Morosità
incolpevole perché lo stipendio non arriva, e quando arriva è troppo
tardi. Perché è causata da un drastico abbassamento del reddito.
Incolpevole perché le aziende chiudono e se sei “fortunato” vai in cassa
integrazione, altrimenti, niente lavoro, zero reddito. Perché qui non
si tratta di tagliare le spese superflue, di vivere con poco e di
farselo bastare. Qui si affronta il tema cruciale: la sottrazione di un
diritto, la risposta un bisogno primario: cosa c’è di più irrinunciabile
della casa? E di più antidemocratico dei suoi prezzi inaccessibili ai cittadini?
E di più iniquo di politiche abitative che invece di tutelare il
diritto alla casa, sembrano inseguire le logiche di costruttori e
immobiliaristi.
Alcuni
mesi fa, Anna ha rischiato di perdere il lavoro: Anna è una ragazza
madre e lavora per una cooperativa sociale. Il massimo che ha potuto
ottenere è stato un magro part-time. Cinquecento euro al mese che a
malapena possono garantire a lei e a sua figlia di fare la spesa e
pagare le bollette: chi avrebbe pagato al posto suo l’affitto di
seicentocinquanta euro mensili, per vivere nel bilocale dell’estrema
periferia romana? Ne parla con la proprietaria: una giovane donna, mamma
anche lei, con uno stipendio medio con cui tirare avanti e senza altre
rendite: lei le propone di pagare metà canone fino a quando non si fosse
trovato un alloggio più economico. Oppure un altro lavoro. Anna mi
dice: “Sono una donna fortunata”. Non aggiunge altro.
Marta
e Vincenzo stanno insieme: Marta ha perso il lavoro e campa di
collaborazioni che vanno e vengono. Vincenzo ha un posto stabile ma da
un anno a questa parte è pagato in ritardo. Intanto le bollette scadono,
il pagamento dell’affitto si arretra sempre più e la situazione
precipita: chiedono aiuto alle famiglie d’origine e quando possono,
pagano anche due mensilità alla volta: “Per dare un segnale della nostra
volontà di assolvere tutti i nostri impegni”.
“Il
proprietario di casa era un amico di Vincenzo”, mi racconta Marta:
“Sulle prime, ci ha detto che non occorreva che pagassimo mezza
mensilità, come ci eravamo offerti di fare per non accumulare troppo
debito, poi, questa situazione probabilmente non gli è andata più bene, e
dopo alcuni mesi, ci ha inviato una raccomandata con cui minacciava
cause legali se non avessimo saldato le rate mancanti, e ci avvisava
della rescissione del contratto”. La spiegazione era che avrebbe
aumentato il canone.
“Molti
amici si sarebbero comportati diversamente”, prosegue, “ma questo non
conta: è tutto legittimo dal punto di vista del proprietario di casa.
Restano però una terribile rabbia e tanta amarezza: lui percepisce uno
stipendio d’oro, circa 8mila euro al mese, in quanto funzionario
statale, ha almeno tre case di proprietà e dorme certamente sonni
tranquilli: alla fine abbiamo dovuto firmare delle cambiali per
rassicurarlo sulla nostra volontà di pagare i nostri debiti. La nostra
parola non valeva più nulla”.
Ora Marta e Vincenzo vivono in un’altra casa, e faticosamente provano ad andare avanti.
Estendere
le tutele a chi ha difficoltà a pagare un mutuo o l’affitto di casa
sarebbe dovuto essere un atto obbligato, quando ancora la crisi era sul
nascere: e invece si tagliano i fondi destinati all’emergenza abitativa e
non si fa nulla per bloccare gli sfratti. Chi pagherà il prezzo dei
morti e dei feriti rimasti senza un tetto dove stare? Chi pagherà per
tutti i morti e i feriti sparsi per strada e privi di protezione?
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