Ce ne vuole di fiducia nell’umanità per crederci, ma ce ne vuole
talmente tanta che o si è in malafede e si mente sapendo di mentire
oppure si è davvero come quelli che si facevano truffare dal mago Do
Nascimento.
La storiella dello «spostare a sinistra l’asse del centrosinistra» è
talmente surreale – soprattutto se pronunciata da chi già nel 1996 e poi
nel 2006 dimostrò l’impossibilità di riuscire nell’impresa – che si
finisce sempre per fermarsi un attimo e chiedersi cosa si sia fatto di
male per meritarselo, ancora, ancora e ancora.
Allora funziona che ti tirano fuori candidature splendide, perché
splendide sono: Giorgio Airaudo, Laura Boldrini, Pape Diaw, Giulio
Marcon e così via. E per un attimo pensi che nomi del genere siano una
garanzia, «stavolta non possono deluderci». Invece no. Nessuno vi
ricorda mai la natura dell’accordo tra Pd e Sel. «Sono finiti i tempi
della litigiosa Unione». Si vota a maggioranza. I gruppi parlamentari si
riuniscono, votano tra loro come dovranno votare in aula, chi prevale
impone all’altro la propria volontà. Prendere o lasciare. A quel punto
Airaudo sarà un numero, tale e quale a un qualsiasi collega del Pd –
magari un ex Confindustria, magari un montiano, magari un professore che
predica maggiore flessibilità nel mondo del lavoro – e la sua
autonomia, la sua storia, la sua dignità, varrà zero.
Sono bellissime le figurine scelte da Sinistra e Libertà, ma sono –
per l’appunto – figurine. Specchietti per le allodole. Li voti, ti senti
bene con te stesso, poi basta un anonimo padrone delle tessere
siciliano in più che i buoni sentimenti, la buona politica e il profumo
di sinistra vanno a farsi benedire.
Fiscal compact, patrimoniale, reddito minimo garantito, spese
militari, no Tav, acqua pubblica, scuola pubblica, soldi alla ricerca,
più garanzie per il mondo del lavoro, diritti civili e dei migranti:
posizioni largamente minoritarie nell’alleanza Pd-Sel, talmente
minoritarie che verranno sconfitte praticamente sempre ancor prima del
voto in aula. Nel pre-voto della coalizione, insomma.
Ma ognuno risponde alla propria coscienza, vi diranno. Certo, chi non
rispetterà il patto può già aspettarsi il trattamento-Bertinotti,
«quello che ha fatto tornare Berlusconi» (così rimarrà alla storia):
verrà dipinto come una macchietta bolscevica incapace di trovare un
accordo, un massimalista nemico del popolo. Giochino già visto, stavolta
non ci si casca più. O almeno si spera.
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