Rimanere
senza parole al mattino, appena svegli, con la fetta di pane e
marmellata incastrata dentro la bocca. Accade a Torino, nella palla di
cristallo che racconta la magnifica Italia che sarà dal marzo 2013.
Apri il giornale e trovi una dimostrazione plastica della marmellata
all’opera, da intendersi come il partito del potere che venti anni
amministra questa città: con risultati disastrosi. In un’intervista
raccolta da Paolo Griseri, tale Lo Russo, capogruppo Pd in Comune,
sostiene che la città avrà una fase “salva Torino e poi una successiva
cresci Torino”. I democratici torinesi sono così contenti di Monti e dei
suoi straordinari risultati che fanno proprio il linguaggio di una
politica nazionale rivelatasi apprezzata e soprattutto vincente.
Il consigliere Lo Russo, povero, i capi della marmellata ormai non ci
mettono nemmeno più la faccia e mandano avanti le seconde linee,
ammette che i conti sono sempre più sballati e la città rischia perché
forse sforerà nuovamente il patto di stabilità.
Poi arriva il capolavoro: nella stessa intervista sostiene
relativamente all’assessore al bilancio Passoni: “E' lui che ha guidato
le politiche di bilancio dell'amministrazione negli ultimi sette anni e
non abbiamo motivo per ritenere che anche questa volta non abbia fatto i
conti in modo impeccabile.” E poche righe sotto, l’incredibile
rovesciata volante: “Direi che abbiamo ereditato una situazione non
proprio semplice e la responsabilità di trovare una via d'uscita è sulle
nostre spalle.” E’ il teatro dell’assurdo, oppure la cieca fiducia che i
lettori torinesi siano dei cerebrolesi. Coloro che hanno ereditato la
situazione difficile sono gli stessi che l’hanno creata, Lo Russo: la
marmellata è quella da vent’anni. Il giornalista dimentica di far notare
questo dettaglio. Ah, che belli i tempi in cui in val Susa i Notav
facevano un pandemonio, e quelli sì potevi spianarli! Come dimentica
anche di chiedere come mai coloro che hanno creato ed ereditato il
disastro abbiano eletto il curatore fallimentare della città, Sergio
Chiamparino, a capo della Compagnia di san Paolo, ovvero il primo
azionista di Intesa Sanpaolo. L’ex sindaco è a capo di una fondazione
bancaria (la più potente d’Italia), che non è un ente morale, che ha
possibilità incisive sulla gestione di un debito che egli stesso ha
creato. La città di Torino quindi non rischia il commissariamento: è già
commissariata da Intesa Sanpaolo. Ovvero dagli stessi uomini della
stessa banca (Fornero, Passera, Ciaccia) che hanno commissariato
l’Italia. Che il governo commissari l’ex capitale dell’auto sarebbe
quindi solo un passaggio ridondante.
Lo Russo poi racconta bene quale sia l’ideologia sottesa, torinese e
nazionale, al piano di austerità voluto dalle varie amministrazioni
marmellata locali e nazionali. Dice: “Quando ci si è indebitati sperando
che lo sviluppo creato dagli investimenti alla fine li avrebbe
ripagati. In parte questo è avvenuto ma non in modo sufficiente anche a
causa della crisi. Così oggi ci troviamo il peso degli interessi sui
mutui. Se non cediamo quote non riusciamo a incassare i denari
sufficienti per chiudere quei mutui e quindi abbattere gli interessi".
Eccolo il nodo. Gli interessi predatori che la politica ha intenzione di ripianare privatizzando tutto il possibile.
Sono gli interessi applicati da Intesa Sanpaolo e le altre ventitré
banche che stanno strozzando i cittadini di Torino. Ed il sindaco
Fassino, con tutta la sua giunta marmellata, avalla questa politica
senza batter ciglio, oppure fa teatro con penose pantomime utili solo a
salvare momentaneamente la faccia. Torino è la Grecia d’Italia, qui si
stanno portando tagli e privatizzazioni draconiane volte alla
privatizzazione totale dello Stato Sociale, in nome di un’ideologia
barbara che ricaccia la civiltà all’età dei nostri trisavoli. E’ un
piano che ha avuto varie fasi, sia a livello locale che nazionale: la
privatizzazione del sistema bancario, la creazione di un debito enorme
con istituti a quel punto privati, la bancarotta-commissariamento e
quindi, alla fine, la privatizzazione-vendita dello Stato sociale. E’ un
piano nato agli inizi degli anni novanta che vede la sua fase
conclusiva in questi giorni.
A Torino la triade della foto di Vasto (Pd-Sel-Idv) venderà tutto:
l’inceneritore, il trasporto pubblico, parte dei servizi educativi,
pezzi di città. Verranno toccati invece gli stipendi dei mega dirigenti
Comunali? Ed anche quelli dei signori piazzati a capo delle partecipate?
Soprattutto quelli provenienti dal mondo Fiat? Oppure gli amici di
partito rimasti senza poltrona e piazzati in posti pubblici dove si sono
auto assunti oppure si sono autonominato auto consulenti d’oro? E
soprattutto chi avrà il coraggio di andare contro il cuore del potere,
chiedendo la rinegoziazione massiccia del debito della città? Magari
trattando direttamente con il neo banchiere Sergio Chiamparino. A lui
sta a cuore la città? E allora si adoperi per ridurne il debito che lui
ha creato.
* AUTORE de Chi comanda Torino, ed castelvecchi Rx
* AUTORE de Chi comanda Torino, ed castelvecchi Rx
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