Bersani è da ieri sera che canta ininterrottamente la
marsigliese. Veltroni si è recato invece all’anagrafe, questa mattina,
per farsi aggiungere l’accento alla “i” finale del suo cognome. Tutti i
quadri del partito si stanno cimentando con la nouvelle cuisine. E i media mainstream pompano ovunque: ha trionfato Hollande, ha vinto il Pd.
Lo stesso Bersani è stato il primo a dichiarare a caldo: “Una
bella notizia per l’Europa, può essere un passo determinante per
invertire un ciclo disastroso dei governi delle destre”. Caso vuole che
la verità sia un po’ più complessa e meno lineare. Dopo i risultati di
Francia e Grecia il Pd si dovrebbe allarmare: imparare la lezione,
correggere il tiro e, soprattutto, smettere di appoggiare in maniera
incondizionata il governo Monti. Ecco perché.
Innanzitutto Hollande ha vinto con un programma
veramente socialdemocratico, che il Pd se lo sogna: assunzioni nella
pubblica amministrazione, aliquota del settantacinque per cento per i
redditi sopra il milione di euro, abbassamento dell’età
pensionabile, tassazione delle rendite finanziarie, matrimonio gay etc…
L’ha spuntata su Sarkozy con un “programma di sinistra”. Hollande ha
avuto anche il coraggio di sfidare l’austerity imposta dalla Merkel
(uscita con le ossa rotte dal voto francese e greco), parlando di
“momento per la crescita” e mettendo in discussione il Fiscal Compact
che imporrebbe altre manovre recessive.
Chiaro che il Pd, ingabbiato dalle politiche di austerity imposte
da Unione Europea e Bce, spera che con Hollande all’Eliseo si apra
un nuovo ciclo di riforme in Europa. Si attacca al carro
sperando nell’effetto traino. Fin qui un bene. Peccato che il
partito puntualmente va nella direzione opposta: il programma dei
Veltroni di turno è ben distante da quello di Hollande, così come lo
schierarsi a favore del Fiscal Compact o l’aver votato l’introduzione
del vincolo di pareggio di bilancio in Costituzione (modifica dell’art
81 della Carta che infligge un colpo mortale alle politiche keynesiane).
Il Pd quindi dovrebbe imparare, più che festeggiare. Anche perché –
se non dovesse cambiare immediatamente linea – i fallimenti sono
palesi: prima la Spagna, ora la Grecia ci dicono che quando il
partito socialista appoggia le misure di austerity alle elezioni
esce fortemente ridimensionato. Il Pasok greco viene addirittura
superato dalla sinistra anticapitalista, alternativa al modello
imposto dall’asse Sarkozy-Merkel. La sinistra vince solo se costruisce
“altra politica” a quella imposta dai vertici europei, puntando su
politiche economiche espansive, rafforzando le tutele sociali per le
classi meno abbienti e facendo pagare la crisi ai “ricchi”. La Grecia e
la Francia insegnano questo. Il timore è che il Pd non l’abbia capito
neanche dopo quest’ennesima lezione.
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