Un
percorso, quello di Rivoluzione Civile, costretto nei tempi frenetici
della politica. Si è riusciti comunque a stabilire che la società civile
entra nell’agire politico mentre altri “salgono” o “scendono” in
politica…
Credo che Antonio Ingroia abbia il merito di aver aperto una finestra
di opportunità per la società civile responsabile. Perché la prima cosa
che dovremmo specificare è che mentre oggi tutti sguazzano
nell’espressione 'società civile' non tutti coloro che dicono, o si
dicono, società civile fanno parte del processo di cambiamento; un
cambiamento reale di cui ha bisogno il nostro paese e il mondo. Questo
della responsabilità è un punto importante che svilupperemo nella
campagna elettorale. Siamo tutti società civile, ma c’è un diverso modo
di assumersi le responsabilità di fronte ai drammi umani del nostro
paese e del mondo. Questa finestra di opportunità è stata colta da
alcuni, come il sottoscritto. La convergenza che Ingroia è riuscito a
creare in pochissimo tempo ha catalizzato forze che fino ad un giorno
prima avevano difficoltà a convergere. Questa convergenza ha prodotto
comunque l’avvio di un processo nella società civile di cui 'Cambiare si
può' e anche 'Alba' ed altre esperienze più locali hanno dato un
ulteriore slancio. In fondo c’erano processi già in corso che non sono
stati generati da Ingroia ed esprimevano l’esigenza di rompere con gli
schemi della vecchia politica, che non vanno più bene a nessuno.
Il fattore tempo ha rischiato di cancellare tutto questo percorso.
In tutto questo, l’elemento più critico è stato il fattore tempo
perché ha realmente costretto tutti i percorsi di società civile a
confrontarsi con un grande tema, quello della decisione. I tempi
ristretti sono il contrario della partecipazione. Penso che se avessimo
avuto trenta giorni in più avremmo avuto un esito più soddisfacente per
tutti. Le aspettative erano altissime e le amarezze che ne sono poi
scaturite lo testimoniano. Ciononostante sono per guardare a quello che è
accaduto come a un primo passo di un percorso e non come a un tentativo
fallito.
Il primo passo ha parlato di una società civile in grado di
assumersi una responsabilità. Ora però il secondo passo, se tutto andrà
come deve, è sicuramente quello più difficile.
Il secondo passo deve, almeno per quel che mi riguarda, dare la
dimostrazione plastica di una nuova idea della politica di un nuovo modo
di fare politica. Voglio dire che per quel che mi riguarda ho in mente
non un gruppo di persone che entra nelle istituzioni e fa quello che è
sempre stato fatto, ovvero si erge a rappresentante di qualcuno ma un
gruppo di persone che entra nelle istituzioni e mette un piede nella
porta impedendo che questa porta si richiuda il giorno dopo le elezioni.
Se vogliamo cambiare davvero dobbiamo sapere che il cambiamento lo
produciamo di più nella società civile che nelle istituzioni; però,
certo, abbiamo bisogno anche di entrare nelle istituzioni.
Cosa intendi esattamente con “entrare nelle istituzioni”?
Ti dico tre buoni motivi per i quali è straordinariamente importante
che la lista abbia successo: perché questa politica, la vecchia mala
politica sta chiudendo tutti gli spazi della società civile e noi
abbiamo bisogno di spazio per crescere. Non possiamo assistere impotenti
a questa chiusura. Secondo, perché noi abbiamo una politica totalmente
autoreferenziale, sorda e cieca e abbiamo bisogno di rompere questo
criterio di autoreferenzialità che impedisce alla società civile di fare
il cammino che deve fare. Terzo, i media riconoscono solo la voce della
politica. C’è qui una grande questione democratica. Abbiamo bisogno di
avere dei megafoni. Questa sfida la dobbiamo avere ben presente. E non
possiamo limitarci alla denuncia e alla chiusura sistematica.
In tutti questi anni di militanza nella società civile hai
comunque incontrato la politica. Ora non ti trovi più nella stessa
posizione di prima perché devi fare i conti con parole tipo “alleanze”,
“strategie”, tattiche”, e via dicendo. Cosa provi?
Ho deciso per la prima volta da quando a 17 anni ho iniziato il mio
percorso di spendermi e di accettare una proposta di candidatura. Devo
dire che ne avevo già rifiutate quattro, da pd, sel e idv. Ho deciso di
accettare questa proposta perché ho intravisto uno spazio collettivo e
non uno spazio per un protagonismo personale. Tanto è che ho deciso di
entrare con Gabriella Stramaccioni e Franco La Torre. E’ la
continuazione di un percorso. Il secondo punto è che tutta questa menata
delle alleanze, che capisco e che ha una sua ragion d’esser, è comunque
meno importante di tutta quell’altra agenda sulla quale oggi la gente
chiede un confronto e la costruzione di un cambiamento. Quindi, no mi
troverai mai appassionato a questi dilemmi. Sono molto contento che per
l’avvio di Rivoluzione civile intanto ci sia stato uno sforzo di cosi
tante componenti diverse che non si sono poste l’obiettivo del sistema
delle alleanze ma di entrare in Parlamento e rompere l’isolamento. Dare
voce a chi negli ultimi anni non ha avuto voce. Questa concretezza non
può essere solo strumentale rispetto alle elezioni. Mi auguro che sia
una concretezza continua. Certo il problema è porsi in relazione alle
altre forze politiche per un governo dignitoso che porti giustizia. Noi
dobbiamo continuare con lo stile che ha caratterizzato tutta questa
fase, dobbiamo costruire il cambiamento.
Possiamo dire che lavoro, crisi e pace sono i tre punti di riferimento fondamentali?
Esattamente nell’ordine in cui le hai dette e intendendo per crisi la
grande questione della giustizia. Penso, poi, che ci sia qualcosa in
più. Il fatto che la società civile si rende conto che non può più
delegare la soluzione dei problemi a qualche rappresentante o
rappresentanza. La crisi è giunta a un punto tale che anche la migliore
forza politica non può farcela da sola. Abbiamo quindi una doppia
ragione, e questo perché una forza politica migliore non ce l’abbiamo.
Nessun commento:
Posta un commento
Di la tua