Un mito. Non so definirlo altrimenti. José Pepe Mujica è un mito.
In un mondo in cui la gente si scanna per il potere, per l’accumulo di
beni materiali, lui, Presidente dell’Uruguay, si trattiene solo 485
dollari dello stipendio per vivere e destina gli altri 7500 alla
beneficenza. Vive di poco, anzi di pochissimo, in una vecchia
fattoria senza neppure l’acqua corrente, ma solo l’acqua del pozzo. È
vegetariano, è sposato, ha un cane. Se non fosse per due
energumeni che gli montano la guardia all’inizio della proprietà,
nessuno potrebbe immaginare che lì ci vive il presidente della nazione. Alla BBC ha dichiarato “Mi
chiamano il presidente più povero, ma io non mi sento povero. I poveri
sono coloro che lavorano solo per cercare di mantenere uno stile di vita
costoso, e vogliono sempre di più. E’ una questione di libertà. Se non
si dispone di molti beni allora non c’è bisogno di lavorare per tutta la
vita come uno schiavo per sostenerli, e si ha più tempo per se stessi”.
Mujica ha un passato di sinistra nei Tupamaros, un famoso gruppo di
combattenti che si ispirava negli anni sessanta-settanta del secolo
scorso alla rivoluzione cubana. Per la sua fede ha trascorso 14 anni in
carcere.
È qualunquista fare un raffronto tra Mujica ed il nostro comunista migliorista Napolitano, che vive al Quirinale e guadagna 239.192 euro all’anno, aumentati di 8.835 euro nell’anno in corso?
È
qualunquista fare un raffronto tra Mujica, che ha rischiato la vita e
conosciuto la galera e che dichiara che un politico dovrebbe vivere come
la maggioranza dei propri concittadini, con i nostri ex comunisti ed
attuali neoliberisti D’Alema, con il suo yacht ormeggiato a Gallipoli, o Fassino, sindaco della città più indebitata d’Italia, con il suo reddito imponibile (anno 2010) di 126.452 euro?
Sì,
avete ragione, è qualunquista. Scusatemi. Ed allora veniamo al mio
campo: l’ambiente. Mujica ha pronunciato a braccio alla Conferenza delle
Nazioni Unite sullo Sviluppo Sostenibile Rio+20, il 21 giugno 2012, un discorso rivoluzionario,
come solo i grandi uomini sanno pronunciare, in cui ha denunciato
l’assurdità del mondo in cui viviamo. Questi alcuni passi del suo
discorso: “Veniamo alla luce per essere felici. Perché la vita è corta e
se ne va via rapidamente. E nessun bene vale come la vita, questo è
elementare. Ma se la vita mi scappa via, lavorando e lavorando per
consumare un plus e la società di consumo è il motore, perché, in
definitiva, se si paralizza il consumo, si ferma l’economia, e se si
ferma l’economia, appare il fantasma del ristagno per ognuno di noi. Ma
questo iper consumo è lo stesso che sta aggredendo il pianeta. I vecchi
pensatori – Epicuro, Seneca o finanche gli Aymara – dicevano: povero non è colui che tiene poco, ma colui che necessita tanto e desidera ancora di più e più.
Queste cose che dico sono molto elementari: lo sviluppo non può essere
contrario alla felicità. Deve essere a favore della felicità umana;
dell’amore sulla Terra, delle relazioni umane, dell’attenzione ai figli,
dell’avere amici, dell’avere il giusto, l’elementare. Precisamente.
Perché è questo il tesoro più importante che abbiamo: la felicità!”
Esattamente
quello che la saggezza suggerirebbe agli uomini: l’attuale modello di
vita occidentale è sbagliato. Ma non bisogna cambiarlo perché un giorno
neanche tanto lontano porterà all’estinzione dell’intera umanità: e
chissenefrega, tutte le specie nascono e muoiono. Bisogna cambiarlo perché non porta la felicità oggi, in questo momento.
Ovviamente,
il discorso del grandissimo José Pepe Mujica non ha avuto quasi
risonanza sui media. Forse perché andava controcorrente rispetto a
quanto pensano e dicono i grandi della Terra, controcorrente rispetto a
globalizzazione e sviluppo? Ops, scusatemi, sono di nuovo caduto nel
qualunquismo.
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