di Gennaro Carotenuto
La sintesi della domenica elettorale
nell'Unione è che un'altra Europa è necessaria. Non è una sintesi
ottimista perché altrimenti avremmo considerato che un'altra Europa è
possibile. Dall'Atene bombardata dalla Troika, nella Parigi del prudente
François Hollande come nella regione tedesca dei Buddenbrook, lo
Schleswig-Holstein, sembra di poter leggere innanzitutto la richiesta di
un'Europa diversa.
Ha perso, soprattutto nella figura di
Sarkozy e dei partiti tradizionali greci che avevano imposto come
Quisling ogni sacrificio alla Grecia, la visione solo finanziaria ed
economica dell'Europa. Ma il senso del voto non è quello, pur pauroso e
nichilista dell'estrema destra, dei lugubri nazisti greci, del Front
National francese o della cleptocrazia leghista. E non è neanche quello
isolazionista di partiti di tradizione vetero-comunista come il KKE
ellenico.
Non è certo quello del sarkozismo
sconfitto a Parigi in condizioni particolarmente favorevoli in un
sistema, quello della V Repubblica, costruito per confermare sempre e
non bocciare mai il monarca repubblicano. Tale dato sottende che quella
differenza numerica tra Hollande e Sarkozy appaia esile ma sia nella
realtà nettissimo. Con Sarkozy non perde solo Angela Merkel, spesasi
come mai prima oltre il Reno. Non perdono solo sia Nuova Democrazia che
il Pasok, i partiti tradizionali greci finora omologhi per maggioranza
al governo tecnico italiano di Mario Monti.
Il dimezzamento e oltre è quanto attende
le caste irriformabili della politica che credono di appiattirsi sul
rigore economico dei tecnici per far credere di cambiare e non cambiare
nulla. Perde, riperde, Silvio Berlusconi, perde Tony Blair, perde George
Bush, la troika che nel decennio scorso aveva bombardato ogni
costruzione politica possibile e necessaria, lasciando dell'Europa una
scatola vuota a disposizione per banche e finanza. Avevano messo fine
alla stagione post-muro di Berlino quando François Mitterand aveva
saputo inglobare la grande Germania nell'Unione rinunciando a molte
prerogative storiche di Parigi. Quelli trascorsi, quelli neoliberali,
passeranno alla storia come decenni perduti dall'Europa, sotto
l'estremismo monetarista. Ora un erede di Mitterand all'Eliseo, che deve
la sua elezione alla forza della sua sinistra che proprio perché forte
ha parlato al centro, è il leader naturale per riprendere quel discorso
interrotto.
I giornali in queste ore si spendono in
un'analisi buia e irragionevole dove destra e sinistra sarebbero
parimenti forze antisistema. Quello che dicono gli elettori è che la
vera forza antisistema, quella che fa paura, che spezza vite, storia e
speranze, è l'imperio della finanza come unica legittimità possibile. Ma
non è un populismo antieuropeo ad aver vinto. Non è certo antieuropeo
François Hollande e Syriza (nella foto Alexis Tsipras), la coalizione di
sinistra ch'è la vera novità scavalcando la versione attica del PD, è
contro il memorandum (il cappio al collo alla Grecia) ma a favore
dell'Europa come del resto il 70% dei greci.
No, ad Atene come a Parigi, Berlino,
Roma, nessuno può pensare di ricostruire frontiere. L'Europa può e deve
cominciare a lasciarsi alle spalle quella costruzione tutta economica di
sé stessa che è l'essenza della notte neoliberale. L'Europa sarà
inclusiva o non sarà, questo è il senso del maggio europeo. Non
illudiamoci, viviamo nel momento più basso per la democrazia dalla
sconfitta del nazifascismo nel 1945. L'estrema destra e la finanza sono
due facce dello stesso pericolo per la nostra stessa convivenza civile.
Ma non c'è altra via. Un'altra Europa è necessaria e possibile.
Nessun commento:
Posta un commento
Di la tua