martedì 15 maggio 2012

SYRIZA IN GIOCO di Christos Kefalis



Grecia – Le prospettive di un governo di SYRIZA
Le elezioni del 6 maggio hanno prodotto un riultato sensazionale, aprendo un capitolo nuovo nella storia politica della Grecia. Esse, inoltre, si ripercuoteranno in maniera significativa sulla situazione politica europea.
Il risultato mostra la chiara polarizzazione tra destra e sinistra e la rottura delle forze politiche finora dominanti: il Movimento panellenico (PASOK) e Nuova Democrazia (ND), il cosiddetto “sistema bipartitico”, che ha dominato la scena politica greca fin dal 1974.
Entrambi i partiti tradizionali, pilastri delle politiche neoliberiste, hanno perso oltre la metà dei loro voti. Insieme, hanno ottenuto soltanto il sostegno del 32% dell’elettorato, rispetto al 77% nelle elezioni del 2009. Nuova Democrazia è scesa dal 33% del 2009 al 19%, mentre il PASOK è crollato ancor più spettacolarmente dal 44% al 13%, perdendo più di 2 milioni di voti.
Si è trattato della punizione per le loro reazionarie politiche di austerità, il “Memorandum”, applicate in collaborazione con l’Unione Europea e il Fondo Monetario Internazionale. Conseguenza di tali politiche sono stati il depauperamento della stragrande maggioranza della popolazione e la massiccia disoccupazione, ufficialmente ormai al 23%, che ha provocato molti suicidi di uomini e donne disperati/e.
Il voto per la sinistra nel suo complesso è salito dal modesto 12% del 2009 all’impressionante 35,5%: 17% per SYRIZA (Coalizione della Sinistra Radicale): 8,5% per il Partito comunista (KKE); 1,2% per la sinistra anticapitalista Antarsya; 6,1%, per la moderata Sinistra Democratica, e il 2,9% per i Verdi. Naturalmente, la prospettiva di un governo di sinistra è dubbia visto che il KKE, un partito ultrastaliniano, ha escluso in partenza qualsiasi collaborazione con gli “opportunisti”(definizione che assegna a tutti i partiti di sinistra, se stesso escluso). Dall’altra parte, la Sinistra Democratica e i Verdi sono partiti moderati di centro sinistra che non si differenziano sostanzialmente dal PASOK. Pur stando così le cose, il risultato collettivo dei tre partiti radicali di sinistra (SYRIZA, KKE e Antarsya) è stato un impressionante 26,5%.
L’estrema destra
L’altra caratteristica rilevante delle elezioni del 6 maggio è la brusca crescita dell’estrema destra, che è balzata a un sorprendente 20,5% dei voti. Rappresentata in precedenza da un solo partito, LAOS, che aveva avuto tre anni fa un modesto 6%, l’estrema destra si esprime sostanzialmente in tre partiti: i Greci Indipendenti, LAOS e la neo-nazista Aurora dorata (che hanno ottenuto, rispettivamente: il 10,6%, 2,9% e 7% dei voti. LAOS ha pagato per il suo appoggio al governo, restando sotto la soglia del 3% che consente l’ingresso in parlamento.
Ovviamente, ha un certo impatto il 7% ottenuto da Aurora Dorata, un partito apertamente neonazista e razzista anti-immigrati. È la prima volta che un partito del genere entra in parlamento con il sostegno popolare, in una Grecia famosa per il suo movimento di resistenza al nazismo nel 1941-1945.
Il risultato era stato previsto da militanti e pubblicazioni di sinistra, incluso “Pensiero marxista” [Marxistikiskepsi, di cui l’autore dell’articolo è il direttore, NdT], che ha dedicato il suo ultimo numero monografico al problema del fascismo, del neofascismo e della nuova estrema destra. C’è stata una massiccia mobilitazione delle organizzazioni di sinistra durante le ultime tre settimane delle elezioni, per attirare l’attenzione sul pericolo delle squadracce neonaziste. Evidentemente, è stata in larga misura inefficace, se l’estrema destra ha guadagnato terreno negli ultimi anni nei quartieri in degrado e tra i giovani disoccupati. Il KKE non solo non sta facendo assolutamente nulla per lottare contro l’estrema destra, ma dà rifugio ai nazionalisti, come la famosa giornalista Liana Kaneli, ed è addirittura arrivato a dare il benvenuto agli esponenti di Aurora Dorata nello sciopero di Halyvourgiki che controlla tramite l’unione dei lavoratori locali.
Certo, l’estrema destra ha ottenuto “solo” un 20,5%, rispetto al 26,5% della sinistra radicale, ma ha comunque triplicato le sue forze, mentre la sinistra radicale le ha “solo” raddoppiate.
Estremisti
Il rapporto di forza scaturito dalle elezioni è stato interpretato dai commentatori dei mezzi di comunicazione conservatori come la logica espressione della collera, che spinge la gente agli “estremi”. Secondo questa lettura, la gente si è lasciata trasportare attirare dalle false promesse, irrealizzabili, dei demagoghi. La strada giusta, a loro avviso, sarebbe stata quella di proseguire nell’applicazione delle “riforme” reazionarie che, con il tempo, supererebbero la crisi rilanciando la crescita, promuovendo maggiore produttività e il miglioramento della democrazia. Dora Bakogianni, leader dell’ultraliberista e della (mal chiamata) Alleanza Democratica, che per un margine ristretto non è riuscita a entrare in parlamento, ha sostenuto a più riprese questo argomento.
Un ragionamento del genere ha un duplice intento. Da un lato, si tratta di equiparare la minaccia dell’estrema destra e la prospettiva di un cambiamento di sinistra come due aspetti complementari del problema che sta affrontando la Grecia, presentando al contempo la sinistra radicale come un pericolo, negando in partenza che possa esserci alcune soluzione di sinistra radicale per la crisi del paese. Dall’altro lato, si tratta di abbellire il corrotto sistema parlamentare greco presentando i partiti del sistema come garanti della stabilità e del benessere, mentre sono in realtà la causa del problema.
In Grecia, la corruzione dei dirigenti politici e dei pubblici funzionari è molto estesa e di enormi dimensioni, ma non viene mai sanzionata nella pratica. La collera creata dal decadimento politico è una delle principali ragioni dell’ascesa dell’estrema destra e del neonazismo. Chiaramente, ci si induce a credere che le stesse forze che hanno creato la situazione presente possano fare uscire per virtù magica il paese dalla crisi, applicando le medesime ricette che l’hanno invece approfondita. Di fatto, quando i politici reazionari come la Bakogianni parlano di “migliorare la produttività” vogliono dire più licenziamenti e nuove tornate di tagli dei salari nel settore pubblico e privato, , misure con le quali la situazione esistente, già brutta, diventa disperata per la maggior parte della gente.
SYRIZA
SYRIZA ha avuto successo nel tener testa a questa situazione, proponendo la formazione di un governo di sinistra, che ha ottenuto un grande appoggio popolare. La personalità carismatica del suo presidente, Alexis Tsipras, ha giocato un ruolo importante. Il KKE e Antarsya non sono stati in grado di avere un analogo impatto.
Il KKE ha insistito su una politica ultrasettaria, chiamando a formare un fronte per l’abbattimento immediato del sistema tramite il “potere popolare”, stabilendo un nesso tra ogni singola lotta per migliorare la triste sorte della gente con questa prospettiva della presa del potere e negando con fermezza che sia possibile ottenere qualsiasi miglioramento prima di instaurare il “potere popolare”. In pratica, significa condannarsi alla passività e a una rottura burocratica con la realtà, dietro l’ingannevole parvenza di lottare per la rivoluzione.
Antarsya ha un’impostazione molto migliore e ha svolto un ruolo vitale nella lotta contro i neonazisti di Aurora Dorata. Tuttavia, ha pagato il prezzo di non avere saldi legami popolari e della sua incapacità di collaborare con altre forze di sinistra. Le succede non solo con SYRIZA, con cui ha una serie di differenze programmatiche, ma anche con il Fronte per la Solidarietà e il Rovesciamento, una piccola formazione di sinistra radicale capeggiata da Alekos Alavanos, un importante ex dirigente di SYRIXA che non ha partecipato realmente a queste elezioni.
Il KKE ha accusato SYRIZA di opportunismo e di creare illusioni tra la gente, proponendo un governo di sinistra che non potrebbe essere migliore di quelli esistenti. Aleka Papariga, la dogmatica segretaria generale del KKE, è persino arrivata a insinuare che la partecipazione a un governo di sinistra significherebbe tradire il popolo in cambio di qualche portafoglio ministeriale e ha dichiarato che il KKE darebbe un voto di fiducia nel caso si prospettasse nel parlamento. L’analisi politica del KKE dopo le elezioni è stata che la crescita del sostegno a SYRIZA non significa se non il tentativo del sistema di impedire la radicalizzazione popolare e incanalarla in una forma accettabile dalla classe dominante. Peraltro, Papariga si è rifiutata di incontrare Tsipras dopo le elezioni per discutere la formazione di un governo di sinistra.
Il dogmatismo del KKE
Tutto questo, e la convinzione della direzione del KKE che non si possa ottenere alcun cambiamento per via parlamentare è puro dogmatismo settario. Certo che, in ultima istanza, non è tramite il parlamento che si può instaurare il socialismo e fare la rivoluzione di cui il popolo ha bisogno. Tuttavia, l’esperienza di Hugo Chávez in Venezuela dimostra come, con il sostegno di un movimento di massa, si possano avviare grandi cambiamenti radicali utilizzando come leva il parlamento. E non esiste alcun motivo reale per cui, in linea di principio, non sarebbe possibile anche in Grecia.
I problemi effettivi, naturalmente, cominciano da questo momento in poi. Per rendere effettivo un cambiamento così radicale con l’aiuto di un governo di sinistra in base a una maggioranza parlamentare, è necessario un fronte di massa che sostenga questo progetto. Questo è tanto più importante in Grecia, perché si sia in grado di sopportare la forte pressione dei prestatori stranieri, i governi europei e le istituzioni imperialiste. Evidentemente, attualmente non esistono né una maggioranza né un fronte del genere. E per quanto i numeri possano rendere possibile un governo di sinistra in una fase successiva, non è sicuro in assoluto che si concretizzi.
La posizione del KKE è la ragione principale di questo, Il KKE gode dell’appoggio di una parte significativa della classe operaia industriale, di militanti che sarebbero essenziali per rafforzare e consolidare un fronte del genere.
Il KKE, con un breve interregno nel 1991, ha seguito per due decenni un corso sempre più staliniano. Non solo ha riabilitato di recente Nikos Zahariadis, l’autoritario e cinico segretario generale staliniano (1931-1956), ma considera Stalin uno dei maggiori marxisti di tutti i tempi, accetta la validità dei processi di Mosca e continua ad accusare di essere agenti della Gestapo Trotsky, Bucharin e gli altri dirigenti della vecchia guardia bolscevica. Una serie di pseudo teorici staliniani della linea dura, quali i membri dell’Ufficio Politico Mailis Makis e Loukas Stefanos, hanno creato una cerchia nella direzione del partito che ne controlla la vita interna, politica e ideologica, a spese del livello politico dei suoi membri, rendendolo vulnerabile a ogni tipo di arrivisti e opportunisti. Alekos Halvatzis, figlio di Spyros Halvatzis, portavoce del KKE in parlamento, ha lasciato un paio di anni fa il partito accusando la direzione di Papariga di averlo inzeppato di “clandestini”.
Il KKE ha ripudiato le rivoluzioni della primavera araba e i grandi movimenti di “indignados” in Grecia e in Europa in quanto sospetti, perfino di essere guidati a volte dagli organi dei servizi segreti imperialisti. Invece di partecipare a questi movimenti, chiede alla gente di unirsi ai “fronti” creati artificialmente da esso e che dirige dall’alto, in assenza di radicamento popolare.
Di recente si è spinto al punto di ignorare il suicidio spettacolare di un anziano settantasettenne, Dimitris Christoulas, che si è sparato in piazza Syntagma, lasciando un emozionante messaggio alle generazioni più giovani, incitandole a lottare contro i governanti corrotti. Christoulas era membro del movimento degli “indignados”, e quindi Rizospastis, l’organo ufficiale del KKE, nelle poche righe dedicate all’incidente, non ne menzionò neppure il nome (lo chiamava “l’uomo di 77 anni”) e ne censurò spudoratamente il messaggio; lanciò addirittura l’accusa che il suo gesto favoriva gli interessi della classe dominante, che vuole che la gente si suicidi.
Unità della sinistra
SYRIZA, d’altro canto, è una coalizione di vari gruppi, marxisti, trotskisti, maoisti, riformisti moderati e di sinistra, verdi e di altre tendenze. La coalizione ha un carattere genuinamente democratico, e la varietà dei punti di vista contribuisce alla sua vitalità, trasformandola in uno spazio di discussione e di produzione di idee. Naturalmente, nella grave situazione in cui si trova la Grecia, questo potrebbe anche costituire un ostacolo, impedendole in un momento critico di decidere rapidamente una posizione unitaria su problemi cruciali su cui le varie componenti della Coalizione hanno punti di vista differenti. Per ora, il successo elettorale rafforza l’unità, ma non sarà così per sempre.
Il KKE, con il suo consueto fanatismo, sembra “stare aspettando al varco” che esploda l’equilibrio interno di SYRIZA e che, dopo un probabile insuccesso al momento di formare un governo di sinistra o nel corso della sua gestione, il popolo greco si rivolga a loro. Tale speranza si basa sul fatto che SYRIZA non ha legami forti con le masse che ne hanno sostenuto la Coalizione alle elezioni del 6 maggio, e che la sua base sociale non è tanto la classe operaia industriale quanto gli impiegati pubblici e la gioventù. Si tratta però di una vana speranza perché, se SYRIZA non è in grado di superare queste difficoltà, vi sarà un caos generale e, in tal caso, sarà l’estrema destra e non il KKE ad avere maggiori probabilità di trarne vantaggio.
Sfidando l’austerità
La vittoria di Syriza ha coinciso con quella del candidato del PS, François Hollande, alle presidenziali francesi. Evidentemente, si tratta di due avvenimenti di natura completamente diversa. Il risultato di Hollande, pur avendo conquistato il sostegno di molti elettori di sinistra, significa soltanto un cambiamento della politica della classe dominante e dei suoi partiti. Può comportare alcuni cambiamenti e modifiche parziali, un tono e un orientamento un po’ diverso, ma non cambierà le basi generali su cui si fondano le politiche europee. La svolta generale verso SYRIZA in Grecia ha certamente la potenzialità di sfidare le basi stesse delle politiche di austerità e il predominio dei mercati. Può costituire un esempio, soprattutto se ha successo, per altri paesi che soffrono per problemi analoghi, come la Spagna, il Portogallo, l’Italia e l’Irlanda, e incoraggiare un generalizzato e autentico movimento europeo a sinistra.
Le élites governative europee sono pienamente consapevoli di questo e hanno reagito con nervosismo, o intervenendo spudoratamente prima delle elezioni per dettarne l’esito, o esigendo senza discutere il rispetto delle condizioni sottoscritte dai precedenti governi. I loro timori sono indubbiamente giustificati, specie se si verifica una svolta generalizzata verso la sinistra radicale in Europa. Ma il problema realmente urgente è: come affronterà SYRIZA la pressione raddoppiata dei prossimi mesi? A quali obiettivi darà la priorità e che cosa potrà ottenere in un momento in cui, in generale, le forze reazionarie continuano ad essere più forti in Europa?
SYRIZA intende derogare al “Memorandum” e rinegoziare il debito, anche annullandone una parte sostanziosa considerata debito odioso (illegittimo). Esige anche una moratoria di tre anni sulle obbligazioni del debito che, se ottenuta, comporterebbe un notevole respiro data la situazione di crisi. Il programma di SYRIZA comprende la nazionalizzazione di una serie di banche, l’aumento della tassazione dei ricchi e il recupero del tenore di vita della popolazione. Il dirigente di SYRIZA, Tsipras, ha proposto un programma in cinque punti che concretizza tutto ciò.
Abbandonare l’euro?
Alcune forze di sinistra, compresa Antarsya, obiettano che non basta e che sarà necessario il ripudio unilaterale del debito, il che significa che il paese dovrà abbandonare l’euro e ritornare alla sua moneta nazionale. Questa posizione è in gran parte anche quella della Corrente di Sinistra, un’importante componente di SYRIZA, con alla testa la portavoce parlamentare Panagiotis Lafazanis. Anche una serie di influenti economisti greci, ad esempio Kostas Lapavitsas, hanno la stessa posizione.
Significativamente, il KKE mette in rapporto la cancellazione del debito con la sua proposta di “potere popolare”, ritenendo che sia impossibile nel quadro del sistema parlamentare. Si tratta di una posizione assurda, perché il ripudio del debito è una riforma che si riferisce al sistema di distribuzione e lascia intatto il sistema capitalistico di produzione come tale. È perciò perfettamente concepibile sotto il capitalismo, come dimostrano una serie di esempi (Ecuador, Russia).
La difficoltà del ripudio del debito sta nel fatto che, a parte essere a lungo termine più vantaggioso per la popolazione, nelle sue fasi iniziali creerebbe problemi e disorganizzazioni molto importanti. Per minimizzare questo, ed evitare un’esperienza come quella argentina nel 2001, è fondamentale che la maggioranza della gente sia convinta della sua necessità e che il processo sia affrontato modo ordinato da un governo di sinistra deciso e al tempo stesso convinto dei propri obiettivi.
Questo significa che, finché la sinistra europea continuerà sulla difensiva, non vi è altro rimedio che tentare di mettere in pratica il “transigente” programma di SYRIZA e arrivare a un accordo con l’UE. Se, come è assai probabile, le élites neoliberiste dell’UE si rifiutano di fare importanti concessioni effettive, si potrebbe a quel punto convincere i greci della necessità di misure più radicali. Sarebbe molto vantaggioso che questo scenario coincidesse con una ripresa generalizzata dei movimenti di massa in Europa, specie nel Sud d’Europa, dando luogo a una “primavera europea”.
Si tratta di una prospettiva non poi così remota come potrebbe sembrare. Le classi dominanti in Grecia e in Europa la stanno prendendo sul serio e si preparano ad affrontare la sfida posta al loro sistema. La recente crescita dell’estrema destra in Grecia, apertamente sostenuta da un settore dei mezzi di comunicazione di massa, alcune cerchie capitalistiche e parte dell’apparato statale di sicurezza, lo conferma.
La disintegrazione del sistema politico greco è paragonabile, in questo senso, al crollo della Repubblica di Weimar in Germania e vi sono una serie di analogie sorprendenti. In una situazione analoga di profonda crisi economica, di disoccupazione massiccia e di povertà, si verificò non solo il fallimento dei principali partiti politici, ma anche quello dello stesso sistema parlamentare. Il governo Papademos è stato importante in questo senso, in quanto ha significato un primo passo di rottura con un normale sistema democratico, con la sostituzione di un’amministrazione tecno-burocratica per molti aspetti simile al governo Brüning a Weimar.
Il programma del nuovo partito Greci Indipendenti, con alla testa Panos Kammenos (un ex ministro di ND), contiene una serie di proposte reazionarie ancor più pericolose, combinando un piano estremo di privatizzazioni con la nomina dei capi della polizia e dell’esercito da parte dei ministri della Sicurezza e della Difesa nazionale, rispettivamente. Si tratta certamente di un piano per configurare un regime bonapartista, che metterebbe in pericolo gli stessi capisaldi della democrazia borghese e del movimento operaio. Per il momento, sostengono queste misure soltanto Kammenos e gli altri partiti dell’estrema destra, come LAOS e Aurora Dorata. Ma non è possibile escludere che, nella misura in cui la crisi si intensifichi, i tradizionali partiti capitalistici, il PASOK e ND, o certe correnti al loro interno, possano seguire la stessa direzione.
A un punto morto
Le elezioni del 6 maggio hanno portato a un punto morto. PASOK e ND raggiungono 149 seggi, ma la maggioranza parlamentare ne richiede 151. Anche se riuscissero ad attrarre una terza forza come Sinistra Democratica e raccogliere 168 deputati, il loro governo non avrebbe forza e credibilità. Sinistra Democratica, saggiamente, ha escluso questa possibilità, che la identificherebbe coi due grandi partiti respinti dal popolo.
La sinistra larga, per altro verso, non può formare una maggioranza neanche sommando tutte le sue componenti. Va esclusa altresì la possibilità di un “governo di unità nazionale”, con il sostegno di un largo spettro di forze, eccezion fatta per l’estrema destra, come hanno proposto il PASOK e ND, perché implicherebbe la cogestione dell’applicazione del Memorandum da parte della sinistra.
La Grecia quindi, quasi inevitabilmente, va verso la convocazione di nuove elezioni, che si terrebbero probabilmente verso la metà del mese di giugno 2012. Le nuove elezioni possono provocare una ristrutturazione dello scenario politico ancora più profonda. La tattica di SYRIZA sarà quella di raggruppare intorno a sé le altre forze di sinistra, incluse quelle extraparlamentari (il KKE, naturalmente, ha dichiarato di essere contro l’unità in queste condizioni). Questo include non solo i Verdi e Antarsya, ma probabilmente anche alcuni altri gruppi che potrebbero scindersi dal PASOK, come è già avvenuto con il piccolo (e piuttosto conservatore) partito Patto Sociale. Può darsi che SYRIZA attragga più voti del KKE e migliori le sue posizioni nelle zone rurali, che hanno votato in modo più conservatore delle grandi città (SYRIZA ha oltre il 20% dei suoi voti ad Atene, ma molto meno nelle campagne). Se tutto questo si concretizza, è molto probabile che SYRIZA sia il partito più votato e ottenga i 50 seggi aggiuntivi concessi dalla legge elettorale al primo partito. Con questo aumenterebbe la sua forza parlamentare degli attuali 52 seggi a circa 120, il che faciliterebbe in larga misura la formazione di un governo di sinistra.
Tuttavia, i partiti delle classi dominanti hanno anche alcune carte per evitarlo. ND può unirsi con due partitini ultra neoliberisti, l’Alleanza Democratica di Bakogianni e il Partito d’Azione di Stefanos Manos (un grande capitalista), che hanno avuto insieme un rispettabile 5% il 6 maggio. In alternativa, è possibile che i due partiti ultra neoliberisti si uniscano per conto loro, per assicurarsi una rappresentanza parlamentare, cosa che non impedirebbe a SYRIZA di essere la prima forza per numero dei voti.
Esiste anche la possibilità di diserzioni massicce da ND e dal PASOK verso il partito di estrema destra Greci Indipendenti, che si presenta come patriottico e populista e dice di sostenere gli interessi popolari. Alcuni settori della classe dominante e i mezzi di comunicazione capitalistici possono decidere di appoggiare Kammenos come loro unico rappresentante con possibilità, C’è comunque una differenza del 7% per SYRIZA, e quindi una manovra del genere dovrebbe essere molto forte per consentire a Greci Indipendenti di scavalcarla. La convergenza fra Greci Indipendenti e Aurora Dorata non è molto probabile, visto che la direzione dei primi cerca di svincolarsi dal nazismo. Sarà molto interessante vedere quali siano i risultati di Aurora Dorata nella prossima scadenza elettorale.
Una cosa è certa, Dopo le prossime elezioni, è arrivata per la Grecia l’ora della verità. Anche per la sinistra radicale greca. I fatti dimostreranno se è capace di unirsi, di sopportare le enormi pressioni delle autorità dell’UE e aprire una nuova via progressista per la Grecia e una finestra di speranza per il resto d’Europa.

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