Grecia – Le prospettive di un governo di SYRIZA
Le elezioni del 6 maggio hanno prodotto un riultato sensazionale,
aprendo un capitolo nuovo nella storia politica della Grecia. Esse,
inoltre, si ripercuoteranno in maniera significativa sulla situazione
politica europea.
Il risultato mostra la chiara polarizzazione tra destra e sinistra e
la rottura delle forze politiche finora dominanti: il Movimento
panellenico (PASOK) e Nuova Democrazia (ND), il cosiddetto “sistema
bipartitico”, che ha dominato la scena politica greca fin dal 1974.
Entrambi i partiti tradizionali, pilastri delle politiche
neoliberiste, hanno perso oltre la metà dei loro voti. Insieme, hanno
ottenuto soltanto il sostegno del 32% dell’elettorato, rispetto al 77%
nelle elezioni del 2009. Nuova Democrazia è scesa dal 33% del 2009 al
19%, mentre il PASOK è crollato ancor più spettacolarmente dal 44% al
13%, perdendo più di 2 milioni di voti.
Si è trattato della punizione per le loro reazionarie politiche di
austerità, il “Memorandum”, applicate in collaborazione con l’Unione
Europea e il Fondo Monetario Internazionale. Conseguenza di tali
politiche sono stati il depauperamento della stragrande maggioranza
della popolazione e la massiccia disoccupazione, ufficialmente ormai al
23%, che ha provocato molti suicidi di uomini e donne disperati/e.
Il voto per la sinistra nel suo complesso è salito dal modesto 12%
del 2009 all’impressionante 35,5%: 17% per SYRIZA (Coalizione della
Sinistra Radicale): 8,5% per il Partito comunista (KKE); 1,2% per la
sinistra anticapitalista Antarsya; 6,1%, per la moderata Sinistra
Democratica, e il 2,9% per i Verdi. Naturalmente, la prospettiva di un
governo di sinistra è dubbia visto che il KKE, un partito
ultrastaliniano, ha escluso in partenza qualsiasi collaborazione con gli
“opportunisti”(definizione che assegna a tutti i partiti di sinistra,
se stesso escluso). Dall’altra parte, la Sinistra Democratica e i Verdi
sono partiti moderati di centro sinistra che non si differenziano
sostanzialmente dal PASOK. Pur stando così le cose, il risultato
collettivo dei tre partiti radicali di sinistra (SYRIZA, KKE e Antarsya)
è stato un impressionante 26,5%.
L’estrema destra
L’altra caratteristica rilevante delle elezioni del 6 maggio è la
brusca crescita dell’estrema destra, che è balzata a un sorprendente
20,5% dei voti. Rappresentata in precedenza da un solo partito, LAOS,
che aveva avuto tre anni fa un modesto 6%, l’estrema destra si esprime
sostanzialmente in tre partiti: i Greci Indipendenti, LAOS e la
neo-nazista Aurora dorata (che hanno ottenuto, rispettivamente: il
10,6%, 2,9% e 7% dei voti. LAOS ha pagato per il suo appoggio al
governo, restando sotto la soglia del 3% che consente l’ingresso in
parlamento.
Ovviamente, ha un certo impatto il 7% ottenuto da Aurora Dorata, un
partito apertamente neonazista e razzista anti-immigrati. È la prima
volta che un partito del genere entra in parlamento con il sostegno
popolare, in una Grecia famosa per il suo movimento di resistenza al
nazismo nel 1941-1945.
Il risultato era stato previsto da militanti e pubblicazioni di
sinistra, incluso “Pensiero marxista” [Marxistikiskepsi, di cui l’autore
dell’articolo è il direttore, NdT], che ha dedicato il suo ultimo
numero monografico al problema del fascismo, del neofascismo e della
nuova estrema destra. C’è stata una massiccia mobilitazione delle
organizzazioni di sinistra durante le ultime tre settimane delle
elezioni, per attirare l’attenzione sul pericolo delle squadracce
neonaziste. Evidentemente, è stata in larga misura inefficace, se
l’estrema destra ha guadagnato terreno negli ultimi anni nei quartieri
in degrado e tra i giovani disoccupati. Il KKE non solo non sta facendo
assolutamente nulla per lottare contro l’estrema destra, ma dà rifugio
ai nazionalisti, come la famosa giornalista Liana Kaneli, ed è
addirittura arrivato a dare il benvenuto agli esponenti di Aurora Dorata
nello sciopero di Halyvourgiki che controlla tramite l’unione dei
lavoratori locali.
Certo, l’estrema destra ha ottenuto “solo” un 20,5%, rispetto al
26,5% della sinistra radicale, ma ha comunque triplicato le sue forze,
mentre la sinistra radicale le ha “solo” raddoppiate.
Estremisti
Il rapporto di forza scaturito dalle elezioni è stato interpretato
dai commentatori dei mezzi di comunicazione conservatori come la logica
espressione della collera, che spinge la gente agli “estremi”. Secondo
questa lettura, la gente si è lasciata trasportare attirare dalle false
promesse, irrealizzabili, dei demagoghi. La strada giusta, a loro
avviso, sarebbe stata quella di proseguire nell’applicazione delle
“riforme” reazionarie che, con il tempo, supererebbero la crisi
rilanciando la crescita, promuovendo maggiore produttività e il
miglioramento della democrazia. Dora Bakogianni, leader
dell’ultraliberista e della (mal chiamata) Alleanza Democratica, che per
un margine ristretto non è riuscita a entrare in parlamento, ha
sostenuto a più riprese questo argomento.
Un ragionamento del genere ha un duplice intento. Da un lato, si
tratta di equiparare la minaccia dell’estrema destra e la prospettiva di
un cambiamento di sinistra come due aspetti complementari del problema
che sta affrontando la Grecia, presentando al contempo la sinistra
radicale come un pericolo, negando in partenza che possa esserci alcune
soluzione di sinistra radicale per la crisi del paese. Dall’altro lato,
si tratta di abbellire il corrotto sistema parlamentare greco
presentando i partiti del sistema come garanti della stabilità e del
benessere, mentre sono in realtà la causa del problema.
In Grecia, la corruzione dei dirigenti politici e dei pubblici
funzionari è molto estesa e di enormi dimensioni, ma non viene mai
sanzionata nella pratica. La collera creata dal decadimento politico è
una delle principali ragioni dell’ascesa dell’estrema destra e del
neonazismo. Chiaramente, ci si induce a credere che le stesse forze che
hanno creato la situazione presente possano fare uscire per virtù magica
il paese dalla crisi, applicando le medesime ricette che l’hanno invece
approfondita. Di fatto, quando i politici reazionari come la Bakogianni
parlano di “migliorare la produttività” vogliono dire più licenziamenti
e nuove tornate di tagli dei salari nel settore pubblico e privato, ,
misure con le quali la situazione esistente, già brutta, diventa
disperata per la maggior parte della gente.
SYRIZA
SYRIZA ha avuto successo nel tener testa a questa situazione,
proponendo la formazione di un governo di sinistra, che ha ottenuto un
grande appoggio popolare. La personalità carismatica del suo presidente,
Alexis Tsipras, ha giocato un ruolo importante. Il KKE e Antarsya non
sono stati in grado di avere un analogo impatto.
Il KKE ha insistito su una politica ultrasettaria, chiamando a
formare un fronte per l’abbattimento immediato del sistema tramite il
“potere popolare”, stabilendo un nesso tra ogni singola lotta per
migliorare la triste sorte della gente con questa prospettiva della
presa del potere e negando con fermezza che sia possibile ottenere
qualsiasi miglioramento prima di instaurare il “potere popolare”. In
pratica, significa condannarsi alla passività e a una rottura
burocratica con la realtà, dietro l’ingannevole parvenza di lottare per
la rivoluzione.
Antarsya ha un’impostazione molto migliore e ha svolto un ruolo
vitale nella lotta contro i neonazisti di Aurora Dorata. Tuttavia, ha
pagato il prezzo di non avere saldi legami popolari e della sua
incapacità di collaborare con altre forze di sinistra. Le succede non
solo con SYRIZA, con cui ha una serie di differenze programmatiche, ma
anche con il Fronte per la Solidarietà e il Rovesciamento, una piccola
formazione di sinistra radicale capeggiata da Alekos Alavanos, un
importante ex dirigente di SYRIXA che non ha partecipato realmente a
queste elezioni.
Il KKE ha accusato SYRIZA di opportunismo e di creare illusioni tra
la gente, proponendo un governo di sinistra che non potrebbe essere
migliore di quelli esistenti. Aleka Papariga, la dogmatica segretaria
generale del KKE, è persino arrivata a insinuare che la partecipazione a
un governo di sinistra significherebbe tradire il popolo in cambio di
qualche portafoglio ministeriale e ha dichiarato che il KKE darebbe un
voto di fiducia nel caso si prospettasse nel parlamento. L’analisi
politica del KKE dopo le elezioni è stata che la crescita del sostegno a
SYRIZA non significa se non il tentativo del sistema di impedire la
radicalizzazione popolare e incanalarla in una forma accettabile dalla
classe dominante. Peraltro, Papariga si è rifiutata di incontrare
Tsipras dopo le elezioni per discutere la formazione di un governo di
sinistra.
Il dogmatismo del KKE
Tutto questo, e la convinzione della direzione del KKE che non si
possa ottenere alcun cambiamento per via parlamentare è puro dogmatismo
settario. Certo che, in ultima istanza, non è tramite il parlamento che
si può instaurare il socialismo e fare la rivoluzione di cui il popolo
ha bisogno. Tuttavia, l’esperienza di Hugo Chávez in Venezuela dimostra
come, con il sostegno di un movimento di massa, si possano avviare
grandi cambiamenti radicali utilizzando come leva il parlamento. E non
esiste alcun motivo reale per cui, in linea di principio, non sarebbe
possibile anche in Grecia.
I problemi effettivi, naturalmente, cominciano da questo momento in
poi. Per rendere effettivo un cambiamento così radicale con l’aiuto di
un governo di sinistra in base a una maggioranza parlamentare, è
necessario un fronte di massa che sostenga questo progetto. Questo è
tanto più importante in Grecia, perché si sia in grado di sopportare la
forte pressione dei prestatori stranieri, i governi europei e le
istituzioni imperialiste. Evidentemente, attualmente non esistono né una
maggioranza né un fronte del genere. E per quanto i numeri possano
rendere possibile un governo di sinistra in una fase successiva, non è
sicuro in assoluto che si concretizzi.
La posizione del KKE è la ragione principale di questo, Il KKE gode
dell’appoggio di una parte significativa della classe operaia
industriale, di militanti che sarebbero essenziali per rafforzare e
consolidare un fronte del genere.
Il KKE, con un breve interregno nel 1991, ha seguito per due decenni
un corso sempre più staliniano. Non solo ha riabilitato di recente Nikos
Zahariadis, l’autoritario e cinico segretario generale staliniano
(1931-1956), ma considera Stalin uno dei maggiori marxisti di tutti i
tempi, accetta la validità dei processi di Mosca e continua ad accusare
di essere agenti della Gestapo Trotsky, Bucharin e gli altri dirigenti
della vecchia guardia bolscevica. Una serie di pseudo teorici staliniani
della linea dura, quali i membri dell’Ufficio Politico Mailis Makis e
Loukas Stefanos, hanno creato una cerchia nella direzione del partito
che ne controlla la vita interna, politica e ideologica, a spese del
livello politico dei suoi membri, rendendolo vulnerabile a ogni tipo di
arrivisti e opportunisti. Alekos Halvatzis, figlio di Spyros Halvatzis,
portavoce del KKE in parlamento, ha lasciato un paio di anni fa il
partito accusando la direzione di Papariga di averlo inzeppato di
“clandestini”.
Il KKE ha ripudiato le rivoluzioni della primavera araba e i grandi
movimenti di “indignados” in Grecia e in Europa in quanto sospetti,
perfino di essere guidati a volte dagli organi dei servizi segreti
imperialisti. Invece di partecipare a questi movimenti, chiede alla
gente di unirsi ai “fronti” creati artificialmente da esso e che dirige
dall’alto, in assenza di radicamento popolare.
Di recente si è spinto al punto di ignorare il suicidio spettacolare
di un anziano settantasettenne, Dimitris Christoulas, che si è sparato
in piazza Syntagma, lasciando un emozionante messaggio alle generazioni
più giovani, incitandole a lottare contro i governanti corrotti.
Christoulas era membro del movimento degli “indignados”, e quindi
Rizospastis, l’organo ufficiale del KKE, nelle poche righe dedicate
all’incidente, non ne menzionò neppure il nome (lo chiamava “l’uomo di
77 anni”) e ne censurò spudoratamente il messaggio; lanciò addirittura
l’accusa che il suo gesto favoriva gli interessi della classe dominante,
che vuole che la gente si suicidi.
Unità della sinistra
SYRIZA, d’altro canto, è una coalizione di vari gruppi, marxisti,
trotskisti, maoisti, riformisti moderati e di sinistra, verdi e di altre
tendenze. La coalizione ha un carattere genuinamente democratico, e la
varietà dei punti di vista contribuisce alla sua vitalità,
trasformandola in uno spazio di discussione e di produzione di idee.
Naturalmente, nella grave situazione in cui si trova la Grecia, questo
potrebbe anche costituire un ostacolo, impedendole in un momento critico
di decidere rapidamente una posizione unitaria su problemi cruciali su
cui le varie componenti della Coalizione hanno punti di vista
differenti. Per ora, il successo elettorale rafforza l’unità, ma non
sarà così per sempre.
Il KKE, con il suo consueto fanatismo, sembra “stare aspettando al
varco” che esploda l’equilibrio interno di SYRIZA e che, dopo un
probabile insuccesso al momento di formare un governo di sinistra o nel
corso della sua gestione, il popolo greco si rivolga a loro. Tale
speranza si basa sul fatto che SYRIZA non ha legami forti con le masse
che ne hanno sostenuto la Coalizione alle elezioni del 6 maggio, e che
la sua base sociale non è tanto la classe operaia industriale quanto gli
impiegati pubblici e la gioventù. Si tratta però di una vana speranza
perché, se SYRIZA non è in grado di superare queste difficoltà, vi sarà
un caos generale e, in tal caso, sarà l’estrema destra e non il KKE ad
avere maggiori probabilità di trarne vantaggio.
Sfidando l’austerità
La vittoria di Syriza ha coinciso con quella del candidato del PS,
François Hollande, alle presidenziali francesi. Evidentemente, si tratta
di due avvenimenti di natura completamente diversa. Il risultato di
Hollande, pur avendo conquistato il sostegno di molti elettori di
sinistra, significa soltanto un cambiamento della politica della classe
dominante e dei suoi partiti. Può comportare alcuni cambiamenti e
modifiche parziali, un tono e un orientamento un po’ diverso, ma non
cambierà le basi generali su cui si fondano le politiche europee. La
svolta generale verso SYRIZA in Grecia ha certamente la potenzialità di
sfidare le basi stesse delle politiche di austerità e il predominio dei
mercati. Può costituire un esempio, soprattutto se ha successo, per
altri paesi che soffrono per problemi analoghi, come la Spagna, il
Portogallo, l’Italia e l’Irlanda, e incoraggiare un generalizzato e
autentico movimento europeo a sinistra.
Le élites governative europee sono pienamente consapevoli di questo e
hanno reagito con nervosismo, o intervenendo spudoratamente prima delle
elezioni per dettarne l’esito, o esigendo senza discutere il rispetto
delle condizioni sottoscritte dai precedenti governi. I loro timori sono
indubbiamente giustificati, specie se si verifica una svolta
generalizzata verso la sinistra radicale in Europa. Ma il problema
realmente urgente è: come affronterà SYRIZA la pressione raddoppiata dei
prossimi mesi? A quali obiettivi darà la priorità e che cosa potrà
ottenere in un momento in cui, in generale, le forze reazionarie
continuano ad essere più forti in Europa?
SYRIZA intende derogare al “Memorandum” e rinegoziare il debito,
anche annullandone una parte sostanziosa considerata debito odioso
(illegittimo). Esige anche una moratoria di tre anni sulle obbligazioni
del debito che, se ottenuta, comporterebbe un notevole respiro data la
situazione di crisi. Il programma di SYRIZA comprende la
nazionalizzazione di una serie di banche, l’aumento della tassazione dei
ricchi e il recupero del tenore di vita della popolazione. Il dirigente
di SYRIZA, Tsipras, ha proposto un programma in cinque punti che
concretizza tutto ciò.
Abbandonare l’euro?
Alcune forze di sinistra, compresa Antarsya, obiettano che non basta e
che sarà necessario il ripudio unilaterale del debito, il che significa
che il paese dovrà abbandonare l’euro e ritornare alla sua moneta
nazionale. Questa posizione è in gran parte anche quella della Corrente
di Sinistra, un’importante componente di SYRIZA, con alla testa la
portavoce parlamentare Panagiotis Lafazanis. Anche una serie di
influenti economisti greci, ad esempio Kostas Lapavitsas, hanno la
stessa posizione.
Significativamente, il KKE mette in rapporto la cancellazione del
debito con la sua proposta di “potere popolare”, ritenendo che sia
impossibile nel quadro del sistema parlamentare. Si tratta di una
posizione assurda, perché il ripudio del debito è una riforma che si
riferisce al sistema di distribuzione e lascia intatto il sistema
capitalistico di produzione come tale. È perciò perfettamente
concepibile sotto il capitalismo, come dimostrano una serie di esempi
(Ecuador, Russia).
La difficoltà del ripudio del debito sta nel fatto che, a parte
essere a lungo termine più vantaggioso per la popolazione, nelle sue
fasi iniziali creerebbe problemi e disorganizzazioni molto importanti.
Per minimizzare questo, ed evitare un’esperienza come quella argentina
nel 2001, è fondamentale che la maggioranza della gente sia convinta
della sua necessità e che il processo sia affrontato modo ordinato da un
governo di sinistra deciso e al tempo stesso convinto dei propri
obiettivi.
Questo significa che, finché la sinistra europea continuerà sulla
difensiva, non vi è altro rimedio che tentare di mettere in pratica il
“transigente” programma di SYRIZA e arrivare a un accordo con l’UE. Se,
come è assai probabile, le élites neoliberiste dell’UE si rifiutano di
fare importanti concessioni effettive, si potrebbe a quel punto
convincere i greci della necessità di misure più radicali. Sarebbe molto
vantaggioso che questo scenario coincidesse con una ripresa
generalizzata dei movimenti di massa in Europa, specie nel Sud d’Europa,
dando luogo a una “primavera europea”.
Si tratta di una prospettiva non poi così remota come potrebbe
sembrare. Le classi dominanti in Grecia e in Europa la stanno prendendo
sul serio e si preparano ad affrontare la sfida posta al loro sistema.
La recente crescita dell’estrema destra in Grecia, apertamente sostenuta
da un settore dei mezzi di comunicazione di massa, alcune cerchie
capitalistiche e parte dell’apparato statale di sicurezza, lo conferma.
La disintegrazione del sistema politico greco è paragonabile, in
questo senso, al crollo della Repubblica di Weimar in Germania e vi sono
una serie di analogie sorprendenti. In una situazione analoga di
profonda crisi economica, di disoccupazione massiccia e di povertà, si
verificò non solo il fallimento dei principali partiti politici, ma
anche quello dello stesso sistema parlamentare. Il governo Papademos è
stato importante in questo senso, in quanto ha significato un primo
passo di rottura con un normale sistema democratico, con la sostituzione
di un’amministrazione tecno-burocratica per molti aspetti simile al
governo Brüning a Weimar.
Il programma del nuovo partito Greci Indipendenti, con alla testa
Panos Kammenos (un ex ministro di ND), contiene una serie di proposte
reazionarie ancor più pericolose, combinando un piano estremo di
privatizzazioni con la nomina dei capi della polizia e dell’esercito da
parte dei ministri della Sicurezza e della Difesa nazionale,
rispettivamente. Si tratta certamente di un piano per configurare un
regime bonapartista, che metterebbe in pericolo gli stessi capisaldi
della democrazia borghese e del movimento operaio. Per il momento,
sostengono queste misure soltanto Kammenos e gli altri partiti
dell’estrema destra, come LAOS e Aurora Dorata. Ma non è possibile
escludere che, nella misura in cui la crisi si intensifichi, i
tradizionali partiti capitalistici, il PASOK e ND, o certe correnti al
loro interno, possano seguire la stessa direzione.
A un punto morto
Le elezioni del 6 maggio hanno portato a un punto morto. PASOK e ND
raggiungono 149 seggi, ma la maggioranza parlamentare ne richiede 151.
Anche se riuscissero ad attrarre una terza forza come Sinistra
Democratica e raccogliere 168 deputati, il loro governo non avrebbe
forza e credibilità. Sinistra Democratica, saggiamente, ha escluso
questa possibilità, che la identificherebbe coi due grandi partiti
respinti dal popolo.
La sinistra larga, per altro verso, non può formare una maggioranza
neanche sommando tutte le sue componenti. Va esclusa altresì la
possibilità di un “governo di unità nazionale”, con il sostegno di un
largo spettro di forze, eccezion fatta per l’estrema destra, come hanno
proposto il PASOK e ND, perché implicherebbe la cogestione
dell’applicazione del Memorandum da parte della sinistra.
La Grecia quindi, quasi inevitabilmente, va verso la convocazione di
nuove elezioni, che si terrebbero probabilmente verso la metà del mese
di giugno 2012. Le nuove elezioni possono provocare una ristrutturazione
dello scenario politico ancora più profonda. La tattica di SYRIZA sarà
quella di raggruppare intorno a sé le altre forze di sinistra, incluse
quelle extraparlamentari (il KKE, naturalmente, ha dichiarato di essere
contro l’unità in queste condizioni). Questo include non solo i Verdi e
Antarsya, ma probabilmente anche alcuni altri gruppi che potrebbero
scindersi dal PASOK, come è già avvenuto con il piccolo (e piuttosto
conservatore) partito Patto Sociale. Può darsi che SYRIZA attragga più
voti del KKE e migliori le sue posizioni nelle zone rurali, che hanno
votato in modo più conservatore delle grandi città (SYRIZA ha oltre il
20% dei suoi voti ad Atene, ma molto meno nelle campagne). Se tutto
questo si concretizza, è molto probabile che SYRIZA sia il partito più
votato e ottenga i 50 seggi aggiuntivi concessi dalla legge elettorale
al primo partito. Con questo aumenterebbe la sua forza parlamentare
degli attuali 52 seggi a circa 120, il che faciliterebbe in larga misura
la formazione di un governo di sinistra.
Tuttavia, i partiti delle classi dominanti hanno anche alcune carte
per evitarlo. ND può unirsi con due partitini ultra neoliberisti,
l’Alleanza Democratica di Bakogianni e il Partito d’Azione di Stefanos
Manos (un grande capitalista), che hanno avuto insieme un rispettabile
5% il 6 maggio. In alternativa, è possibile che i due partiti ultra
neoliberisti si uniscano per conto loro, per assicurarsi una
rappresentanza parlamentare, cosa che non impedirebbe a SYRIZA di essere
la prima forza per numero dei voti.
Esiste anche la possibilità di diserzioni massicce da ND e dal PASOK
verso il partito di estrema destra Greci Indipendenti, che si presenta
come patriottico e populista e dice di sostenere gli interessi popolari.
Alcuni settori della classe dominante e i mezzi di comunicazione
capitalistici possono decidere di appoggiare Kammenos come loro unico
rappresentante con possibilità, C’è comunque una differenza del 7% per
SYRIZA, e quindi una manovra del genere dovrebbe essere molto forte per
consentire a Greci Indipendenti di scavalcarla. La convergenza fra Greci
Indipendenti e Aurora Dorata non è molto probabile, visto che la
direzione dei primi cerca di svincolarsi dal nazismo. Sarà molto
interessante vedere quali siano i risultati di Aurora Dorata nella
prossima scadenza elettorale.
Una cosa è certa, Dopo le prossime elezioni, è arrivata per la Grecia
l’ora della verità. Anche per la sinistra radicale greca. I fatti
dimostreranno se è capace di unirsi, di sopportare le enormi pressioni
delle autorità dell’UE e aprire una nuova via progressista per la Grecia
e una finestra di speranza per il resto d’Europa.
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