- 1. Il corpo elettorale ha mostrato una mobilità inedita, rivelando tutto d’un colpo i processi che si erano sedimentati sotto pelle negli ultimi mesi. Processi molto scarsamente avvertiti dai sondaggi, o almeno nella tendenza ma non nella dimensione. Aggiungiamo che gli elettori sono stati ancora troppo buoni con gli attori della Seconda Repubblica. Arriveranno altri smottamenti di schede, poi i forconi.
- La delegittimazione della democrazia rappresentativa dei partiti si è manifestata, oltre che con l’astensione, nella perdita di consenso dei grandi blocchi, impaludati per ragioni di sopravvivenza nella difesa del governo Monti e nella delega ai “tecnici” di quanto i politici non avevano il coraggio di affrontare. Inoltre nella crescita di forze che, in prima battuta, mirano a costruire un’alternativa dentro il sistema ai vecchi detentori del potere –il Movimento 5 Stelle, che ostenta di non essere un partito per non screditarsi, ma si pone a tutti gli effetti come tale. La retorica ignobile sull’anti-politica, gestita in nome della tecnica e del buonvolere dei mercati, ha legittimato, per rabbia reattiva, qualsiasi opposizione, anche la più populista. Monti fa finta di niente, ma la campana ha suonato soprattutto per lui.
- In tale contesto i partiti della destra e l’infelice Terzo Polo sono crollati (ma la base sociale non ne è certo sparita), pagando gli effetti della crisi sul ceto medio e il prezzo delle pagliacciate di Berlusconi e Bossi. Il PdL corre verso la frammentazione, Berlusconi si defila e Alfano ha la lucidità del capitano Smith sul Titanic. Le scialuppe non bastano e Pisanu e Quagliarello se le sono già accaparrate. La Lega ha dimostrato, nella caduta e negli scandali, la stessa mediocrità che ha avuto nell’esercizio del potere. Gli assassini di migranti e i guerrieri celtici con le corna si sono persi utilizzando i soldi pubblici per acquistare dentiere per Bossi e diplomi fasulli a Tirana –alla faccia della vacanze caraibiche di Formigoni e delle olgettine di Arcore, roba di lusso almeno!
- Il centro-sinistra –quello dell’usato sicuro bersaniano– non ha la minima intenzione di approfittare della crisi della destra per conquistare la maggioranza parlamentare con elezioni anticipate, rompendo con il governo Monti e prendendosi la responsabilità di una gestione diretta della crisi (neppure sulla stessa linea dei tecnici!). Con due conseguenze gravissime (per loro): di perpetuare un Parlamento che non corrisponde più alla composizione elettorale del paese, di perdere un’occasione irripetibile di sopravvivenza (elezioni a caldo con una legge elettorale ignobile ma estremamente favorevole, per insipienza calderoliana). Ribadiamo: per il primo aspetto screditando una logica rappresentativa e regalando i propri elettori a quella che chiamano “anti-politica”, per il secondo correndo diritti verso un destino tipo Pasok. Affari loro. Se non fosse che, con questo rinvio al 2013, si dà il tempo alla destra di prendere l’iniziativa di scaricare Monti (l’Imu è un’occasione troppo bella) e di cercare di riorganizzarsi in altro modo. E ci dirà bene se ricomparirà in vesti grilline o simili e non di Chrusì Aughì o di Front National.
- L’esperienza del governo tecnico volge alla fine: sopravvive per la paura a cambiare dei partiti e dell’attuale composizione parlamentare, non certo per il consenso popolare rapidamente evaporato e per le coordinate europee che stanno mutando in fretta con la vittoria di Hollande e le difficoltà interne della Merkel. Per non parlare di una crisi che dopo le elezioni greche picchierà duro. I partiti, che hanno approvato il fiscal compact e pochi giorni fa l’inserimento definitivo del pareggio di bilancio in Costituzione, non sanno come uscire dal conclamato fallimento su scala internazionale di entrambe le scelte. Chi avrà il coraggio di difendere il carattere risolutivo della riforma del mercato del lavoro? Con quale faccia continueranno gli incontri ABC o si vanterà la sforbiciata del 33% sull’ultima quota di rimborsi elettorali per zombies? Un’agonia atroce per la Seconda Repubblica (di cui non ci può fregare di meno) e purtroppo per le moltitudini impoverite e private di reddito presente e futuro. Auguriamoci che ci siano meno suicidi e più proteste, che la violenza si diriga contro le istituzioni e non contro le persone o contro se stessi.
- Non nascondiamoci che il crollo dei partiti e il declino dell’improvvida fiducia nei tecnici e nei mercati aprono grossi problemi anche per i movimenti, che non hanno giocato un ruolo risolutivo nella crisi attuale del sistema politico, che vi hanno certo contribuito a livello soprattutto locale ma senza assumerne la guida. In altri termini: il disincanto e la protesta non stanno passando per il terreno delle lotte sociali e questo disattiva il potenziale trasformativo e propositivo dei movimenti. Se non si esce dalle due polarità dei suicidi (e consimili testimonianze esplosive) e della soggettività elettorale (su cui vince Grillo), l’orizzonte sarà tutt’altro che luminoso. A proposito, non c’era uno sciopero generale a fine mese?
martedì 8 maggio 2012
Game over di Augusto Illuminati, www.gobalproject
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