lunedì 8 ottobre 2012

Due giorni di Alba a Torino di Roberto Musacchio, www.democraziakmzero.org



L’avevano annunciata il giorno in cui la Fiom incontrava la sinistra italiana per porre le domande irrinunciabili di chi vive la condizione drammatica del lavoro. La due giorni organizzata dal “soggetto politico nuovo” che ha preso l’acronimo di Alba – Alleanza Lavoro Benicomuni Ambiente – e dedicata al lavoro ha avuto nella presenza di dirigenti ed amici della Fiom una caratteristica importante.
Niente a che vedere con la nascita di un “partito Fiom” che, dice Maurizio Landini, che della Fiom è segretario e che molti vorrebbero come demiurgo per una sinistra italiana quanto mai divisa nelle sue ragioni di fondo, non c’è e non ci sarà, perché la Fiom fa sindacato, guarda al malessere dei lavoratori, chiede a tutte le forme della sinistra risposte su questo. Parla, Landini, la mattina del secondo giorno, quello dedicato agli interrogativi sul che fare in vista delle elezioni del 2013.
La discussione si è spostata al Cinema Massimo, vicino alla Mole Antonelliana, che ospita circa 300 persone. Un buon numero, ma non di più di quelli che erano presenti il giorno prima, nella sede della Fabbrica delle E del Gruppo Abele, per la discussione seminariale sul lavoro, ma anche sull’Europa e i beni comuni. Segno che la questione elettorale è importante ma non esclusiva.
D’altronde, i lavori si svolgono in contemporanea a quelli dell’Assemblea nazionale del Pd che darà ufficialmente avvio alle primarie. Primarie a cui Alba non partecipa perché considera necessario proporre una alternativa al montismo, ma anche a questa Europa, che non si capisce come possa nascere insieme a quelli che ne sono parte. Una proposta non facile da far vivere, perché non può certo fondarsi su una logica degli schieramenti, sul mettere insieme tout court di chi “non ci sta“, ma richiede una ricerca probabilmente lunga e difficile sulle cause della sconfitta e un lavoro altrettanto faticoso per mettere in campo di un diverso orizzonte.
Ma già questa due giorni, fortemente voluta da Marco Revelli, che di Alba rappresenta bene una delle anime intellettuali che si accompagnano a quelle di movimento, riesce a procedere sui binari di una effettiva diversità. La discussione tematica, prima in plenaria e poi articolata in tre gruppi, sui beni comuni, l’esperienza delle fabbriche recuperate e il reddito di cittadinanza, procede in un clima attento.
Si succedono, nel rispetto di tempi adatti all’ascolto, intellettuali e espressioni dei movimenti che, più di tanti partiti hanno, in questi anni hanno costituito i punti di resistenza e di alternativa a volte anche vittoriosi. La riflessione sulla condizione materiale del lavoro si intreccia con quella sulla costituente postdemocratica in atto in Europa e di cui il governo Monti è protagonista, e con la necessità di un diverso orizzonte di società dove la liberazione semantica, e concreta, dei beni comuni riguardi anche il lavoro, il diritto al buen vivir , la politica e la cittadinanza.
Dopo i gruppi, una tavola rotonda sulla “Cura del lavoro e il lavoro di cura“ che si svolge mentre contemporaneamente a Paestum c’è un appuntamento assai importante che le donne si sono date.
Tanti materiali utili che vengono riportati l’indomani ad introdurre, e facilitare, la discussione sul “che fare“ in vista del 2013. Discussione né semplice né scontata ma che non può e non deve angosciare, dicono in molti anche nelle discussioni fuori della sala. Se il tema è infatti quello di una vera e propria ripartenza a fronte della postdemocrazia europea ma anche del degrado che ormai accomuna prima e seconda repubblica italiane, Alba non può che proporsi di contribuire a un processo vasto e complesso. Magari mandando segnali forti come quello di non partecipare alla ricerca del meno peggio che, la storia insegna, finisce col produrre sempre una situazione ulteriormente deteriorata. Ma per il resto la ricostruzione di categorie è difficilissima così come il mettersi in campo di forze capaci, a partire dalla propria esperienza diretta, di proporsi come alternativa. Si deve guardare per altro molto alla dimensione territoriale, dove ci sono le lotte più significative e dove, ad esempio a Roma, sta maturando l’esigenza di un cambio di fase radicale con tutto il passato, che si esprime anche con la candidatura a sindaco di Sandro Medici.
E poi c’è la Val di Susa che parla di un vero e proprio discrimine di società. Livio Perino, autore tra l’altro di un recente libro sui No Tav valsusini, dice che sarebbe bene se nel prossimo parlamento ci fosse una pattuglia espressione di una alternativa non compromessa e che si potrebbe lavorare ad avere punti programmatici e loro espressione “fisica“ in una futura assemblea condivisa. Anche, viene detto da altri, per non avere un parlamento in cui non vi sia nessuno libero non solo di parlare contro, ad esempio, il fiscal compact ma anche di votare in conseguenza. Infatti è di questo che ci interroga il regolamento delle primarie che sembrerebbe dire che si può anche dire quello che si vuole, con “garbo“ come dice l’attuale esclusione di Di Pietro, ma poi si vota come decide la maggioranza della delegazione dei futuri parlamentari. Siamo sicuri che faccia bene alla democrazia?

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