La scorsa settimana i due Comuni – entrambi guidati da giunte di centrosinistra – hanno approvato la fusione per incorporazione di Acegas-Aps, la multiutility che si occupa di acqua, rifiuti ed energia, al colosso emiliano Hera. Con la benedizione di Sel e Idv. Il Comitato: "Privatizzazione strisciante"
Dal prossimo gennaio a Padova e Trieste l’acqua non sarà più un bene pubblico. Dopo l’accordo preliminare di quest’estate,
la scorsa settimana i due Comuni – entrambi guidati da giunte di
centrosinistra – hanno infatti definitivamente approvato la cosiddetta fusione per incorporazione (in altre parole la vendita) di Acegas-Aps,
la multiutility che si occupa di acqua, rifiuti ed energia, al colosso
emiliano Hera. “È una splendida operazione con cui difendiamo gli
interessi dei cittadini – ha detto il sindaco di Padova, Flavio Zanonato
durante la seduta del consiglio comunale dello scorso 24 settembre –
Quella di aggregarsi è un’esigenza per diventare più forti e competitivi
in modo da proteggere la dimensione pubblica dell’azienda – ha spiegato
Zanonato – difendendosi dalle incursioni dei privati nel mercato dei
servizi pubblici locali”. E alla fine a votare, insieme al Pd,
all’approvazione della delibera – fortemente voluta dal primo cittadino –
sono stati anche quei partiti (Idv e Sel)
che a livello nazionale si sono spesi non poco affinché i beni pubblici
rimanessero tali. Pronti pure a bocciare la mozione, presentata dalla
consigliera della FdS, che puntava a sospendere la votazione per aprire
un percorso di consultazione della città, così come chiesto anche dal
comitato locale per l’acqua pubblica. “Niente da fare – hanno fatto
sapere da palazzo Moroni – i tempi sono strettissimi”: l’iter per
avviare il cda della nuova società deve essere concluso entro la fine di
dicembre. Per essere attivo già dal primo gennaio 2013.
“Altro
che dimensione pubblica” dunque. “La trattativa è stata condotta con un
metodo tutto verticista – denuncia a ilfattoquotidiano.it la portavoce
del Comitato acqua bene comune Padova, Giuliana Beltrame – E i cittadini sono stati definitivamente allontanati dalla possibilità di controllo
e decisione sui beni comuni”. Già, perché con la cessione delle quote
dell’azienda giuliano-veneta – nata nel 2003 dal matrimonio della
triestina Acegas e della padovana Aps – si è praticamente “proceduto ad
una privatizzazione strisciante dell’acqua e degli altri servizi
pubblici locali”. In sostanza: tradito il risultato referendario del 12 e 13 giugno 2011 e ignorata la sentenza della Corte Costituzionale.
Ma in un periodo in cui le risorse economiche
scarseggiano, a causa soprattutto dei tagli ai trasferimenti statali,
per i due Comuni le entrate derivanti dalla vendita della holding – che
detiene il 62,69% delle quote di Acegas-Aps – costituiscono una vera e
propria manna dal cielo. “Praticamente si bruciano i mobili per scaldare
la casa”, chiosa Beltrame. La somma sborsata dalla società emiliana
sarà infatti di circa 3,5 milioni di euro: metà al comune di Padova,
metà a quello di Trieste. Ciascuna delle due amministrazioni avrà
inoltre il 5% delle azioni del nuovo colosso che, insieme alla lombarda
“A2A”, si appresta a diventare una delle principali multiutility del
Paese. La “nuova” Hera, di cui entrerà a far parte anche la Cassa
depositi e prestiti – attraverso la finanziaria Sviluppo Italia –, avrà un fatturato superiore ai 4 miliardi l’anno.
Ad indignare il comitato padovano acqua bene comune però c’è anche il tradimento di quei partiti “che l’anno scorso avevano partecipato alla battaglia referendaria
e che adesso avallano questa mercenaria operazione”. A convincerli,
oltre all’intervento – per quanto riguarda i consiglieri dell’Idv – del
capogruppo alla Camera, Massimo Donadi, sarebbero state una serie di
promesse contenute in una raccomandazione, tra cui: la chiusura della
prima linea dell’inceneritore, “ma tra 14 anni”; la riduzione del numero dei consiglieri di amministrazione di Acegas-Aps – azienda che continuerà ad esistere – e la diminuzione dei consiglieri di amministrazione
e dei loro stipendi. “Come è noto però le decisioni relative alle Spa
quotate in borsa non sono certo materia di approvazione dei consigli
comunali”, fa notare la portavoce del comitato acqua bene comune Padova.
E poi coi compensi che hanno i manager di Hera, vuoi vedere che anche quelli dei membri del cda Acegas-Aps
– visto che adesso sarà praticamente l’azienda di Bologna a decidere
tutto – non subiscano un ritocchino al rialzo? A destare scandalo infine
c’è l’ipotesi dell’imbottigliamento – e dunque della
commercializzazione – di quella stessa acqua che bevono i padovani e i
giuliani. “E’ inaudito: una cosa del genere non si è mai verificata –
tuonano comitati locali – E la cosa ridicola è che una delle garanzie
chieste e ottenute da Sel è che le bottiglie che, verranno riempite con
la nostra acqua, siano di vetro anziché di plastica”.
Adesso la
palla passa ai 180 comuni, fra cui Bologna, che controllano il gruppo
Hera. Saranno loro a decidere nei prossimi giorni – in tempo per lo
svolgimento delle assemblee di Acegas-Aps e Hera, convocate il 15 di
ottobre in contemporanea – se la fusione potrà avvenire.
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