibattito politico. La retorica del voto utile è quindi un'arma spuntata a meno che non si voglia affermare che per portare avanti il massacro sociale che il Fiscal Compact ci impone, occorre una maggioranza solida.
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