C’è
un incredibile senso di deja vu nel conflitto tra Draghi e la
Bundesbank: se tentare di salvare l’economia dalla deflazione produca o
meno inflazione, dopo il Grande Crollo del ’29. Mai esempio più calzante
per un’ossessione ideologica più forte di qualsiasi esperienza storica.
Ieri questo conflitto è avvenuto a distanza ravvicinata. Mario Draghi è
andato a sfidare la Bundesbank sul suo terreno di gioco: il parlamento
tedesco. Il tentativo del «Prussiano del Sud», come è stato chiamato, è
stato di parlare direttamente all’opinione pubblica tedesca, attraverso
risposte alle domande dei suoi rappresentanti. E, quantomeno sul piano
della correttezza del confronto, sembra sia riuscito. Lo scopo era
almeno di attenuare la campagna denigratoria nei confronti della Bce che
Bundesbank, nella persona del presidente Weidmann, sta conducendo
instancabilmente.
L’argomento usato dalla Bundesbank che più può fare presa sull’opinione pubblica tedesca è che la politica della Bce – acquistare titoli dei debiti pubblici di paesi in difficoltà – produca inflazione. Draghi ha risposto in modo abbastanza convenzionale, dicendo che la Bce sterilizzerà la moneta emessa; cioè compenserà l’aumento della quantità di moneta con misure opposte che la riducano, vendendo ad esempio altri titoli o non rinnovando crediti alle banche. In realtà Draghi non poteva dire che la Buba ricorre a argomenti da Bar Sport. Se la Bce compra titoli detenuti in tutto il mondo, la quantità addizionale di euro sta nelle banche centrali di altri paesi, e non produce certo inflazione in Europa. Ma se anche comprasse titoli spagnoli da banche spagnole, un pericolo inflazione è inesistente. Il rifinanziamento potrebbe servire a quelle banche per rimettersi un in sesto.
Certo non produrrebbe inflazione, con una disoccupazione spagnola molto superiore a quella europea che Draghi, ieri, ha definito scandalosa. Il pericolo è la deflazione, ha ribadito.
L’altro cavallo di battaglia della Buba è che acquistare titoli dei debiti sovrani significherebbe finanziare i governi che hanno emesso quei titoli. Una critica priva di senso. La Bce ha deciso di acquistare titoli sul mercato secondario, cioè titoli già emessi dei governi, e che chi li possiede è disposto a vendere. I governi sono già stati finanziati dalla vendita sul cosiddetto mercato primario; quindi il fatto che gli acquirenti li rivendano, a chiunque, non ha nulla a che fare col finanziamento dei governi. Che poi la Bce perda indipendenza nei confronti dei governi è ridicolo: come fa la Bce a dipendere da governi che, se chiederanno l’intervento, dovranno sottostare a condizioni durissime gestite, tra gli altri, proprio dalla Bce?
L’irresponsabilità della Bundesbank emerge chiaramente dal suo ultimo bollettino dove ha sostenuto, contro Draghi, che è giusto che gli spread siano più alti possibile per far emergere il rischio di investimento nel paese. Gli spread hanno riflesso questo rischio dal 2008 al 2010, quando i mercati credevano che, prima o poi, la Bce sarebbe intervenuta a salvare la Grecia. Ma quando la Germania rese chiaro che di salvataggio della Grecia non se ne parlava proprio, allora a quel rischio se ne aggiunse un altro, quello del crollo dell’euro. Per rifuggirlo, capitali si sono riversati da tutta Europa in Germania, abbassando i saggi di interesse tedeschi nonché il rendimento dei Bund, rendendo ingovernabile il sistema bancario europeo. Questo è l’argomento principe di Draghi. Convincere gli investitori che questo rischio non c’è. È credibile che Buba non capisca che spread più alti significano impossibilità di gestire il debito sovrano nei paesi in difficoltà e divaricazione dei sistemi bancari; cioè rottura dell’area euro? Ciò per cui, infatti, secondo l’economista De Grauwe, Bundesbank sta lavorando.
Ma il colmo dell’indecenza viene raggiunto quando si preoccupa che il contribuente tedesco debba pagare per il default di altri paesi. Cioè: dopo che il governo tedesco ha impedito soluzioni meno traumatiche della crisi greca, imponendo austerità che aggravano il problema dei debiti sovrani; dopo i continui rinvii al la soluzione della crisi bancaria spagnola, Buba adduce quel rischio, da lei stessa attivamente creato, come ragione per impedire politiche che lo riducano, evitando la rottura della zona euro. Sarebbe questo il paese guida dell’Europa?
L’argomento usato dalla Bundesbank che più può fare presa sull’opinione pubblica tedesca è che la politica della Bce – acquistare titoli dei debiti pubblici di paesi in difficoltà – produca inflazione. Draghi ha risposto in modo abbastanza convenzionale, dicendo che la Bce sterilizzerà la moneta emessa; cioè compenserà l’aumento della quantità di moneta con misure opposte che la riducano, vendendo ad esempio altri titoli o non rinnovando crediti alle banche. In realtà Draghi non poteva dire che la Buba ricorre a argomenti da Bar Sport. Se la Bce compra titoli detenuti in tutto il mondo, la quantità addizionale di euro sta nelle banche centrali di altri paesi, e non produce certo inflazione in Europa. Ma se anche comprasse titoli spagnoli da banche spagnole, un pericolo inflazione è inesistente. Il rifinanziamento potrebbe servire a quelle banche per rimettersi un in sesto.
Certo non produrrebbe inflazione, con una disoccupazione spagnola molto superiore a quella europea che Draghi, ieri, ha definito scandalosa. Il pericolo è la deflazione, ha ribadito.
L’altro cavallo di battaglia della Buba è che acquistare titoli dei debiti sovrani significherebbe finanziare i governi che hanno emesso quei titoli. Una critica priva di senso. La Bce ha deciso di acquistare titoli sul mercato secondario, cioè titoli già emessi dei governi, e che chi li possiede è disposto a vendere. I governi sono già stati finanziati dalla vendita sul cosiddetto mercato primario; quindi il fatto che gli acquirenti li rivendano, a chiunque, non ha nulla a che fare col finanziamento dei governi. Che poi la Bce perda indipendenza nei confronti dei governi è ridicolo: come fa la Bce a dipendere da governi che, se chiederanno l’intervento, dovranno sottostare a condizioni durissime gestite, tra gli altri, proprio dalla Bce?
L’irresponsabilità della Bundesbank emerge chiaramente dal suo ultimo bollettino dove ha sostenuto, contro Draghi, che è giusto che gli spread siano più alti possibile per far emergere il rischio di investimento nel paese. Gli spread hanno riflesso questo rischio dal 2008 al 2010, quando i mercati credevano che, prima o poi, la Bce sarebbe intervenuta a salvare la Grecia. Ma quando la Germania rese chiaro che di salvataggio della Grecia non se ne parlava proprio, allora a quel rischio se ne aggiunse un altro, quello del crollo dell’euro. Per rifuggirlo, capitali si sono riversati da tutta Europa in Germania, abbassando i saggi di interesse tedeschi nonché il rendimento dei Bund, rendendo ingovernabile il sistema bancario europeo. Questo è l’argomento principe di Draghi. Convincere gli investitori che questo rischio non c’è. È credibile che Buba non capisca che spread più alti significano impossibilità di gestire il debito sovrano nei paesi in difficoltà e divaricazione dei sistemi bancari; cioè rottura dell’area euro? Ciò per cui, infatti, secondo l’economista De Grauwe, Bundesbank sta lavorando.
Ma il colmo dell’indecenza viene raggiunto quando si preoccupa che il contribuente tedesco debba pagare per il default di altri paesi. Cioè: dopo che il governo tedesco ha impedito soluzioni meno traumatiche della crisi greca, imponendo austerità che aggravano il problema dei debiti sovrani; dopo i continui rinvii al la soluzione della crisi bancaria spagnola, Buba adduce quel rischio, da lei stessa attivamente creato, come ragione per impedire politiche che lo riducano, evitando la rottura della zona euro. Sarebbe questo il paese guida dell’Europa?
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