venerdì 25 maggio 2012

Santoro sfancula Grillo. Tra i guru c'è molta concorrenza e pochi posti di Dante Barontini, www.contropiano.org

Il gioco si fa teso e tetro. E il conducator Grillo perde il sostegno televisivo dell'unico mega-conduttore che gli aveva dato spazio.
La totale assenza di democrazia e trasparenza nel "Movimento 5 stelle" esplode al primo successo, com'era in qualche modo prevedibile. Si può mandare affanculo il potere quando non lo si ha e non lo si deve gestire. Ma quando bisogna far qualcosa, amministrare, sia pure una sola città, il gioco delle chiacchiere finisce e si passa all'azione. La distanza tra quel che dici di voler fare e quello che effettivamente fai si accorcia.
Soprattutto diventa visibile, misurabile agli occhi di tutti e con qualsiasi metro.
Emerge subito quindi che il meccanismo "reticolare" (o "molecolare", come piacerebbe dire ai negriani) teoricamente messo in atto nel "movimento 5 stelle" è un gioco che di democratico ha solo l'apparenza. Ognuno può candidarsi, fare l'attivista, postare questo o quell'altro messaggio, convocare assemblee e fare progetti. Ma alla fine della fiera la decisione finale spetta al depositario del "marchio di fabbrica": se c'è un movimento "grillino", il "docg" lo dà soltanto lui. Perché "lui è lui e voi non siete un cazzo".
Almeno finché non vinci almeno una poltrona da sindaco.
A quel punto c'è un altro che è "qualcosa", che può dire una parola non solo "libera", ma anche in qualche modo "autorevole". La presunta libertà del modo di discutere diventato egemone anche e soprattutto a sinistra negli ultimi 30 anni ("ognuno dice la sua"), si rivela una modalità da prigionieri che bofonchiano tutti contro il secondino ma, se devono litigare sul serio, lo fanno soltanto tra di loro. Senza disturbare il potere.
Quando uno dei tanti attivisti senza nome e senza volto diventa qualcosa, può infine davvero dire qualcosa anche di diverso dal "duce" che possiede il "brand".
E il povero Pizzarotti ha avuto l'ardire di proporre la nomina di un manager, nel frattempo consigliere comunale a Ferrara, che era stato cacciato dal movimento da Grillo in persona. Il quale si trova così a dover gestire la prima contraddizione vera, reale, concreta, con gli strumenti miseri di cui dispone un discorso solo mediatico (il blog è un media come un altro) che non prevede (come per Berlusconi) contraddittorio.
A questo punto chiunque può come l'ordine di Grillo ai suoi ("nessuno parli con le televisioni") non sia affatto un modo per proteggere la "purezza" del suo movimento, ma di conservare la proprietà del giocattolo messo in piedi. E' qualcosa che Casaleggio, il "puparo" di Grillo, non aveva ben calcolato.
E quando il più potente e ipnotico dei conduttori televisivi, Michele Santoro, si vede accomunato e confuso con la massa dei conduttori "consapevoli dell'editore di riferimento" (in Rai i partiti politici, in Mediaset il proprietario), ecco che salta il collante che teneva insieme una creatura tutta virtuale, che si è fin qui alimentata di media maturi come la tv e relativamente innovativi come i blog.
Anche la reazione di Grillo è prevedibile: sarà scomposta. Vedremo se sarà anche autolesionista.
A noi non resta che una parola semplice: la costruzione di un movimento d'opposizione sociale, vero, trasparente nei meccanismi e determinato nel suo procedere, non conosce scorciatoie miracoliste, investiture carismatiche fondate sull'apparenza e il "discorso". E' un procedere che costruisce dirigenti attrarverso la lotta, la verifica quotidiana delle capacità e della serietà di ognuno; che seleziona un "gruppo dirigente" atrraverso una discussione sulla risoluzione dei problemi, siano essi di ordine pratico, politico, teorico ed etico. E' la dura fatica del concetto e del confronto tra uomini e donne che riconoscono un solo capo: la Ragione e le ragioni di una lotta per il miglioramento delle condizioni di vita di tutti quelli che campano male.
Di questo dobbiamo occuparci, non degli "uomini del destino". Ovvero dei truffatori seriali.



Grillo, costola impazzita del santorismo

Eccola qui, puntuale come una pioggia di marzo, parte la faida del ricciolo bianco (ma che talvolta si tinge di biondo, quando il narcisismo prevale sulla serena consapevolezza degli anni che passano). Michele Santoro contro Beppe Grillo. I due patron dell’indignazione l’un contro l’altro armati. La fine di un sodalizio intellettuale, quello che ha ingrassato le tasche di entrambi a suon di proclami contro la casta e i politici e chiunque non fosse abbastanza puro per entrare nel Club degli indignati doc.
Eccoli qui, dunque, il guru del “Vaffa” contro “Michele vaffanbicchiere”, per citare il mitico j’accuse contro l’allora dg Rai Mauro Masi, l’uomo che per conto del Cav. cercava di boicottare dal settimo piano di viale Mazzini la truppa santoriana e i suoi record d’ascolti. Un vaffa tira l’altro, si potrebbe dire. Solo che ora i vaffa se li dicono tra loro, complice l’ultima tirata del comico genovese, quella contro i conduttori tv, “Servi”, “quasi morti”, “pappagalli dei partiti”. “Eh, no”, ha sbottato Michele ieri sera su Servizio pubblico. “Caro Beppe, non siamo tutti uguali”. Mancava solo che Santoro citasse il mitico Rutelli-Guzzanti, da lui tanto amato: “Ah Beppe, t’abbiamo portato l’acqua con le orecchie, ricordati degli amiciiii!!”. E infatti, a suo modo, l’ha fatto.
Stavolta Michele ha trovato uno più puro di lui, come Di Pietro con De Magistris, uno che si mette in cattedra e spara zero. “Tutti uguali, tutti servi”. Povero Michele. Solo che quando Beppe lo diceva degli altri, di Bersani o di Vendola, paragonatio al peggior Berlusconi “quasi morti”, “rottami”, lui non si scomponeva per niente, in fondo era tutta acqua al mulino dell’audience. Stavolta, invece, il guru genovese l’ha fatta fuori dal vaso, e allora Michele ha alzato il ditino, ha fatto la faccia imbronciata (con quello sguardo che ha sempre dedicato ai “cattivi”), si è ricordato di Gian Roberto Casaleggio, il guru al quadrato che sta alla regia del blog di Grillo, si è fatto persino minaccioso, quasi pronto a rivelare qualche scomodo retroscena. “Caro Beppe, ti applaudono i giornali di Berlusconi e pure gli amici di Bisignani, c’è qualcosa che non va…”.Tanto appuntito da ricordare la mitica telefonata di Nicola Porro all’ex portavoce di Emma Marcegaglia: “Stiamo per mandare i seguci a Mantova…”.
C’è da giurarci, Michele lo farà. Ha sicuramente pronto il “trattamento D’Addario” anche per Beppe e i suoi consulenti. Staremo a vedere, il divertimento è assicurato. E comunque, la faida tra i due indignados dal portafoglio gonfio ci racconta meglio di molte analisi politiche o studi sociologici lo tsunami delle amministrative sulla politica italiana. La vittima predestinata del berlusconismo ha cambiato carnefice. Prima c’era Silvio, che telefonava minaccioso al “Raggio Verde”: “Santoro, si contenga!!!”. Ora il Cav è veramente finito, se l’invettiva santoriana viene destinata a Beppe. E c’è persino la sottile minaccia, nel j’accuse 2.0 di Santoro: “Berlusconi non l’aveva capito cos’è questa trasmissione, e sappiamo tutti com’è finito…”.
Eppure si erano davvero tanto amati. Quanto piacevano a Michele quelle piazze urlanti di vaffa alla casta. Più degli indignados spagnoli, più dei metalmeccanici, più dei fermenti siciliani del primo Orlando contro la Dc di Palermo, quando Michele si faceva le ossa e diventava il tribuno della fine della Prima repubblica, mentre Beppe ancora si barcamenava tra i Pippobaudi. C’era dentro, in quei vaffa partiti da Bologna (non a caso, una piazza assai contesa tra i due guru), tutta la summa di vent’anni di trasmissioni, di dirette vibranti, di smontaggi e rimontaggi degli interlocutori politici a seconda del bisogni del momento del “partito di Michele”.
“Non spero più”, ha concluso ieri sera l’amareggiatissimo Santoro. “E pensare che mi avevi fatto sperare molto in un cambiamento, e che tutto era cominciato da qui…”. Qui, cioè gli studi di Michele. Dove il grillismo si è forgiato, è stato annaffiato e pettinato da Santoro e Travaglio. Beppe, costola impazzita (e ingrata) del santorismo? Se lo dice Michele, c’è da credergli…

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