sabato 6 ottobre 2012

NON E' PIU' TEMPO DI ASPETTARE GODOT DI Vittorio Agnoletto, Antonio Bruno, Rita Lavaggi, Chiara Lesmo, Ciro Pesacane, Raffaele Salinari



«Vivo tutti i miei giorni aspettando Godot… Ho passato la vita ad aspettare Godot.» La canzone di Lolli descrive bene la situazione attuale della sinistra.«Sono invecchiato aspettando Godot, ho sepolto mio padre aspettando Godot». Il rischio è che le nostre speranze si consumino in un’attesa senza fine e quando decideremo di agire potrebbe essere troppo tardi «…ho incominciato a vivere forte proprio andando incontro alla morte». Un suicidio individuale può forse essere anche un atto romantico, ma un processo di autodistruzione collettiva è un atto irresponsabile, le cui conseguenze travalicano gli autori di tale scelta.
La legge elettorale è diventata il signor Godot della sinistra italiana; tutti aspettano, come i due protagonisti della celebre opera teatrale di Samuel Beckett, quella legge che «oggi non verrà, ma che verrà domani». Intanto vi sono milioni di persone che assistono al consumarsi del loro futuro.
A sinistra siamo con i lavoratori dell’Alcoa, con le vittime dell’Ilva, con i comitati di Taranto, con i precari della scuola, con gli esodati e al fianco dei sopravvissuti alle carneficine consumatesi nel mare nostrum. Ma non basta. La politica non può essere solo la gestione del presente, deve incarnarsi nella progettazione futura. Ed il futuro dipende anche dai rapporti di forza che vi saranno nel nuovo parlamento.
Siamo consapevoli che le istituzioni elettive sono sempre meno democratiche; i centri del potere sono sempre più nascosti nei consigli d’amministrazione delle grandi corporation e nei fondi d’investimento. Una risposta efficace alla crisi globale può solo derivare da un movimento transnazionale capace di dare forma ai principi e ai programmi del movimento sviluppatosi da Seattle a da Porto Alegre. Ma a nessuno sfugge l’importanza di una presenza parlamentare in grado di fornire ossigeno alle lotte sociali e in prospettiva di lottare per la guida del Paese come Syriza in Grecia.
L’area di dissenso dal governo Monti è ampia, anche se non immensa. Ma c’è lo spazio per organizzare un’opposizione rappresentativa. A due condizioni. La prima. Superare la logica del primo della classe, una maledizione storica per la sinistra secondo la quale tutti vogliono l’unità ma a condizione di averne la leadership. Quale credibilità possiamo avere se, mentre annunciamo anni di drammatica sventura sociale, non riusciamo nemmeno a costruire un riferimento politico unitario tra coloro che condividono gran parte delle proprie idee e speranze?
La seconda. Costruire in tempi brevi, una due giorni di confronto sul programma per individuare pochi ma significativi punti condivisi e vincolanti per tutti i partecipanti. Un incontro senza primogeniture, indetto da decine di persone provenienti dai movimenti, dalle forze sociali e politiche interessate a costruire l’opposizione a Monti e alle politiche liberiste delle quali ovviamente i referendum sugli articoli 8 e 18 sono parte integrante.
Condividiamo l’appello lanciato da De Magistris per costruire insieme alla Fiom, al popolo referendario per l’acqua pubblica e ai movimenti un’alternativa al montismo e al liberismo.
Ci rivolgiamo ai compagni e agli amici di Alba affinché le loro importanti risorse non si esauriscano nella costruzione di un’esperienza politica autolimitante ma diventino lievito per costruire un soggetto antiliberista plurale. Ci rivolgiamo al popolo dei grillini dei quali, con tutte le differenziazioni del caso, va colta la ribellione di fondo, prima di tutto etica, a questo sistema, convinti come siamo che la politica si costruisce sul confronto, non sugli anatemi.
La nostra esperienza nell’associazionismo e nei movimenti ci mostra una vasta sinistra sociale alla ricerca di percorsi unitari. La scommessa è la costruzione di una proposta capace di unire le lotte di oggi con il progetto di una società diversa.
Noi oggi siamo, forse, ancora in tempo per evitare un suicidio politico e sociale collettivo le cui conseguenze ricadrebbero non solo su di noi ma anche sulle generazioni future. E’ necessario darsi una mossa. Subito.

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