Non
era semplice ma ci sono riusciti. Ieri l'eurostat ci ha comunicato che
il debito pubblico nel nostro paese è passato nel giro di pochi mesi dal
120% al 126%. Il Governo di tecnici che doveva salvare l'Italia è
riuscito in un'impresa non di poco conto, incardinare per i prossimi
anni le politiche di questo paese sui binari dell'austerity, mandarlo in
recessione, aumentare il debito pubblico e la disoccupazione. In poche
parole Monti ha chiuso il cerchio, il tutto ovviamente senza uno
sciopero generale. Non è un caso che i media di regime tacciano su
questa notizia che di per se imporrebbe un ripensamento di quanto fatto
fino ad ora. Le questioni reali come si vede non vengono assunte nella
discussione pubblica, meglio parlare delle regole delle primarie, di
Berlusconi che non si ricandida o di qualche scandalo. Dello scandalo
più grande però - quello del completo fallimento del governo Monti -
meglio non parlarne. Non è in queste righe che ricostruirò di chi sia la
responsabilità dell'aver creato il buco nero del debito pubblico in
questo paese ( per chi vuole approfondire consiglio questo articolo
che spiega bene come questo sia avvenuto e di chi paga la crisi )
quanto semmai cosa significa per il futuro una notizia del genere. Come
in pochi sapranno la discussione europea sugli indici del nuovo patto di
stabilità ( Euro Plus Pact –> Six pack –> Fiscal compact ) ha
visto confrontarsi inizialmente due linee di tendenza, chi voleva
utilizzare il criterio del debito pubblico come indice fondamentale per
la disciplina di bilancio e chi invece voleva utilizzare il criterio del
debito aggregato ( debito pubblico più debito privato). Con il secondo
criterio l'Italia sarebbe stata un paese virtuoso, con i conti più a
posto dopo la Germania, con il primo, quello che si è scelto, l'Italia è
uno dei paesi che ha più problemi e siamo finiti nei Pigs. La scelta
tra questi due criteri è stata una scelta arbitraria, politica, imposta
dall'intransigenza della Merkel e dai rapporti di forza a lei
favorevoli. Il nostro paese insomma sarà per i prossimi anni il
“bottino” che le oligarchie finanziarie si spartiranno, spolpando
finanziaria dopo finanziaria la ricchezza sociale prodotta in nome della
disciplina di bilancio. Il Fiscal Compact ratificato recentemente dal
nostro parlamento parla chiaro, oltre al pareggio di bilancio, a partire
dal 2013 e per ogni anno a venire per i prossimi venti, un ventesimo
della quota eccedente il 60% del rapporto Deficit / Pil deve essere
utilizzato per abbattere il debito pubblico pena sanzioni economiche.
Parliamo miliardo più miliardo meno di più di 45 miliardi l'anno. Molti
leggendo questi numeri penseranno che queste scelte cosi pesanti non
potranno essere fatte, anche i greci e gli spagnoli pensavano questo
qualche anno fa. Colpisce che questi dati sul debito pubblico vengano
pubblicati il giorno dopo in cui Giorgio Napolitano assicura dall'Olanda
che l'Italia manterrà i suoi impegni e lo stesso giorno in cui Monti
dice che il prossimo Governo dovrà comunque rispettare i vincoli
dell'Europa. Colpisce perchè entrambi dicono una sostanziale verità,
l'architettura istituzionale che è stata ratificata in questi mesi
incardina le politiche del prossimo Governo su binari rigidi che
porteranno il nostro paese all'interno di una spirale recessiva
permanente. Leggere la parte finale della carta d'intenti del PD in cui
si riafferma la fedeltà ai vincoli esterni non fa che confermare che il
nocciolo di queste politiche non sarà minimamente scalfito nei prossimi
anni. Hollande stesso, che molti ancora vedono come una speranza, ha
recentemente approvato il Fiscal Compact, e i socialdemocratici della
SPD (non la Merkel) non si sognano minimamente di mettere in discussione
questo trattato. Nonostante queste evidenze c'è chi ancora nella
sinistra italiana sostiene che si possa costruire l'alternativa andando
al Governo con le forze fedeli al vincolo europeo. Nel migliore dei casi
questa è una speranza religiosa, messianica, che non tiene minimamente
in considerazione la potenza di chi abbiamo di fronte. La riduzione del
danno che si vorrebbe far digerire alle classi popolari verrà da queste
intesa come complicità diretta nell'abbattimento della propria
condizione di vita nel giro di poco tempo. La sinistra che verrà si deve
costruire invece su due elementi, analisi chiara dei rapporti di forza
in campo e degli avversari contro cui lottare, e iniziativa politica
comune sul piano continentale europeo per rifiutare i vincoli europei
che questa maggioranza parlamentare ha ratificato. Se dobbiamo governare
insomma dobbiamo farlo per gli interessi del popolo italiano, non per
quelli delle oligarchie finanziarie. Ci vediamo in piazza sabato 27
ottobre
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