La giornata studentesca del 5 febbraio è stata
una doccia fredda per partiti e istituzioni e per sindacati complici. La
settimana di agitazione dal 20 al 27 ottobre è un'altra occasione di
parola
da www.ateneinrivolta.org
5 ottobre 2012. Eccoli gli studenti e le studentesse, dati per smarriti e tramortiti da due anni d'austerità, sono invece tornati in piazza per protestare contro i tagli del governo Monti e l’austerità imposta dai mercati finanziari e dalle banche europee.
5 ottobre 2012. Eccoli gli studenti e le studentesse, dati per smarriti e tramortiti da due anni d'austerità, sono invece tornati in piazza per protestare contro i tagli del governo Monti e l’austerità imposta dai mercati finanziari e dalle banche europee.
Si sono ripresi le piazze con rabbia ed è stata una doccia gelida per
i partiti istituzionali che appoggiano il governo, che raccontano da
mesi una favola secondo la quale “gli italiani sono comprensivi”,
accettano con la necessaria responsabilità il massacro sociale attuato
dal governo dei tecnici.
Il nervosismo della polizia in tutta Italia, (mano pesante e fermi da
Torino a Roma), parla da solo di quanto governo e forze dell'ordine non
fossero più abituati a mobilitazioni ampie e radicali.
In una realtà dominata dalla complicità dei sindacati confederali,
dalle difficoltà materiali della crisi e da una frammentazione sempre
più profonda delle lotte sociali, ancora una volta i/le giovani, gli
studenti, come accade ormai da molti anni a questa parte, sono riusciti
per un giorno ad aprire spazi di conflitto, ad organizzarsi e riversarsi
nelle piazze producendo momenti di forte radicalità a cui le forze
dell’ordine non hanno tardato a rispondere con la solita gratuita
violenza di chi proprio non se l’aspettava.
Le immagini della Spagna, della Grecia, del Portogallo non le
guardiamo solo noi, le studia con attenzione e paura anche la classe
politica italiana, ben consapevole che i primi obbiettivi di una
possibile mobilitazione sono proprio loro e le loro politiche
d’austerità.
Già negli scorsi anni il soggetto studentesco si è ritrovato a
svolgere quella funzione di collante e motore per la creazione di un
fronte sociale di chi la crisi la subisce e che da solo rappresenta
l’alternativa vera all’austerità imposta da governi di ogni colore in
Europa.
Dobbiamo lavorare perchè ciò si ripeta, in forme più radicali ed efficaci che negli anni passati.
“Professionisti della rivolta” titolano alcuni giornali di destra.
L’indagine delle cause e la comprensione della realtà lascia il posto
agli slogan e all’indignazione per la “violenza quindicenne”:
disoccupazione giovanile al 36%, lavoro precario al 66% tra i laureati
che trovano una occupazione, stipendio medio inferiore ai 900 euro,
totale assenza di diritti e garanzie, costo della vita alle stelle, a
cominciare dai libri di testo e dagli aumenti sui trasporti.
A questa situazione già allarmante si sommano gli ennesimi tagli
della “Spending review”, gli aumenti delle tasse e gli spostamenti di
fondi dal diritto allo studio per tutt* a fumosi “fondi per il merito” e
scuole d’eccellenza.
La meritocrazia sbandierata dai governi si traduce in esclusione, in
diritti e servizi negati e questa è la vera lezione che si impara il
primo giorno di scuola o alla prima lezione del semestre!
Eravamo “bamboccioni”, eravamo “sfigati”, avremmo dovuto “rinunciare
al posto fisso”, ora siamo una “generazione perduta”, nella retorica di
quei politicanti bipartisan che hanno intenzionalmente pianificato la
condizione di precarietà e negazione di diritti in cui quotidianamente
viviamo, salvo poi strumentalizzarla ed osteggiarla quando le elezioni
si avvicinano.
Di tutto questo siamo stanchi, vogliamo tornare a prendere parola
sulle nostre vite, sul nostro futuro, sulla nostra condizione, senza
delegare le scelte e la narrazione della nostra situazione a tecnocrati e
banchieri.
E’ per questo che siamo fermamente convint* che alle mobilitazioni
del 5 ottobre si debba dare un seguito, da costruire fra tutti i
soggetti della formazione, dagli insegnanti precari agli universitari.
Partecipazione vera e autorganizzazione devono essere gli elementi da
cui ripartire, con assemblee e momenti di mobilitazione pubblici e
larghi che nelle pratiche stesse rappresentino l’antitesi allo
spettacolo indegno offerto da un scenario politico/partitico intriso di
primarie e presunte “questioni morali”.
I problemi veri del paese non sono i festini del PdL (manifestazione
più evidente del marciume insito nella casta) o le indecisioni del Pd,
ma le conseguenze di vent’anni di neoliberismo sfrenato, che con
l’austerità tecnica e il ricatto del debito ha raggiunto il livello
massimo di massacro sociale e oppressione di tutti e tutte noi!
A partire dai luoghi in cui viviamo e militiamo ogni giorno, scuole e
università, lanciamo quindi un appello alla costruzione di questi
momenti, alla costruzione di una mobilitazione che dobbiamo immaginare
di lungo periodo e per ciò da costruire nelle forme più larghe e
inclusive possibili. La settimana di agitazione dell’Università
del 20-27 ottobre, il No Monti Day del 27, le campagne dei comitati
territoriali e per l’acqua pubblica, devono essere occasioni da
costruire e sfruttare con l’obbiettivo di ricreare le condizioni per
una mobiltazione studentesca ampia e radicale, strumento efficace tanto
quanto necessario alla composizione anche in Italia di un movimento
analogo (e in collegamento diretto) a quei movimenti che in tutta Europa
stanno dimostrando la loro forza e che stanno facendo tremare tutti i
governi dell’austerità.
Ateneinrivolta - Coordinamento Nazionale dei Collettivi
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