L’avevano
annunciata il giorno in cui la Fiom incontrava la sinistra italiana per
porre le domande irrinunciabili di chi vive la condizione drammatica
del lavoro. La due giorni organizzata dal “soggetto politico nuovo” che
ha preso l’acronimo di Alba – Alleanza Lavoro Benicomuni Ambiente – e
dedicata al lavoro ha avuto nella presenza di dirigenti ed amici della
Fiom una caratteristica importante.
Niente a che vedere con la nascita di un “partito Fiom” che, dice
Maurizio Landini, che della Fiom è segretario e che molti vorrebbero
come demiurgo per una sinistra italiana quanto mai divisa nelle sue
ragioni di fondo, non c’è e non ci sarà, perché la Fiom fa sindacato,
guarda al malessere dei lavoratori, chiede a tutte le forme della
sinistra risposte su questo. Parla, Landini, la mattina del secondo
giorno, quello dedicato agli interrogativi sul che fare in vista delle
elezioni del 2013.
La discussione si è spostata al Cinema Massimo, vicino alla Mole
Antonelliana, che ospita circa 300 persone. Un buon numero, ma non di
più di quelli che erano presenti il giorno prima, nella sede della
Fabbrica delle E del Gruppo Abele, per la discussione seminariale sul
lavoro, ma anche sull’Europa e i beni comuni. Segno che la questione
elettorale è importante ma non esclusiva.
D’altronde, i lavori si svolgono in contemporanea a quelli
dell’Assemblea nazionale del Pd che darà ufficialmente avvio alle
primarie. Primarie a cui Alba non partecipa perché considera necessario
proporre una alternativa al montismo, ma anche a questa Europa, che non
si capisce come possa nascere insieme a quelli che ne sono parte. Una
proposta non facile da far vivere, perché non può certo fondarsi su una
logica degli schieramenti, sul mettere insieme tout court di chi “non ci
sta“, ma richiede una ricerca probabilmente lunga e difficile sulle
cause della sconfitta e un lavoro altrettanto faticoso per mettere in
campo di un diverso orizzonte.
Ma già questa due giorni, fortemente voluta da Marco Revelli, che di
Alba rappresenta bene una delle anime intellettuali che si accompagnano a
quelle di movimento, riesce a procedere sui binari di una effettiva
diversità. La discussione tematica, prima in plenaria e poi articolata
in tre gruppi, sui beni comuni, l’esperienza delle fabbriche recuperate e
il reddito di cittadinanza, procede in un clima attento.
Si succedono, nel rispetto di tempi adatti all’ascolto, intellettuali
e espressioni dei movimenti che, più di tanti partiti hanno, in questi
anni hanno costituito i punti di resistenza e di alternativa a volte
anche vittoriosi. La riflessione sulla condizione materiale del lavoro
si intreccia con quella sulla costituente postdemocratica in atto in
Europa e di cui il governo Monti è protagonista, e con la necessità di
un diverso orizzonte di società dove la liberazione semantica, e
concreta, dei beni comuni riguardi anche il lavoro, il diritto al buen
vivir , la politica e la cittadinanza.
Dopo i gruppi, una tavola rotonda sulla “Cura del lavoro e il lavoro
di cura“ che si svolge mentre contemporaneamente a Paestum c’è un
appuntamento assai importante che le donne si sono date.
Tanti materiali utili che vengono riportati l’indomani ad introdurre,
e facilitare, la discussione sul “che fare“ in vista del 2013.
Discussione né semplice né scontata ma che non può e non deve
angosciare, dicono in molti anche nelle discussioni fuori della sala. Se
il tema è infatti quello di una vera e propria ripartenza a fronte
della postdemocrazia europea ma anche del degrado che ormai accomuna
prima e seconda repubblica italiane, Alba non può che proporsi di
contribuire a un processo vasto e complesso. Magari mandando segnali
forti come quello di non partecipare alla ricerca del meno peggio che,
la storia insegna, finisce col produrre sempre una situazione
ulteriormente deteriorata. Ma per il resto la ricostruzione di categorie
è difficilissima così come il mettersi in campo di forze capaci, a
partire dalla propria esperienza diretta, di proporsi come alternativa.
Si deve guardare per altro molto alla dimensione territoriale, dove ci
sono le lotte più significative e dove, ad esempio a Roma, sta maturando
l’esigenza di un cambio di fase radicale con tutto il passato, che si
esprime anche con la candidatura a sindaco di Sandro Medici.
E poi c’è la Val di Susa che parla di un vero e proprio discrimine di
società. Livio Perino, autore tra l’altro di un recente libro sui No
Tav valsusini, dice che sarebbe bene se nel prossimo parlamento ci fosse
una pattuglia espressione di una alternativa non compromessa e che si
potrebbe lavorare ad avere punti programmatici e loro espressione
“fisica“ in una futura assemblea condivisa. Anche, viene detto da altri,
per non avere un parlamento in cui non vi sia nessuno libero non solo
di parlare contro, ad esempio, il fiscal compact ma anche di votare in
conseguenza. Infatti è di questo che ci interroga il regolamento delle
primarie che sembrerebbe dire che si può anche dire quello che si vuole,
con “garbo“ come dice l’attuale esclusione di Di Pietro, ma poi si vota
come decide la maggioranza della delegazione dei futuri parlamentari.
Siamo sicuri che faccia bene alla democrazia?
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