lunedì 7 maggio 2012

Francia, il Pd esulta ma ha perso, di giacomo Russo Spena, Micromega

Bersani è da ieri sera che canta ininterrottamente la marsigliese. Veltroni si è recato invece all’anagrafe, questa mattina, per farsi aggiungere l’accento alla “i” finale del suo cognome. Tutti i quadri del partito si stanno cimentando con la nouvelle cuisine. E i media mainstream pompano ovunque: ha trionfato Hollande, ha vinto il Pd. Lo stesso Bersani è stato il primo a dichiarare a caldo: “Una bella notizia per l’Europa, può essere un passo determinante per invertire un ciclo disastroso dei governi delle destre”. Caso vuole che la verità sia un po’ più complessa e meno lineare. Dopo i risultati di Francia e Grecia il Pd si dovrebbe allarmare: imparare la lezione, correggere il tiro e, soprattutto, smettere di appoggiare in maniera incondizionata il governo Monti. Ecco perché.
Innanzitutto Hollande ha vinto con un programma veramente socialdemocratico, che il Pd se lo sogna: assunzioni nella pubblica amministrazione, aliquota del settantacinque per cento per i redditi sopra il milione di euro, abbassamento dell’età pensionabile, tassazione delle rendite finanziarie, matrimonio gay etc… L’ha spuntata su Sarkozy con un “programma di sinistra”. Hollande ha avuto anche il coraggio di sfidare l’austerity imposta dalla Merkel (uscita con le ossa rotte dal voto francese e greco), parlando di “momento per la crescita” e mettendo in discussione il Fiscal Compact che imporrebbe altre manovre recessive.
Chiaro che il Pd, ingabbiato dalle politiche di austerity imposte da Unione Europea e Bce, spera che con Hollande all’Eliseo si apra un nuovo ciclo di riforme in Europa. Si attacca al carro sperando nell’effetto traino. Fin qui un bene. Peccato che il partito puntualmente va nella direzione opposta: il programma dei Veltroni di turno è ben distante da quello di Hollande, così come lo schierarsi a favore del Fiscal Compact o l’aver votato l’introduzione del vincolo di pareggio di bilancio in Costituzione (modifica dell’art 81 della Carta che infligge un colpo mortale alle politiche keynesiane).
Il Pd quindi dovrebbe imparare, più che festeggiare. Anche perché – se non dovesse cambiare immediatamente linea – i fallimenti sono palesi: prima la Spagna, ora la Grecia ci dicono che quando il partito socialista appoggia le misure di austerity alle elezioni esce fortemente ridimensionato. Il Pasok greco viene addirittura superato dalla sinistra anticapitalista, alternativa al modello imposto dall’asse Sarkozy-Merkel. La sinistra vince solo se costruisce “altra politica” a quella imposta dai vertici europei, puntando su politiche economiche espansive, rafforzando le tutele sociali per le classi meno abbienti e facendo pagare la crisi ai “ricchi”. La Grecia e la Francia insegnano questo. Il timore è che il Pd non l’abbia capito neanche dopo quest’ennesima lezione.

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